Si conclude il lungo calvario giudiziario per Antonio Federico, ex ispettore di polizia, con l’emanazione del decreto di archiviazione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Caltanissetta. L’ex ispettore era accusato di depistaggio aggravato nelle indagini volte a verificare la presenza di soggetti esterni a Cosa Nostra nella fase ideativa ed esecutiva delle stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992.
A darne l’annuncio sono gli avvocati Maurizio Miceli e Vito Galbo, che hanno seguito il caso e preso visione delle motivazioni dell’archiviazione. “Il decreto – affermano i legali – accoglie integralmente le ragioni espresse dal pubblico ministero nella richiesta di archiviazione, riconoscendo come il Federico abbia mantenuto il riserbo per anni per ragioni comprensibili, legate alla tutela della propria incolumità e di quella dei propri familiari, nonché alla protezione delle proprie fonti. Ha scelto di rivelare il proprio bagaglio conoscitivo solo innanzi alla Procura di Firenze, dopo un lungo periodo di silenzio”.
Secondo quanto emerso, proprio in seguito alle dichiarazioni rese agli inquirenti fiorentini, è stato avviato un procedimento penale a suo carico con un’accusa che, seppur infamante, si è dissolta nel tempo. “Il Federico ha sempre manifestato la volontà di chiarire i contorni di questo complesso scenario investigativo – proseguono gli avvocati – e ha confermato la propria disponibilità a collaborare nel corso di un interrogatorio fiume di oltre cinque ore, svoltosi presso la Direzione Nazionale Antimafia, alla presenza di due eminenti procuratori, di Firenze e di Caltanissetta”.
Il proscioglimento di Antonio Federico rappresenta la fine di un percorso doloroso per un uomo che, come ribadiscono i suoi legali, “ha rivelato spontaneamente quanto di sua conoscenza alla Procura fiorentina, senza sospettare che ciò potesse portare all’iscrizione nel registro degli indagati. Oggi il Federico è un uomo libero, tanto da censure penali quanto dal peso di alcuni segreti su vicende cruciali della storia recente del nostro Paese”.
La vicenda getta luce su un capitolo delicato delle indagini relative alle stragi del 1992, con il riconoscimento dell’estraneità ai fatti di un servitore dello Stato che, nonostante le difficoltà, ha deciso di contribuire alla ricerca della verità.