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23/01/2025 06:00:00

Oltre il caso della diga Trinità. In agricoltura, è tutto lasciato al caso

 Gentile Direttore di Tp24,

il susseguirsi incessante di comunicati delle ultime ore mi induce ad esprimere alcune riflessioni dal sapore amaro Tra Piagnistei e l'Inutilità del Ruolo

Parlare del ruolo di chi dovrebbe rappresentare e tutelare l'agricoltura è ormai diventato un esercizio frustrante. Quel ruolo, una volta fondamentale, appare oggi svuotato di concretezza e incisività. Le parole vuote, i piagnistei e l'incapacità di affrontare i problemi con determinazione riflettono fedelmente la realtà attuale.

Il giudizio potrà sembrare severo, ma per chi vive il mondo agricolo da oltre cinquant'anni, è un ritratto fedele dell'inutilità che pervade chiunque abbia a che fare con questo settore. Uso il termine chiunque perché nessuno può dirsi libero da responsabilità. Negli ultimi due anni, abbiamo assistito a un susseguirsi di annunci entusiastici e di promesse miracolose per affrontare le crisi che hanno devastato l'agricoltura siciliana: dalla peronospora alla siccità, fino alle tanto sbandierate riforme. Politici e assessori hanno invaso ogni spazio mediatico con comunicati ottimistici, pronti a promettere milioni di euro per ogni emergenza, nessuna esclusa.

Ma qual è la verità? Quei milioni non li ha visti nessuno, se non spiccioli. È un teatrino che si ripete; grandi annunci, incontri pomposi, molta apparenza e zero sostanza. I politici, capaci nel vendere sogni e illusioni, non sono gli unici colpevoli. E i sindacati? Spesso si limitano al ruolo di comparse, quando non si dimostrano complici silenziosi. I loro comunicati dai toni duri non trovano mai seguito in azioni incisive. Si siedono ai tavoli di confronto, ma finiscono per occupare uno spazio sterile, senza combattere davvero per gli interessi degli agricoltori.

Un sistema arrugginito ormai obsoleto, un motore che necessiterebbe di essere rottamato. Dietro questa immobilità potrebbe esserci una strategia, ma se c'è, è una strategia cinica; lasciare che le crisi crescano fino a diventare insormontabili, alimentando disimpegno e inerzia. E mentre il sistema resta paralizzato, gli agricoltori continuano a subire in un silenzio che somiglia a una lenta eutanasia.

Anche gli agricoltori hanno responsabilità.

È tempo di abbandonare l'ingenuità e smettere di accettare passivamente incontri inutili, che si tratti di riunioni con politici, sindacati o rappresentanti delle Cantine Sociali. Queste ultime in taluni casi manipolate da 'esperti' di dubbia affidabilità forniscono ai presidenti frasi preconfezionate, senza comprenderne appieno la gravità. In questo contesto, la fatica e il valore di una vendemmia vengono ridotti a un semplice obbligo associativo, senza alcun diritto di corrispettivo, ma solo una mera aspettativa alla remunerazione del prodotto conferito. Parafrasando un ritornello della celebre canzone di Lucio Battisti Tu chiamale se vuoi…. illusioni!

Gli agricoltori devono alzare la testa, diventare più consapevoli, più scaltri e, soprattutto, pretendere il rispetto degli impegni presi. È solo con un atteggiamento più deciso e vigile che potranno rivendicare il valore del proprio lavoro.

Uno sguardo al futuro

Il futuro dell'agricoltura appartiene ai giovani. Solo loro possono spezzare questo ciclo di mediocrità, alzare la voce e reclamare ciò che spetta loro di diritto. Non c'è più spazio per uomini mediocri o, peggio ancora, per i soliti “quaquaraquà “che infestano il settore con promesse vuote e risultati inesistenti.

Serve una generazione capace di riportare dignità e concretezza a un mondo che non può più permettersi di essere lasciato al caso.

La ringrazio per la sua consueta ospitalità e il saluto con stima.

Dott.Ignazio Aurelio Marino