barcaioli, e di tutta la popolazione che vorrà aderire. Una corona di fiori in segno di lutto sarà buttata a mare. Oggi, partendo dal porto di Pantelleria alle 13 i panteschi raggiungeranno per protestare la piattaforma petrolifera al lardo della costa di Mursia: una centrale estrattiva posta a soli 20 km dall'isola.
La societa' proprietaria della piattaforma petrolifera e' la "Atwood oceanics "ed ha ottenuto l'autorizzazione a trivellare a 10-20 miglia da pantelleria ad una profondita' di 610 metri. Secondo quanto evidenziano alcune associazioni la societa' proprietaria della piattaforma non avrebbe ancora neanche installato i sistemi di sicurezza necessaria, come ad esempio lo strumento che protegge dalle improvvise risalite di petrolio, quello stesso, per essere chiari, che non ha funzionato nel golfo del Messico, provocato il ben noto disastro ambientale.
Ci sarà a protestare con i suoi concittadini anche l'ex Sindaco dell'isola, Salvatore Gabriele: Le battaglie, oltre che sul terreno istituzionale, si fanno con i cittadini.
Non si può essere sostenitori di uno sviluppo sostenibile per le energie rinnovabili e poi avere le piattaforme che estraggono petrolio. Conciliare la salvaguardia con uno sviluppo ambientale - culturale sostenibile si può ! Ecco perché rafforzo in me l'idea che occorre far ripartire la proposta di istituzione del Parco".
ANCHE LA REGIONE SICILIANA SI MOBILITA. “Non siamo contro lo sviluppo, ma questo tipo di attività mette a repentaglio il nostro principale asset: l’ambiente”. Lo ha dichiarato al Financial Times l’assessore all’Ambiente della Regione Siciliana, Roberto Di Mauro. In un articolo dal titolo “I siciliani si mobilitano contro le perforazioni offshore”, il giornale finanziario britannico dà largo spazio ai progetti di sviluppo dell’industria petrolifera al largo delle coste siciliane e alle preoccupazioni per la conservazione ambientale innescate da questi progetti. “I timori seguiti al disastro di Bp nel Golfo del Messico e i suoi piani di avviare perforazioni in acque profonde al largo della Libia – scrive l’Ft – ha dato vita a molte contrarietà a livello centrale e regionale, con decine di sindaci che si preparano a incontrarsi per organizzare una protesta comune a Roma”. Per Di Mauro è importante “‘che la storia non si ripeta’, riferendosi alla costruzioni negli anni Sessanta di raffinerie che hanno inquinato le spiagge della Sicilia meridionale”.
L’Ft ricorda anche che uno degli ultimi atti dell’ex ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola è stato, il 26 aprile, adottare nuove procedure per le perforazioni offshore - “meno di una settimana dopo l’esplosione della piattaforma Bp nel Golfo del Messico” – e ha emesso 20 nuove licenze per esplorazioni petrolifere a largo delle coste italiane, di cui 12 in Sicilia. Quanto ai timori degli abitanti dell'isola, il giornale sottolinea: “Le comunità costiere temono che le perforazioni siano troppo vicine ai parchi marini e che le licenze siano concesse a compagnie con risorse finanziarie limitate per gestire un eventuale disastro”. È questo il caso, si legge ancora, dell’australiana Adx la cui piattaforma è nel sito tunisino Lambouka-1 a poche miglia dalle coste occidentali di Pantelleria “ma che, in caso di perdite di petrolio, farebbe intervenire le sue navi antinquinamento ferme a Tunisi, a 70 miglia di distanza”.
“Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha irritato l’industria petrolifera e sorpreso i propri colleghi quando il mese scorso – ricorda ancora il giornale finanziario britannico – si è detta a favore di una moratoria delle perforazioni in acque profonde sulla scia del disastro di Bp”. Intanto il titolare degli Esteri, Franco Frattini, ha chiesto “che il tema sia discusso a livello di Unione per il Mediterraneo”. Mentre la produzione di Eni e di Edison – “che estraggono petrolio dalle acque basse siciliane dagli anni Ottanta senza grandi incidenti” – “è cresciuta l’anno scorso del 130 per cento”, l’Ft ricorda ancora che “secondo il ministero dell’Industria, le compagnie con licenza o in attesa di un’autorizzazione a compiere esplorazioni in cerca di gas o petrolio a largo della Sicilia sono: “Eni, Edison, Adx, BG International, Northern Petroleum, Shell Italia, Northsun Italia, Petroceltic, Hunt Oil, San Leon Energy, Nautical Petroleum, Puma Petroleum e Sviluppo Risorse Naturali”.
LE RICERCHE E I RISCHI PER LE COSTE SICILIANE. pare che lungo le coste, nell’arco di tempo che va dal 2002 al 2010, siano state presentate al ministero dello Sviluppo Economico più di 40 richieste di permessi di ricerca Idrocarburi in mare. Autorizzazioni che insistono su un’area superiore ai 20mila kmq coinvolgendo un territorio che va da Trapani a Siracusa. E pare che ad oggi ben 20 su 40 concessioni abbiano ricevuto il via libera da parte dei ministeri competenti.
In concreto, i piani di ricerca prevedono una prima fase realizzata con indagini sismiche condotta con pistole ad aria, chiamate airgun, che creano onde sonore ad alta intensità . Nella seconda fase si procede poi alla vera e propria estrazione del petrolio.Siti Patrimonio dell’umanità dell’Unesco, città a forte vocazione turistica, templi, riserve e aree marine protette oltre a grandi porti pescherecci, come Sciacca e Mazara del Vallo, rischiano molto se si considera che la distanza dalla costa della maggior parte dei pemessi di ricerca arriva a pochi metri dalla terraferma. E il problema si fa ancora più complicato se si aggiunge che le piattaforme petrolifere saranno ben visibili dalla terraferma, in alcuni casi persino raggiungibili, con una conseguente compromissione non solo dei siti archeologici ma anche di resort di lusso e porti che sorgono affacciati al Mediterraneo. Tutte strutture che hanno ricevuto dalla Comunità Europea, dallo Stato e dalle Regioni capitali elevati per incentivare lo sviluppo turistico.
A turbare i sonni dei comuni sono poi i capitali sociali delle società richiedenti, alcuni dei quali arrivano a stento ai 10mila euro, pochi per coprire i possibili sversamenti accidentali di idrocarburi che causerebbero inquinamento e depauperamento dei fondali.E le azzurre coste meridionali italiane corrono grossi rischi anche per la presenza di vulcani attivi in prossimità delle coste. Come la bocca del vulcano dell’isola Ferdinandea, che si trova tra Sciacca e Pantelleria, a circa sei metri di profondità .