Una vita che attraversa la storia d'Italia, un impegno che tocca politica, giornalismo, sociale e lotta alla mafia. Mauro Rostagno, figura poliedrica e coraggiosa, è il protagonista della docuserie "Mauro Rostagno. L’uomo che voleva cambiare il mondo", in onda il 26 febbraio su Sky Documentaries e in streaming su Now.
Liberamente ispirata al libro "Il suono di una sola mano", scritto dalla figlia Maddalena Rostagno con Andrea Gentile, e pubblicato dal Saggiatore, la serie racconta, attraverso filmati d’epoca e testimonianze inedite, la vita e le battaglie di un uomo in continua trasformazione. A dare voce al racconto è Roberto Saviano, che ha curato anche la sceneggiatura.
Un uomo, mille viteMauro Rostagno non si è mai fermato. Operaio in Piemonte, scopre presto le dinamiche di sfruttamento del lavoro. Attivista e leader di Lotta Continua, è uno degli animatori delle lotte studentesche del ‘68. Poi, un salto di vita: l'India, la comunità di Osho e il ritorno in Italia, dove fonda Saman, una comunità per il recupero dei tossicodipendenti in Sicilia, basata su metodi innovativi.
Ma è il giornalismo d’inchiesta il suo ultimo grande impegno. A Trapani, diventa il volto e la voce di RTC (Radio Tele Cine), una piccola emittente locale che trasforma in una trincea della legalità. Dai suoi microfoni denuncia la mafia trapanese, le collusioni con la politica, la massoneria e il traffico di droga. La sua voce diventa scomoda, fino alla sera del 26 settembre 1988, quando viene assassinato mentre rientrava alla comunità Saman.
Un delitto pieno di depistaggiIl documentario ripercorre anche le troppe piste sbagliate seguite dagli inquirenti. All’inizio si ipotizza il coinvolgimento di Rostagno in trame politiche oscure, persino in traffici d’armi. Poi, incredibilmente, vengono accusati di favoreggiamento la moglie Chicca Roveri e Francesco Cardella, cofondatore di Saman. Un depistaggio dietro l'altro, fino al 2014, quando finalmente si arriva alla verità giudiziaria: Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia. I boss Vincenzo Virga e Vito Mazzara vengono condannati come mandante ed esecutore dell’omicidio.
Maddalena Rostagno: "Mio padre non era solo una vittima"Nel documentario c’è anche la voce di Maddalena, la figlia di Rostagno, che all'epoca del delitto aveva 15 anni. «Litigavamo come tutti i padri e le figlie adolescenti», racconta. «Non mi aveva mai detto quanto fosse in pericolo. Per questo all’inizio provai rabbia nei suoi confronti. Non andai neppure al funerale».
Anni dopo, però, comincia a leggere le carte giudiziarie e si immerge nella ricerca della verità. «Non voglio che venga ricordato solo come vittima di mafia», sottolinea. "Mio padre era un uomo che sapeva quello che faceva e che ha scelto di combattere, non un martire inconsapevole".
Un racconto potente, che riporta Rostagno al centro della memoria collettiva, restituendogli il posto che merita: quello di un uomo libero, che ha pagato con la vita il suo coraggio.