È questa l’immagine che Stefania Craxi ha dato all’Ansa dell’ex governatore della Sicilia, Totò Cuffaro, dopo esserlo andata a trovare nel carcere di Rebibbia dove l’ex senatore deve scontare sette anni per favoreggiamento di Cosa Nostra. Quella di Cuffaro - ne è convinta il sottosegretario agli Esteri - è una «vicenda decisamente politica» nella quella ciò che infastidisce di più è «l’ipocrisia pelosa dei compagni di partito che hanno espresso rispetto per la sentenza e solidarietà umana verso Cuffaro».
E a tutti loro la Craxi dà un consiglio: «Se la solidarietà non è politica, piena e totale come la mia, sarebbe meglio tacere». «Fa impressione vedere in prigione un uomo che sicuramente non è un delinquente», ha osservato ancora Stefania Craxi sollevando delle perplessità sul concorso esterno in associazione mafiosa, il reato imputato a Cuffaro: «è un reato - ha detto - che non si riesce a configurare e che però è sottoposto alle stesse misure riservate ai mafiosi». Ci sono anche altre cose che non convincono Stefania Craxi come «lo scontro in Sicilia tra guardie e ladri e «coloro che hanno fatto dell’antimafia una professione». «Prima di andarmene dalla prigione - ha raccontato Craxi - gli ho chiesto se desiderava qualcosa e lui mi ha risposto: fai coraggio alla mia famiglia. Credo - è l’impressione ricevuta - che gli fosse perfino doloroso avermi di fronte» Poi una confessione: «Uscendo da Rebibbia mi sono chiesta: se fossi il presidente della Regione Sicilia sarei in carcere anch’io?».