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01/07/2010 08:01:58

Dell'Utri come Cuffaro. Festeggia una condanna

I sette anni inflitti al parlamentare (Gatto ne aveva chiesti undici) e soprattutto l'assoluzione per le contestazioni successive al 1992 gli hanno lasciato l'amaro in bocca, reso ancora più insopportabile dalle parole di Dell'Utri.

"Non capisco davvero - dice Gatto - come in questo paese si possa festeggiare una condanna. È già la seconda volta nel giro di poco tempo. E poi comunque c'è poco da star felici. Sentivo qualche collega che parlava di prescrizione, per Dell'Utri, nel 2014 e, a occhio e croce, il periodo dovrebbe essere quello. Quindi c'è ancora tempo. Il calcolo è complicato e non l'ho fatto. Se ne occuperanno gli avvocati...". Ma soprattutto ci potrebbero essere altre indagini.

"C'è una pista - spiega il pg - corroborata dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e di Gaspare Spatuzza. La Procura sta indagando e continuerà a farlo. Intanto, aspettiamo queste motivazioni. Sono davvero curioso di sapere come hanno fatto a tranciare il collegamento tra Dell'Utri e i fratelli Graviano: un legame che, dalle risultanze processuali, è incontestabile e che avvenne in un periodo, il 1994, in cui ci fu una particolare fase politica".

Per quanto riguarda l'assoluzione per i fatti successivi al 1992, Gatto puntualizza "la formula 'perché il fatto non sussiste' è normale in appello. La Corte non può distinguere, a differenza del Tribunale, tra il primo e il secondo comma dell'articolo 530 del codice penale. Il giudice può riformare o confermare. La distinzione tra i due commi e se la corte abbia pensato alla vecchia insufficienza di prove, eventualmente, si potrà capire solo nelle motivazioni".

"La reazione di gran parte del mondo politico, che ha provato a presentare una condanna come una assoluzione dà il segno di una anomalia tutta italiana". Lo dice il procuratore di Palermo, Antonio Ingroia, commentando con Repubblica Tv, i commenti di gran parte del Centrodestra sulla sentenza riguardante Marcello Dell'Utri.

Ingroia sottolinea poi che "è inaudito" che Dell'Utri abbia avuto "la sfacciataggine di definire un mafioso come Vittorio Mangano un eroe. Mangano è stato un capo di mandamento mafioso, un mafioso di lungo corso".

Il procuratore palermitano aggiunge che quella di ieri non è una sentenza "pilatesca": "gran parte del giudizio di primo grado è confermata".

"Non è vero - conclude - che questa sentenza sia stata una pietra tombale sulle indagini riguardanti le stragi e sulla 'trattativa'; la sentenza non può pregiudicare queste inchieste".