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05/06/2009 08:30:27

Marsala: ambulatorio di oncologia senza oncologo

Pandolfo prestava servizio presso l’ambulatorio di Oncologia del nosocomio marsalese tre giorni alla settimana, dal giovedì al sabato. Adesso, in assenza di un sostituto, ai malati non rimane che girovagare per le altre strutture sanitarie della provincia. L’intera ‘’utenza’’ di Marsala e Petrosino è rimasta senza questo importante servizio.
Giuseppe Pandolfo era stato uno dei pochi a non essere rimasto coinvolto nell’inchiesta della sezione di pg della Guardia di finanza presso la Procura che ai primi di aprile del 2008 aveva portato al sequestro dell’ambulatorio di oncologia dell’ospedale San Biagio.
‘’Tutto si svolgeva nella più completa e assoluta illegalità - affermò, allora, il procuratore Sciuto - siamo intervenuti per tutelare la salute dei stessi pazienti e dello stesso personale medico e paramedico’’. Nell’ambulatorio, infatti, da qualche anno, venivano prestate cure chemioterapiche senza che l’Ausl 9 di Trapani le avesse autorizzate. E a prestarle era personale medico e paramedico non abilitato.
Le Fiamme Gialle, inoltre, rilevarono carenze igieniche e assenza delle misure previste dalle leggi in materia di sicurezza sul lavoro. Accuse contestate, tra gli altri, anche al professor Ignazio Carreca, noto oncologo docente all’Università di Palermo con cui l’ospedale aveva stipulato una convenzione nel 2003 per lo screening delle malattie tumorali e ‘’trattamenti palliativi’’. Non per la chemioterapia, che però veniva praticata. Il manager dell’Ausl 9 Gaetano D’Antoni disse di essere all’oscuro di quanto accadeva. Eppure, l’amministrazione sanitaria aveva sostenuto spese notevoli per l’acquisto di farmaci che al San Biagio non avevano diritto di cittadinanza.
Indagati, allora, anche il direttore sanitario del San Biagio Salvatore Fiorino, i primari Aldo Cudia (Chirurgia), Giuseppe Galfano (Urologia) e Rosaria Augugliaro (Ematologia), Mario Ferrera e uno specializzando in oncologia. Molti di loro, poi, hanno preferito pagare una sanzione pecuniaria per estinguere il reato contestato (violazione legge sicurezza sul lavoro) ed evitare, quindi, il processo. E l’oblazione, di fatto, si è tradotta in ammissione di colpevolezza.