Chi può ancora crederci? A Cannes, i grandi del pianeta l'hanno snobbato. Se hanno diplomaticamente accolto favorevolmente gli sforzi dell'Italia per raggiungere l'equilibrio del bilancio nel 2013, o addirittura nel 2012, e ridurre l'enorme debito di 1900 miliardi di euro (120% del PIL) non si fidano di questo Berlusconi che non vuol vedere il debito perché, afferma, in Italia “i ristoranti sono pieni”. Silvio Berlusconi può valutare ciò che lo separa ormai dai suoi pari. Altre volte, i capi di Stato si affrettavano ai suoi inviti a Villa Certosa in Sardegna. Ora lo fuggono, lui e ciò che lui rappresenta. Nessun incontro bilaterale nel suo programma, ma riunioni umilianti in cui, come un cattivo scolaro della zona euro, ha avuto l'ingiunzione di impegnarsi di più. Da Barak Obama ha dovuto accontentarsi di una pacca sulle spalle quando si sono incrociati davanti all'ascensore del Carlton. Il presidente americano andava a fare jogging. Silvio Berlusconi, 75 anni, risaliva in camera. Questa volta, nessuna foto tra il primo ministro cinese e il presidente americano per mostrare all'opinione pubblica italiana che il suo posto è sempre tra i primi. Lo si è visto sorridere, l'aria un po' stupida, per dare l'impressione di essere coinvolto in una conversazione da cui Barack Obama e Angela Merkel lo tenevano accuratamente distante. I perdenti sono soli. Da parecchi giorni le diserzioni si moltiplicano attorno a lui. Come all'inizio di una tappa di montagna del tour de France, i fuggitivi scappano da tutte le parti. Tre deputati del suo partito, il Popolo della libertà, sono passati con armi e bagagli ai centristi di Pierferdinando Casini. Altri sei hanno firmato una lettera nella quale gli domandano “di ritirarsi” per permettere la formazione di un nuovo governo. Un'altra ventina sarebbero pronti a costituire un gruppo indipendente. L'Italia sembra tornata ai tempi della “prima Repubblica”, anteriormente allo scandalo Tangentopoli agli inizi degli anni '90, quando i governi si facevano e si disfacevano alla buvette di Montecitorio, il Parlamento nazionale, o nei salotti privati dei ristoranti dei dintorni. Secondo la stampa italiana, il presidente del consiglio non disporrebbe che di circa 310 voti sicuri al Parlamento (su 630). Una miseria, in rapporto ai 344 deputati che lo sostenevano all'inizio del suo terzo mandato, nella primavera del 2008. In passato, il “Cavaliere” è sempre riuscito a far rientrare i frondisti: le promesse di un incarico, di un portafoglio ministeriale o di una nuova candidatura la spuntavano sugli accessi di cattivo umore. Questa volta, anche Denis Verdini, dirigente del Pdl, l'uomo che ha sempre saputo recuperare i parlamentari recalcitranti, ha dovuto confessare che i nuovi ribelli erano “coriacei”. Non ci sono più posti da offrire al governo. E la promessa di un posto sicuro nelle liste elettorali non è più una garanzia, quando il primo ministro “vale” meno del 22% d'indice di soddisfazione nei sondaggi.
“Li vedrò uno per uno”, ha promesso Silvio Berlusconi. Mentre gli analisti sono concordi nel pensare che la crisi di credibilità dell'Italia sia dovuta a lui, lui si aggrappa all'idea che essa lo proteggerà. Vuole credere che nessuno si assumerà il rischio di far precipitare l'Italia nel caos politico che si aggiungerebbe all'incertezza finanziaria. Ha affermato : “Coloro che abbandonano oggi la maggioranza tradiscono l'Italia”. Ma tutto può ormai succedere. Sotto il suo naso, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, consulta i dirigenti dei principali partiti per verificare se esistano le condizioni di un nuovo esecutivo. Senza Silvio Berlusconi, evidentemente. La sola questione che sembra ormai porsi è: quando cadrà? Martedì 8 novembre quando il Parlamento dovrà votare ancora una volta il preambolo del bilancio 2010 dello stato italiano bocciato una prima volta un mese fa? Alla fine del mese quando le misure che ha presentato al G20 saranno discusse al Senato? Si dimetterà prima di essere messo in minoranza o vorrà sfidare i suoi avversari su un ennesimo voto di fiducia per guardare i suoi “assassini” diritto negli occhi?
E dopo... Tutti gli scenari sono possibili. I nomi dei successori circolano. Gli uni sostengono Gianni Letta, braccio destro storico del “Cavaliere”, che potrebbe garantirgli una tregua sul piano giudiziario. Gli altri, Giulio Tremonti, il ministro dell'economia, che ha il sostegno della Lega Nord. Per altri ancora, il “salvatore” potrebbe essere solo Mario Monti, già commissario europeo e preside dell'Università Bocconi, un tecnico vicino al centro sinistra, ma apprezzato a destra per il suo rigore e discrezione.
La caduta sembra ineluttabile e per apprezzare la sua ampiezza, si impone uno sguardo al passato, nel momento in cui, senza saperlo, Silvio Berlusconi camminava sul bordo del precipizio. È il 25 aprile 2009 a Onna, una piccola località dell'Abruzzo, vicina all'Aquila, quasi completamente distrutta dal terremoto che, tre settimane prima, ha causato la morte di 309 persone. In quell'occasione, il “Cavaliere” ha potuto dimostrare tutti i suoi talenti. Imprenditore, ha promesso nuove case per tutti. Compassionevole, ha saputo consolare, rassicurare, prendere su di sé il dolore dei suoi connazionali. Ma, quel 25 aprile, giorno della commemorazione della Liberazione dell'Italia dall'occupazione nazista, fa ancora di più, mettendosi al collo il foulard dei partigiani. Quel gesto è un vero “colpo da maestro” politico, un equivalente dell'apertura a sinistra di Nicolas Sarkozy dopo la sua elezione.
Gli italiani, stanchi di decenni di polemiche storico-politiche tra ex comunisti ed ex fascisti, apprezzano il gesto. E se fosse la nascita di un capo di Stato? I sondaggi gli accordano quasi un 70% di indice di soddisfazione. Una settimana più tardi esplode il primo scandalo sessuale. È da queste altezze che cadrà in seguito, come una pietra. Venerdì 4 novembre, rientrando dal G20 di Cannes, l'aereo del primo ministro ha probabilmente sorvolato la città di Genova in cui piogge alluvionali hanno causato la morte di sei persone, tra cui due bambini, una settimana dopo che delle inondazioni hanno portato via undici persone nei borghi delle Cinque Terre in Liguria. Silvio Berlusconi aveva fretta di rientrare a Roma per fare e rifare i conti dei parlamentari che gli sono ancora fedeli. E non si è fermato
Philippe Ridet in “Le Monde” dell'8 novembre 2011 (www.finesettimana.org)