Continua a crescere la tensione politica in Sicilia, innescata dal duro attacco di Davide Faraone, capogruppo alla Camera dei Deputati di Italia Viva, contro il presidente della Regione Renato Schifani. Faraone ha pubblicamente chiesto le dimissioni del governatore per "manifesta incapacità", aprendo un fronte di scontro tra le due forze politiche.
Non è tardata la reazione del centrodestra, compatto nel difendere Schifani. A rincarare la dose è stato anche il segretario regionale del Partito Democratico, Anthony Barbagallo, che ha invitato i renziani a fare chiarezza e a uscire dalla giunta comunale di Palermo e dai sottogoverni.
Per Faraone, tuttavia, non esiste alcuna ambiguità: "Non siamo presenti in giunta con la sigla di partito, ma ci sono persone vicine a Italia Viva". Questo doppio gioco di presenza "informale" in giunta, in particolare con esponenti come Totò Orlando e Dario Chinnici, legati a Italia Viva, mette in luce la complessità della situazione politica.
Il caso rifiuti e la siccità
Le critiche di Faraone non riguardano solo la gestione della siccità, ma anche i poteri speciali conferiti dal governo nazionale a Schifani per la gestione dei rifiuti, gli stessi poteri concessi al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri del PD, senza suscitare critiche interne al centrosinistra. Faraone potrebbe puntare alle elezioni regionali del 2027, con l'obiettivo di candidarsi alla presidenza, magari come espressione del "campo largo" del centrosinistra o, se non troverà accordi, come candidato riformista. Già in passato Matteo Renzi aveva sostenuto Faraone come candidato sindaco di Palermo, anche se quell'esperimento fallì in favore della candidatura di Roberto Lagalla.
Italia Viva in difficoltà
Italia Viva in Sicilia, pur cercando di mantenere rilevanza, sta affrontando un periodo di crisi. Il partito fatica a raggiungere il 2% e ha perso classe dirigente. Un centrosinistra unito darebbe maggior respiro ai renziani, che finora hanno vinto solo in competizioni locali sotto liste civiche, senza il simbolo di partito. Nel frattempo, Schifani ha chiesto al sindaco Lagalla di estromettere i renziani dai posti di comando, per proseguire con una linea di centrodestra unita. Lagalla, dal canto suo, ha dichiarato che rivedrà gli assetti della giunta a metà mandato, senza escludere un rimpasto.
Le alleanze di Faraone e i vecchi equilibri
I rapporti tra Faraone e Gianfranco Miccichè restano solidi, con l’ipotesi di una candidatura renziana alla presidenza della Regione. Miccichè, che già in passato ha giocato la sua partita contro Nello Musumeci, sembra pronto a sfidare anche Schifani. Non si escludono mosse strategiche anche da parte di Raffaele Lombardo, leader dell’MPA, insoddisfatto dall’attuale maggioranza. Tuttavia, appare improbabile che il PD e il M5S possano sostenere una candidatura renziana. Le recenti critiche di Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord, sulla gestione della siccità, alimentano ulteriori tensioni politiche. De Luca ha definito la crisi idrica una "tragedia annunciata", accusando la politica regionale di mancanza di interventi concreti.
La risposta di Totò Cuffaro
Totò Cuffaro, leader della nuova Democrazia Cristiana, ha risposto a De Luca, ammettendo che da governatore della Sicilia avrebbe potuto fare di più, ma accusando De Luca di speculare su un problema serio come la siccità. Cuffaro ha sottolineato che la DC è impegnata ad affrontare il problema con spirito costruttivo. Lo scontro politico sulla gestione dell'acqua, insieme alle polemiche tra i vari leader, mette in evidenza il fallimento collettivo di decenni di politiche regionali, che non hanno saputo risolvere le croniche carenze infrastrutturali della Sicilia.
In sintesi, il panorama politico siciliano si fa sempre più teso, con vecchi e nuovi attori che si muovono per guadagnare terreno in vista delle future elezioni.