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27/04/2009 05:00:04

Giustizia, informazione e poteri forti: intervista a Luigi De Magistris

Tolti i panni del magistrato, De Magistris si candiderà ora alle prossime Europee, da indipendente, nella liste dell’Italia dei Valori.

 De Magistris, Lei che, per tanti anni, ha messo le mani nella politica e negli affari della peggiore politica, ha deciso di entrare in politica. Da dove nasce la sua scelta?
In parte è una scelta obbligata. Io volevo fare il Pubblico Ministero. Era il sogno della mia vita. L’ho fatto per 15 anni, con molta passione ed abnegazione. Ma non mi hanno più permesso di farlo dopo che ho toccato interessi forti. Non solo interessi politici, ma anche economici di pezzi deviati delle istituzioni. Voglio portare gli stessi ideali e la stessa passione nella politica, che in questi anni è stata vista come degenerazione, clientelismo, comitati d’affari. Se la politica viene fatta con gli ideali della giustizia, è il luogo in cui effettivamente si può trasformare la società.

Nel 2005 Lei ha seguito, almeno fino ad un certo punto, l’inchiesta Poseidone, che riguardava un presunto uso illecito di denaro pubblico, legato ad aiuti comunitari per la costruzione di depuratori in Calabria, mai costruiti. E’ questo il nuovo business del malaffare?

Io ho seguito l’inchiesta Poseidone fino al 2007, quando mi è stata sottratta illegalmente all’interno dell’ufficio. Il settore ambientale è uno dei settori in cui è fortissimo il business criminalità organizzata, sia quella tradizionale che quella dei colletti bianchi, dei comitati d’affari politici-economici ed imprenditoriali. Il settore dell’ambiente è uno dei tipici settori in cui si è persa un’occasione straordinaria di sviluppo economico. Sono arrivate tantissime risorse pubbliche, in Sicilia come in Calabria, ma invece di creare sviluppo economico, compatibile con l’ambiente, sono servite solo ad arricchire una parte della classe dirigente e la borghesia mafiosa. La popolazione non ne ha tratto alcun beneficio.

E’ quindi dovuto anche a questo il fatto che non si riesca a creare sviluppo?

E’ dovuto, per gran parte, a questo. Se dovessi essere eletto, uno dei primi impegni sarebbe quello di far si che queste risorse vengano usate per creare sviluppo e occupazione meritocratica, sganciata dal clientelismo. Le risorse pubbliche sono una grande opportunità ma devono essere gestite da una classe dirigente onesta e competente.

Il momento di svolta della sua vita, se così si può definire, è stata l’inchiesta Why Not che ha coinvolto anche Clemente Mastella, allora ministro della Giustizia, e che ha portato anche al suo trasferimento a Napoli. Lei è stato trasferito nonostante la procura di Salerno avesse stabilito che il suo lavoro era regolare. Anche i magistrati di Salerno che indagarono su quanto avveniva a Catanzaro furono trasferiti. Come se lo spiega?

Questo la dice lunga sullo stato di salute della democrazia e dello Stato di diritto in questo paese Tutte le persone che hanno indagato sulla vicenda, io, i magistrati di Salerno che hanno indagato su di me, i collaboratori, la polizia giudiziaria, tutte le persone che si sono avvicinate a quei fili ad alta tensione, a quegli interessi forti che governavano , in parte, la cosa pubblica sono stati ostacolati, delegittimati ed hanno pagato un prezzo altissimo. Questo dimostra che oggi nel nostro paese, quando si persegue la strada della giustizia e della verità si può pagare un prezzo molto alto. Ma questo lo si mette in conto. C’è “una specie di successo morale” in tutto questo: quando si fa il proprio dovere, si può andare a letto con la coscienza a posto.

A lei sono state sottratte 2 delle indagini più importanti che aveva seguito: Poseidone e Why not. Ci crede ancora nel suo lavoro, o nel suo “ex lavoro” ormai? O lo ha lasciato perché non ci crede più?

