La legge per le Province, con elezione di primo livello, quindi con possibilità di voto ai cittadini, è già pronta. Sono in totale sette articoli, non solo sull'elezione diretta ma anche sulle quote rosa, in modo analogo a quanto previsto nella riforma delle autonomie locali.
Il consiglio provinciale sarà composto, secondo questa legge, da 25 consiglieri per i Liberi consorzi di Comuni con una popolazione fino a 400.000 abitanti, 30 in quelli con una popolazione maggiore o, nelle città metropolitane, 35 consiglieri fino a un milione di abitanti e 40 oltre il milione.
Si andrebbe al voto con lo stesso sistema elettorale usato fino a undici anni fa per eleggere le province, con una sola modifica: la previsione di almeno un terzo di donne. Gli eletti avrebbero lo stesso compenso di quelli recentemente modificati per gli enti locali, in funzione della popolazione amministrata.
Se verrà approvata, la legge regionale permetterà di andare al voto già in primavera 2025, ma bisognerà capire se ci sarà una modifica normativa anche della legge nazionale Delrio.
A chiedere che si proceda con il testo normativo è la Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro. Il leader del partito non teme ricorsi, citando lo Statuto autonomistico, ma mostra perplessità sulla reale volontà politica: "Leggo il variegato coro dei partiti delle opposizioni, e non solo, contrari al disegno di legge presentato dai capigruppo di maggioranza, adducendo motivi tecnici regolamentari d’aula o rischi di incostituzionalità della norma. Ricordo a me stesso che, in materia di ordinamento degli enti locali, la Regione Siciliana ha potestà legislativa esclusiva".
Per Cuffaro, il problema non sarebbe nemmeno la legge Delrio: "È vero che nel suo esercizio devono essere rispettati i principi delle leggi di grande riforma economica e sociale, quale è la legge Delrio. Ma è altrettanto vero che in tempi relativamente recenti (2021) è stata la stessa Corte Costituzionale a metterne in luce significative incongruenze sul piano della sua costituzionalità. Pur senza sfociare in una dichiarazione di illegittimità costituzionale, la Corte ha invitato il legislatore a rivedere l’impianto di una legge concepita sulla base di una preannunciata riforma costituzionale che in realtà non ebbe seguito. Vorrei citare il precedente della legge sull’elezione diretta del sindaco, che la Sicilia introdusse per prima in Italia, proprio nell’esercizio della potestà esclusiva".
Infine, Cuffaro conclude: "Nessuna lesione dei principi di leggi di grande riforma economica e sociale ci fu all’epoca, pur in presenza di un diverso sistema di elezione (non diretta) del sindaco. Ma oggi, al di là delle dispute regolamentari, i partiti dicano se vogliono rilanciare il valore dell’autonomia regionale e reintrodurre le Province, ridando la parola ai cittadini elettori. Se, come tutti affermiamo, le Province sono un attento presidio del territorio e una presenza utile per la gestione di viabilità e scuole, torniamo a dare loro un’anima e non sterilizziamole con sistemi elettorali di secondo livello".
Posizione diversa arriva da Marco Falcone, eurodeputato di Forza Italia, che teme una figuraccia per la maggioranza: "Sulla vicenda Province siamo preoccupati perché temiamo che virate repentine o frettolose possano risolversi in una nuova magra figura. Saremmo, infatti, davanti a un ulteriore, inspiegabile, nulla di fatto. Anche la Corte Costituzionale ha censurato a più riprese il reiterarsi dei commissariamenti. Siamo l'unica Regione d'Italia a non votare per le Province, ancorché con elezioni di secondo livello. Pur apprezzando i buoni propositi riguardo il ripristino dell'elezione diretta, temo che tutto si risolva in una tattica dilatoria".
Falcone, inoltre, non risparmia critiche al presidente della Regione, Renato Schifani: "La percezione comune è che, per incomprensibili giochi di palazzo, qualcuno voglia impedire alle Province siciliane di avere una guida politica che offra finalmente risposte alle tante emergenze. Fino a qualche settimana fa, in molte province d'Italia si è votato con il sistema di secondo livello. Non è l'ideale, ma la Sicilia può attuarlo più facilmente entro dicembre, colmando il grave deficit di rappresentanza. Quando il governo Meloni abrogherà la legge Delrio, si potrà andare al voto. Ma, fino ad allora, proseguire con i commissariamenti o con normative a rischio impugnativa risulterebbe solo una tattica dilatoria, oltre che rischiosa".
Il Movimento 5 Stelle non risparmia critiche: "Il centrodestra sta apparecchiando una nuova sonora batosta come già avvenuto, solo per fare ‘ammuina’ su argomenti triti e ritriti. Qualcuno ricordi loro che la Corte Costituzionale ha imposto le elezioni di secondo livello con la legge Delrio in vigore, e questo non ci pare essere stato minimamente superato". Così affermano i deputati M5S all’Ars, Martina Ardizzone e Angelo Cambiano, membri della commissione Affari istituzionali dell’Ars, aggiungendo: "Senza l’abrogazione della legge Delrio, le elezioni di primo livello restano incostituzionali. Come tema centrale sarebbe anche il fatto che mancano le risorse alle ex Province, ma a loro interessano le poltrone. I bisogni dei cittadini possono sempre aspettare".