Intervistato a margine di un convegno che si è tenuto a Roma, il presidente di Confindustria Sicilia non ha dubbi: "Spingerà la classe dirigente siciliana a mutare attitudine e a mettere in campo politiche di crescita. È necessario comprendere che un mondo è finito, che non si può fare politica solo ridistribuendo risorse".
"Questa manovra nazionale è una manovra d’emergenza di fronte a un attacco forte sui mercati - spiega Lo Bello -. E quindi oggettivamente è una manovra che serve a comprimere in maniera molte forte le spese e questo comporterà anche una diminuzione dei trasferimenti agli enti locali e alle regioni. Le regioni del Sud devono attrezzarsi ad uno scenario a medio e lungo termine di risorse sempre meno rilevanti dal centro e devono far perno sulla capacità di crescita".
La Sicilia come può mettere a rutto una volta per tutte la sua specialità?
"La Sicilia è una regione che ha il gettito di molte imposte importanti e può crescere se mette in campo politiche di crescita. Politiche di crescita che passano attraverso uno snellimento burocratico, la lotta alla criminalità organizzata, una qualità dell’azione politica non legata a piccoli interessi particolari ma a valutazioni di interesse generale. Ma è ovvio che se non cambia la politica meridionale, la manovra nazionale sarà molto pesante".
Poi il presidente di Confindustria Sicilia indica alcuni interventi che potrebbero condurre l'Isola verso il cambiamento: "Basterebbe semplificare i processi amministrativi, renderli trasparenti, per mettere in campo una robusta crescita. Ci sono molte imprese che vogliono investire, tante siciliane e tante che vengono da altri posti che spesso non lo fanno perché entrano in una palude politico-burocratica che non è degna di un paese civile. Le imprese hanno bisogno di programmare investimenti in tempi certi, hanno bisogno di un sì o un no. Molto spesso nel nostro territorio non vi è né un sì né un no e i tempi diventano incerti e lunghissimi. Questo è il nodo vero".
Dunque la manovra, con i suoi tagli che in Sicilia dovrebbero portare a un assestamento di bilancio da 640 milioni di euro, potrebbe avere un effetto benefico sullo sviluppo del territorio?
"I soldi saranno di meno, ma entrerà in campo un principio di responsabilità. Devono far funzionare la macchina amministrativa, cosa che fino ad ora non è stata fatta fino in fondo. I cambiamenti avvengono quando si è costretti a farli. Quando non ci saranno più i soldi per alimentare un sistema assistenziale e clientelare, bisognerà capire che o si mettono in campo politiche di crescita o la situazione può esplodere. Il Paese si trova in una situazione drammatica. La manovra è dura perché occorre stabilizzare il Paese e i conti pubblici. Ognuno farà la sua parte. Noi abbiamo un potenziale di crescita inespresso che dipende dal fatto che in Sicilia, finora, non ci siamo occupati di crescita. Sono convinto che la crisi spingerà la classe dirigente a mutare atteggiamento. L’alternativa è un’implosione sociale fortissima e drammatica nel nostro territorio. In Sicilia già iniziano ad emergere le contraddizioni del vecchio modello assistenziale È necessario cambiare tutto ciò che si è fatto negli ultimi 10-15 anni. Non ci si può limitare a invocare quattrini dal centro, che devono arrivare, ma devono essere utilizzati per gli investimenti e non per la spesa corrente".