La Regione Toscana ha regolato il fine vita tramite il suicidio medicalmente assistito nel suo territorio. L'approvazione della legge è avvenuta con 27 voti favorevoli da parte di esponenti del PD, del Movimento Cinque Stelle e di Italia Viva, 13 voti contrari dal centrodestra, nessun astenuto e un solo consigliere che non si è espresso.
Il percorso legislativo è stato avviato anche grazie al sostegno dell’Associazione Coscioni, che ha raccolto 10.000 firme, tenendo conto della prima apertura della Corte Costituzionale. Quest'ultima, con la sentenza n. 242/2019, aveva stabilito i requisiti per accedere alla facoltà del suicidio assistito, invitando il Parlamento a legiferare a livello nazionale, richiesta che non è stata accolta.
I requisiti stabiliti sono: piena capacità di intendere e di volere del paziente; presenza di una malattia irreversibile; presenza di una patologia che comporti gravi sofferenze fisiche e/o psicologiche; dipendenza del paziente da un trattamento di sostegno vitale.
Tali condizioni, nonché le modalità di esecuzione, devono essere verificate da una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
Con una successiva pronuncia, la sentenza n. 135/2024, la Consulta ha poi precisato che tanto la nozione di trattamenti di sostegno vitale, tra i requisiti per accedere al fine vita, quanto le condizioni generali, sono di competenza statale. La stessa sentenza ha lanciato un appello stringente affinché venga garantita a tutti i pazienti la possibilità effettiva di accesso alle cure palliative appropriate per il controllo della sofferenza, come previsto dalla Legge n. 38/2010.
Il provvedimento della regione di Dante regola i requisiti, la procedura, i tempi e le modalità di accesso al trattamento: saranno necessari circa 50 giorni per completare l’iter, dalla presentazione della domanda fino all’iniezione letale.
Si motiva questa scelta perché si tratta di una prerogativa imprescindibile dell'essere umano: il corpo è personale e nessun altro deve disporne se non il legittimo proprietario. È paradossale che si tuteli la proprietà persino a discapito dell'esistenza altrui, ma si obblighi un individuo a soffrire.
Questa è una riflessione teorica, ma si concretizza in una testimonianza personale: sono tetraplegico incompleto a vita. Questa diagnosi soddisfa il requisito della malattia irreversibile; mi è stata praticata una tracheostomia, soddisfacendo un altro criterio, quello del trattamento di sostegno vitale. Ma questo è solo uno degli aspetti: sugli altri si sorvola. Dicono che io sia capace di intendere e di volere, e questo soddisfa il terzo requisito. Infine, il quarto: la presenza di una malattia che comporti gravi sofferenze fisiche e/o psicologiche. Agli oppositori della norma propongo di trascorrere sei ore nelle mie condizioni: poi mi diranno se hanno provato sofferenze fisiche e psicologiche.
È indubbio che molte persone sopravvivano in condizioni simili: Fabiano Antoniani, Luca Coscioni, Piergiorgio Welby lo dimostrano, per citare solo i più noti. Quanto a Eluana Englaro, indecente fu l'affermazione di Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio dei ministri, che disse: "Potrebbe fare un figlio". Superfluo aggiungere ulteriori commenti.
Costringere un altro essere umano a vivere in determinate condizioni, mentre chi vuole può ricorrere al suicidio, è tipico di uno Stato etico che nega la libertà di autodeterminazione. Si condivide il pensiero del Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, sulla norma: "Un forte messaggio di civiltà".
Vittorio Alfieri