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31/10/2011 10:00:07

Bisogna esaminare ogni cosa

In particolare, come sappiamo, Lutero privilegiò, nel suo approccio alle Scritture, la lettura che dell’evento ed avvento di Gesù il Cristo fece l’apostolo Paolo: di questa particolare, profonda teologia, è spiritualmente «figlia» la Riforma, la quale, pur richiamandosi all’evangelo, lo interpreta spesso attraverso il filtro – importantissimo, ma pur sempre parziale – dell’«apostolo delle genti». Buona parte della prospettiva entro cui Paolo di Tarso colloca l’esperienza dell’incontro con il Cristo è, ancora oggi, estremamente attuale: la sua accentuazione dell’aspetto del sola gratia, della gratutità dell’amore di Dio nei nostri confronti, è un tesoro che non soltanto le chiese riformate, ma tutta l’ecumene cristiana, hanno rivalutato e, sia pure in misura diversa, accolto. Al contempo, però, non è difficile riscontrare, all’interno dell’epistolario paolino, un certo numero di affermazioni che, inevitabilmente, sono figlie del tempo in cui l’apostolo visse e scrisse: oggi sappiamo, ad esempio, che una certa visione della donna o alcuni pronunciamenti etici devono essere rivisti criticamente, alla luce del cammino che il mondo e la sua cultura, fortunatamente, hanno svolto in questi ambiti. Sappiamo bene che, purtroppo, alcune chiese si rifiutano di accogliere quelli che, senz’ombra di dubbio, rappresentano dei progressi notevoli ed indispensabili in ambito umano, prima ancora che teologico e si ostinano a riproporre un’interpretazione delle Scritture che scredita, sino ad avvilirla, quell’intelligenza umana che invece il Dio biblico ha sempre inteso accogliere e sollecitare. Duole, a due giorni dalla celebrazione di questa giornata di libertà di coscienza e di pensiero, leggere su un sito che avrebbe ancora la pretesa di rappresentare una voce dissonante in seno alle nostre chiese, parole come queste:   «La chiesa, però, è stata rubata. I ladri sono i liberali, i modernisti, i socialisti, gli umanisti, gli evoluzionisti, gli ecologisti, le femministe, e chi più ne ha più ne metta. Il loro scopo? Trasformare la chiesa in "qualcos'altro". "Così com'è non va", dicono. Facendo uso del nome di Cristo, questi ladri molto "religiosi" si sono infiltrati nelle chiese, ne hanno acquisito il controllo, si sono impossessati dei pulpiti e delle sue finanze, stanno usando la chiesa per promuovere i loro propositi anti-cristiani. Invece che proclamare Cristo, la chiesa ora predica l'ideologia umanista e ne finanzia le attività (…) Essi non ci possono catturare se rifiutiamo di essere parte di loro, se usciamo dalle loro chiese anti-cristiane e ritorniamo a mettere altrove le antiche fondamenta della vera fede (…) Dio, a suo tempo, li giudicherà e li distruggerà, e noi faremmo bene ad evitare queste chiese che stanno per essere severamente giudicate. Siamo in guerra: una guerra spirituale, e faremmo bene a rendercene conto e ad agire di conseguenza»  [Articolo tratto dal sito www.valdesi.eu ed ivi pubblicato in data giovedì 27 ottobre 2011 a firma del pastore Paolo Castellina]   Credo di non esagerare nell’affermare che si tratta di considerazioni semplicemente agghiaccianti, di una violenza verbale, psicologica e spirituale inaudita: sono parole che stroncano alla radice ogni proposito di confronto e di dialogo, perché squalificano, accomunandoli in un discutibile calderone, i possibili interlocutori. Da realtà come quelle che stanno dietro a questo sito la Riforma, ho motivo di credere, è stata fraintesa in quello che era il suo scopo fondamentale: riscoprire ciò che Lutero aveva definito La libertà del cristiano, richiamandosi proprio all’invito che l’apostolo Paolo, a più riprese, ci rivolge nelle sue lettere.   