L’iniziativa sembra riuscita con “Trame a chiaroscuro” di Gina D’Angelo se, a lettura in corso, un originale fermento di idee e di analisi ben articolate, più mercuriali che dionisiache, s’impossessa della mente del lettore. Ma, in tema mitologico, cos’è Mercurio senza Minerva? Un movimento disordinato senza bussola né direzione. Allora, spinta da un’intelligenza libera perché critica e consapevole, in un mondo di cieche formiche, come il “bell’ovile” dantesco minacciato dai lupi, l’Autrice ripercorre miti e limiti del conoscere umano, fatti storici ed episodi odierni controversi, nel contesto più vasto dello scontro tra natura e cultura, culminante nel monismo scientista, cinico e volgare. Il tascabile, simile al vademecum letterario di Brecht utile a sapere vivere, è un generatore di idee; si nutre di un periodare incisivo e conciso, fulminante ma brillante, ironico quanto icastico, preoccupandosi di offrire al lettore dubbi, possibilità e mezzi di riflessione che una gerarchia di potere continua, a ragion veduta, a tenere separati. Selezionando l’essenziale e bocciando la zavorra del superfluo, rilevando le costanti e le varianti nei processi umani, l’Autrice si preoccupa di volere un dialogo con il lettore, perché questi non è un…recipiente ed è in grado di pensare bene. Oltre all’eleganza lessicale, così vicina al fraseggio musicale ma nettamente contraria alla sostanza dei seguaci di Lucilio, il protagonista del saggio è il metodo interdisciplinare, il bisogno di affratellamento dei saperi, superando divisioni ben note e accusando, mai sottovoce, la dittatura del capitale, capace di soffocare ogni genuino anelito di vita. E’ una lettura contro ogni arroccamento, contro ogni pensiero servile, contro il falso modernismo che giunge a negligere nelle scuole la conoscenza dei greci e dei latini “presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi”, secondo Gramsci. Povero progressismo, ridotto ad ammasso di studio disorganico, come se le età dell’uomo non siano tutte contemporanee perché coesistenti! Ma, è proprio il corredo classico a permettere all’Autrice vuoi la chiara padronanza del costrutto, vuoi la capacità di migrare in atmosfere di qualunque tempo e orizzonte mentale alla ricerca del quid indispensabile a capire la realtà, oltre i danni e le menzogne del calcolo personale.
In funzione di questa sedimentazione, poteva risparmiarsi gli addebiti all’icona dell’Illuminismo, Voltaire, dopo che il “Cogito” cartesiano aveva timidamente aperto un varco nelle barriere dell’oscurantismo? Come dimenticare quel movimento che praticava un modo di vivere che era l’esatto contrario di quanto teorizzava, se già l’Autrice aveva tradotto -senza tradire- e individuato i moventi più nascosti delle cose umane e naturali nelle liriche di A. de Vigny ? E si può aggiungere, quali forze, quali interessi e quali convenienze muovono la polvere dell’oblio quando è inascoltato l’insegnamento del matematico, umanista e umile Pascal? Senza acredine né indulgenze, risulta corroborante seguire la versatilità di quella penna, tanto nelle debolezze e negli inganni delle aristocrazie di pensiero, quanto nelle manomissioni e le mutilazioni della condizione umana, prima fra tutte l’essersi posta contro e sopra madre natura. Fra le pieghe del vivere, a Lei basta un povero sorriso.
Peppe Sciabica