Io credo moltissimo nel mio lavoro, lo amo profondamente. Dentro sarò sempre magistrato. Avrei voluto fare il Pubblico Ministero per sempre ma non me lo hanno permesso. Spero, entrando in politica, di ribaltare il rapporto conflittuale fra politica e magistratura. Mentre adesso la polita fa leggi ad personam, depenalizza il falso in bilancio, interferisce sull’azione dei magistrati che indagano sui poteri forti, io vorrei essere un politico che aiuta i magistrati per bene, la giustizia e i tanti magistrati, di cui molti sono in Sicilia, che indagano contro il crimine organizzato.

Da quando l’Aquila è crollata con le scosse di terremoto, tutti parlano del bisogno di un maggiore senso di responsabilità. Lei, a suo tempo, aveva parlato anche di una questione morale in magistratura. Che cos’è secondo lei il senso di responsabilità? “Fare il proprio dovere” significa ancora qualcosa?

Io sono convinto che se ognuno fa il proprio dovere, il magistrato, il professore, il sindacalista, il medico, il giornalista, questo paese potrebbe essere molto migliore. Io invito sempre le persone ad essere protagoniste di un cambiamento epocale, nella consapevolezza che ognuno è importante per il bene comune di questo paese.

Eppure, davanti a certe vicende, c’è un senso di sconforto…

Quello che è accaduto in Abruzzo è un fatto di una gravità inaudita. Si vanno a piangere morti che si potevano evitare. Perché c’è la speculazione edilizia, l’infiltrazione della criminalità nel settore edilizio, una politica che non controlla. Questa è la dimostrazione che c’è stata una classe dirigente profondamente corrotta. Trovo triste la propaganda politica che viene fatta in questi giorni sulla pelle dei cittadini abruzzesi.

Quando lei cominciò a indagare sull’inchiesta Why Not, si immaginava dove questo l’avrebbe portata?

Io faccio indagini ad un certo livello da 15 anni. Mi ero reso perfettamente conto degli interessi che stavo toccando ed ero consapevole che avrei pagato un prezzo molto alto, anche se non sapevo quale. Ma questo non mi ha distolto per un attimo dalla mia attività. Sono andato avanti con molta serenità.

Se potesse tornare indietro, rifarebbe le stesse cose?

Si, tutto. Fino ad essere trasferito dalla mia sede e delle mie funzioni.

Com’è lo stato dell’informazione in Italia oggi, secondo lei?

Anche questo è molto malato. Ci sono sempre meno giornalisti liberi. C’è una tendenza al pensiero unico, ad annichilire il pluralismo dell’informazione che invece è il caposaldo di un Stato di diritto e di uno Stato democratico. Viviamo invece in un Paese in cui c’è un conflitto d’interessi spaventoso, dove lo stesso Presidente del Consiglio è un conflitto d’interessi vivente. E prendiamo anche atto che la sinistra, in questi anni, non ha avuto la volontà politica di affrontare il conflitto d’interessi. Nel pluralismo dell’informazione è molto importante il contributo che possono dare le radio private ed internet.
Sui grandi giornali spesso c’è la presenza dei poteri forti e su internet spesso c’è la vera informazione. Si vada a guardare, come esempio, il caso di Giocchino Genchi: tutti ricordiamo la gran cassa mediatica che è stata messa in moto sul fantomatico “archivio Genchi.”, pagine e pagine di giornali, televisioni di Stato, televisioni private. Poi, quando il Tribunale del Riesame mette in luce che non c’era nulla di penalmente rilevante, la notizia scompare da tutti i media. E’ la dimostrazione del forte condizionamento ed inquinamento dell’informazione nel nostro paese.

Che pensa del fatto che la Procura di Roma si rifiuta di restituire a Genchi il suo materiale?

Non voglio entrate nel merito delle attività giudiziare. Ho grande rispetto per l’indipendenza della magistratura. Poi, quando si conosceranno le carte, si potrà giudicare.