Nel breve versetto di quest’oggi, l’auspicio espresso dall’apostolo è quello di «ritenere», ovverosia di custodire, in ogni insegnamento, «ciò che è buono». Fin qui, verrebbe da dire, nulla di così sorprendente: ciascuno di noi sa che, di norma, è saggio trattenere ciò che di buono tanti insegnamenti possono trasmetterci. L’accento di Paolo, però, ricade su come sia possibile cogliere, in una determinata esperienza, l’aspetto positivo; l’indicazione fornitaci dall’apostolo a questo riguardo è l’unica sensata: «Esaminate ogni cosa». Nulla, infatti, andrebbe condannato in maniera affrettata e pregiudiziale: tutto, invece, va esaminato, ovverosia vagliato, considerato. Su ogni cosa è sempre opportuno riflettere, esercitare ciò che, con un termine assai appropriato, viene chiamato discernimento, che, propriamente, è la capacità di distinguere, l’unica in grado di evitare pericolose e grossolane semplificazioni. Credo che sia quasi inutile sottolineare come tanto l’ecologismo, quanto il femminismo o l’umanesimo e persino il socialismo abbiano rappresentato per le donne e gli uomini, così come per le chiese che ne hanno recepite le istanze e – perché no – le provocazioni, un’occasione di crescita o, quantomeno, di interrogazione, la quale non è mai da respingere o, peggio,da demonizzare. Sostenere che, per tutto ciò che riguarda queste esperienze, è affidata a noi donne e a noi uomini la gioiosa fatica del discernimento, significa avere un’alta considerazione delle persone e della loro capacità di pensare autonomamente, senza divieti e senza anatemi. A chi viene riconosciuto il diritto di esercitare il discernimento in materia di fede e di coscienza viene infatti indicata la via della piena responsabilità che, come ha stabilito la Riforma e, prima di lei, l’evangelo e la tradizione ebraica, è la capacità di rispondere delle proprie scelte di fronte a Dio e dinanzi agli uomini.   Porre l’accento su uno soltanto di questi due soggetti che le Scritture distinguono, sì, ma non separano mai, rischia di far sorgere affermazioni integraliste e per ciò stesso violente: chi contrappone Dio agli esseri umani, anziché porli reciprocamente in quel dialogo che si chiama amore, ha non soltanto dell’uomo, ma anche di Dio un concetto limitato e limitante, che soffoca la libertà e fa della fede un luogo di prigionia, in cui l’unica richiesta è quella di fare esplicito atto di sottomissione dell’intelligenza. Lutero rifiutò di compiere quest’atto, sebbene anche a lui  venne inoltrata un’esplicita richiesta in tal senso, quando gli fu intimato di ritrattare le sue affermazioni teologiche: il giovane monaco agostiniano decise che la libera interpretazione delle Scritture fosse un principio irrinunciabile e che, pur di difenderlo, era persino legittimo minare l’unità della chiesa, poiché, in verità, si trattava soltanto di uniformità, di omologazione imposta con la violenza e, dunque, per ciò stesso inaccettabile. Ce lo ricorda, con la consueta profondità, il pastore Paolo Ricca che, in una pagina di mirabile bellezza, scrive:   «Lutero non [fu] disponibile ad una pura e semplice ritrattazione, che gli era stata ripetutamente chiesta: [voleva], invece, che i problemi da lui sollevati venissero discussi pubblicamente nella chiesa alla luce della Parola di Dio, a patto che essa non [venisse] preventivamente imprigionata in una gabbia di rigide regole interpretative imposte dall’autorità ecclesiastica: Lutero rivendica, come riflesso della libertà della Parola di Dio, la libertà della sua interpretazione»   [Tratto da: Martin Lutero, La libertà del cristiano, a cura di Paolo Ricca, Claudiana, Torino, 2003, cit. pag. 23]   Compito di ogni chiesa e, prima ancora, di noi cristiani protestanti che di Lutero intendiamo raccogliere l’eredità, è quello di educarci alla libertà nel senso del suo esercizio responsabile che, come tale, chiama necessariamente in causa il discernimento, ovverosia la capacità, come la definiva il filosofo Immanuel Kant, «di servirsi del proprio intelletto senza la guida di altri», anche per ciò che riguarda l’ascolto e la comprensione delle Scritture. Come cristiani riformati non possiamo permettere che all’autorità di un magistero si sostituisca l’autoritarismo di chi pretende di interpretare per noi il testo biblico: continueremo, invece, ad interrogare quest’ultimo e a lasciarcene interrogare, perché di questo dialogo incessante vive la nostra fede che non si lascia ingabbiare da quanti vorrebbero soffocarne lo spirito di libertà. Come Paolo e come Lutero non taceremo, ma cercheremo di replicare con l’esercizio dell’intelligenza a quanti dichiarano di essere scesi in guerra, rivolgendoci a costoro con spirito di dialogo e di pace, mostrandoci come donne e uomini in cerca di Dio e non depositari delle sue verità; comunità in ascolto di quella Sua Parola da cui, ogni giorno, chiediamo la grazia di essere interpellati, sorpresi e rinnovati.     Trapani, Domenica 30 Ottobre 2011 - Pastore Alessandro Esposito - www.chiesavaldesetrapani.com