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28/06/2010 11:27:16

Ajello anello di congiunzione tra Cuffaro e Cosa Nostra

collaboratore di giustizia Nino Giuffré, sono al centro della requisitoria del pm Nino Di Matteo nel processo - che si svolge con il rito abbreviato, in cui Cuffaro è imputato per concorso in associazione mafiosa - davanti al gup di Palermo Vittorio Anania. Questa mattina è in corso la quarta e ultima parte della discussione dei pm che si concluderà nel pomeriggio con le richieste di pena.

 

 

"Aiello costituiva un importante anello di congiunzione tra Cosa nostra e Salvatore Cuffaro - ha detto Di Matteo -. Aiello ha stabilito negli anni un vero e proprio patto di protezione con Cosa nostra che garantiva e tutelava l'espansione della sua attività imprenditoriale. Il rapporto tra Aiello e Bernardo Provenzano prevedeva una serie di prestazioni e controprestazioni di cui si agevolano entrambi. La ditta Aiello si è occupata, grazie alla volontà mafiosa, della costruzione di numerose strade interpoderali. Da parte sua Aiello assumeva personale indicato da Cosa nostra, ovviamente pagava la 'messa a posto'. Ma soprattutto Aiello aveva dei rapporti con rappresentanti istituzionali che interessavano a Cosa nostra e che gli consentivano di avere informazioni riservate su alcune indagini in corso". Tra questi rapporti, secondo i pm, c'era anche quello con Cuffaro "che in cambio - ha spiegato Di Matteo - aveva la possibilità di avere a disposizione le strutture sanitarie di Aiello per fare favori ad amici ed elettori. Possiamo sospettare quindi, anche se questo punto non è dimostrato, che ci fosse un rapporto societario di fatto tra Aiello e Cuffaro. E' provata invece l'introduzione di un nuovo nomenclatore tariffario di radioterapia per le struttura convenzionate che includeva, guarda caso, le cinque principali prestazioni eseguite nelle cliniche di Aiello, prima non presenti nel tariffario".

 

"Francesco Campanella, diventato collaboratore di giustizia, chiarisce come il rapporto tra Cuffaro e Cosa nostra non sia stato un evento sporadico e casuale ma piuttosto interno al patto politico - elettorale - mafioso". Lo ha detto il pm Nino Di Matteo nel processo, che si svolge con il rito abbreviato, in cui Cuffaro è imputato per concorso in associazione mafiosa, davanti al gup di Palermo Vittorio Anania. "Come racconta Campanella - ha proseguito il pm - Giuseppe Acanto venne inserito nella lista Biancofiore nelle elezioni 2001 per venire incontro alle richieste di Nino Mandalà. Sempre Campanella dice che Cuffaro lo avvertì che nei confronti di Antonino e Nicola Mandalà e dello stesso Campanella c'erano indagini in corso. Le dichiarazioni del collaboratore sono ampiamente dimostrate".

 

Il pm ha poi raccontato della comune militanza di Cuffaro e Campanella nell'Udeur e dello stretto rapporto tra i due, tanto che l'ex governatore fu testimone alle nozze del collaboratore. "Cuffaro - ha spiegato Di Matteo - attraverso la vicinanza personale con soggetti di Villabate, aveva ben presente quali erano i rapporti che legavano Campanella ai mafiosi Mandalà di Villabate. Che erano soggetti legati alla mafia Cuffaro lo sapeva anche perché Nino Mandalà era in carcere proprio per l'accusa di 416bis".

 

 

"A conferma delle affermazioni di Campanella - ha proseguito Di Matteo - c'é la testimonianza dell'avvocato Giovanbattista Bruno, figlio di Franco, ex capo di gabinetto del sottosegretario alla Giustizia Marianna Li Calzi. Giovanbattista Bruno era amico sia di Cuffaro che di Campanella e ha riferito di un colloquio nel 2003 con il collaboratore di giustizia che gli confidava di sapere dal governatore di essere indagato. Campanella in quel caso domandò a Bruno: 'hai visto come e' andata a finire? Cuffaro mi ha detto che indagavano su di me e l'avviso di garanzia alla fine l'hanno mandato a lui...".

 

Il pm ha raccontato questo episodio anche per fugare i dubbi del gup sulla richiesta di ne bis in idem avanzata dai legali di Cuffaro (le accuse secondo gli avvocati sarebbero le stesse del processo 'Talpe'). "Questo episodio raccontato da Bruno - ha detto il pm - non ha mai formato oggetto di contestazione. Ma non lo possiamo non considerare. E' la conferma di un ulteriore reato, che se fosse solo si potrebbe configurare come favoreggiamento, ma messo assieme agli altri porta all'accusa di concorso in associazione mafiosa".

Ma quale rapporto societario con Michele Aiello? Non e' mai esistito. Io facevo solo delle segnalazioni per alcuni esami diagnostici, cosi' come facevano anche altri politici e magistrati. Per questo devo essere considerato socio di Aiello?". In una pausa del processo, l'ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, si difende cosi' dalla ricostruzione fornita oggi in aula dal pm Antonino Di Matteo nel corso della quinta udienza di requisitoria. Il pm ha affermato
che la moglie del senatore Cuffaro "e' stata per poche ore socia di Aiello", avendogli ceduto quote di una societa' di un laboratorio di analisi. Ma Cuffaro si difende: "Se mai si puo' parlare di soci lo sono stati per un minuto, dal notaio". Parlando poi della requisitoria, Cuffaro ha aggiunto "la Procura sta ricostruendo la sua verita', poi noi nelle arringhe difensive risponderemo punto su punto alle accuse".

Sul tariffario di alcun prestazioni delle aziende di Aiello e di cui Cuffaro si sarebbe personalmente interessato, il senatore spiega: "Aiello aveva in azienda un macchinario particolare che c'era solo a Milano. Ha chiesto solo l'inserimento di alcune prestazioni che nel tariffario non c'erano. Altrimenti si doveva pagare la prestazione indiretta che costava molto di piu' alla Regione". E sulle fughe di notizie: "Ho solo difeso me stesso perche' ero preoccupato che si parlasse di me al telefono quando ero gia' indagato". 1192558004273_09.jpg