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30/07/2010 04:42:54

Nascono i comitati "No Triv", ma il pericolo trivellazioni adesso viene dalla Libia. D'Alì: "Preoccupatissimo"

comuni dell’area sud orientale della Sicilia. Si tratta di un’iniziativa di grande importanza, che sottolinea l’impegno e l’attenzione con cui tanti cittadini – di età, formazione e orientamenti spesso diversi - stanno seguendo la questione delle trivellazioni nel Canale di Sicilia, dopo il boom di autorizzazioni concesse nei mesi scorsi dal Ministero per le Attività Produttive.

 

 

Nonostante la formale opposizione di vari esponenti politici del territorio si ritiene infatti che occorra una costante opera di vigilanza da parte dei comitati No Triv, in modo da continuare a fornire sul tema informazioni dettagliate sull’iter in corso presso il Ministero per l’Ambiente per la valutazione di impatto ambientale. Anche perché, al di là delle dichiarazioni rassicuranti del Ministro Prestigiacomo e di alcuni esponenti della maggioranza di governo, nei giorni scorsi la senatrice siciliana Simona Vicari, componente della commissione industria di Palazzo Madama, affiancata dal presidente di Commissione Cesare Cursi, dal capogruppo Maurizio Gasparri e dal vice Gaetano Quagliariello, ha presentato un disegno di legge che intende riformare la legislazione in materia di ricerca e produzione di idrocarburi, introducendo – tra le altre cose – procedure meno complesse per il rilascio delle autorizzazioni. Una proposta che, come sottolinea il giornalista Federico Rentina sul Sole 24 Ore, appare difficilmente conciliabile con la nuova norma del Codice ambientale, “che prevede una drastica stretta ai nuovi permessi per le esplorazioni e addirittura un divieto perfino alle indagini prospettiche entro 5 miglia dalla costa”.

Alla luce delle suddette considerazioni, la rete dei comitati No Triv intende proseguire la propria campagna per la salvaguardia del Canale di Sicilia e si dichiara pronto a preparare nuove iniziative per le prossime settimane in diversi centri del territorio.

Dopo il disastro della marea nera nel Golfo del Messico, la BP non finisce più di stupire e annuncia nuove trivellazioni, questa volta nel Mar Mediterraneo, a largo della Libia, esattamente nel golfo libico della Sirte, che dista solo 500 chilometri dalla coste della nostra Sicilia.

La notizia è stata resa nota dal Financial Times ed è stata successivamente confermata da un portavoce della compagnia britannica BP: "Entro le prossime settimane" - ha detto David Nicholas - la Bp darà il via alla prima delle cinque trivellazioni previste da un accordo da 900 milioni di dollari stipulato nel 2007 con la Libia di Muammar Gheddafi e sbloccato di recente”.

Le trivellazioni nel golfo libico arriveranno ad una profondità di circa 5.700 piedi (1.700 metri), ovvero 200 metri più sotto rispetto a quelle della Deepwater Horizon, la cui esplosione ha provocato il disastro ambientale più grave degli ultimi anni, con gravi conseguenze economiche per tutta la zona e una caduta di immagine per la compagnia petrolifera britannica.

Messa sotto accusa dai giornali e dall’opinione pubblica, la Bp ha assicurato che il disastro provocato nel golfo del Messico non si ripeterà perché ora l’azienda ha fatto tesoro dell’esperienza.

A dimostrarsi preoccupato – oltre naturalmente agli ambientalisti, tra cui Fulco Pratesi, presidente onorario del WWF Italia – anche Antonio D'Alì della Commissione Ambiente del Senato italiano che si dice "preoccupatissimo" per questa nuova iniziativa della compagnia britannica. "Il problema – ha fatto sapere D’Alì - non è la Bp o la Libia. Il fatto è che il mare non ha confini e se capitano incidenti, che siano in acque nazionali o internazionali, gli effetti si fanno sentire in tutto il Mediterraneo. Considerato che stiamo parlando già di uno dei mari più inquinati dal petrolio di tutto il mondo, le conseguenze di un disastro potrebbero essere irreversibili".