Dal passato a oggi la gotta cambia forma: da essere considerata la malattia dei ricchi ora è molto più diffusa tra la popolazione e, da questa, sottovalutata. Tra i sovrani ne soffrivano Carlo Magno, Piero de’ Medici (chiamato con il soprannome “il gottoso”), il Re Sole, Luigi XIV e tra i Papi Giulio II, Clemente VIII, Innocenzo XI. La gotta non è un fantasma del passato, come molti credono, anzi è oggi seconda solo all’artrosi, come patologia articolare e colpisce l’1% della popolazione. Anche l’incidenza muta forma. Le donne sono più colpite rispetto al passato: in un rapporto di 1 donna su 7 maschi si è passati a 1 su 4.
La gotta è una malattia metabolica ed è caratterizzata da un elevato tasso di acido urico nel sangue (iperuricemia), che l’organismo non riesce a smaltire per via renale o, in minima parte, attraverso le secrezioni digestive, provocando così artriti acute. L’articolazione per prima attaccata è quella dell’alluce. La gotta è ereditaria o è scatenata da cattive abitudini alimentari?
Come spiega Carlomaurizio Montecucco, il responsabile della Divisione di reumatologia al Policlinico San Matteo di Pavia:
«L’immagine tipica del gottoso è l’uomo in sovrappeso, con una bottiglia di vino in mano. In passato ciò era vicino al vero: la gotta, infatti, è associata a una dieta ricca di carni, insaccati, formaggi, dolci, ovvero a un’alimentazione che nei secoli passati e fino al secondo dopoguerra era appannaggio dei ricchi. Però conta anche la predisposizione genetica: ecco perché i casi di gotta si concentravano soprattutto in alcune nobili famiglie».
La storia di questa malattia è stata tribolata. Fino al 1900 i medici additavano la causa a incontenibili appetiti sessuali: i Papi, colpiti da improvvisi dolori e infiammazioni alle articolazione, lasciavano perplessità nell’opinione comune. Allora si cercava di alleviare i sintomi con l’effetto lassativo della colchicina, una sostanza contenuta nella pianta e successivamente con i purganti. Il primo a intuire una della cause della malattia è stato il filosofo John Locke che, nel ’600, consigliava di ridurre il consumo di carne per sentirsi meglio. L’acido urico deriva dal metabolismo delle purine, composti azotati che si trovano in alcuni alimenti come le carni. Queste erano cibi da ricchi, “beni di lusso”, che il popolo non era in grado di permettersi salvandosi nel contempo da questa patologia.
La gotta colpisce l’8% della popolazione italiana over 65, tuttavia l’incidenza della malattia sulle donne rispetto agli uomini è aumentata coinvolgendo anche le ragazze più piccole.La colpa è dei diuretici assunti in grande quantità per perdere peso. Oggi la gotta non si manifesta più attaccando per prima l’articolazione dell’ alluce e per questo viene spesso confusa o tralasciata dagli stessi malati.
Esistono cure farmacologiche contro la gotta, che quasi mai vengono affiancate da una dieta che combatte l’iperuricemia. Questa è poco osservata dai pazienti perchè esclude una varietà di cibi: alici, acciughe, sardine, animelle, rognone, cervello, estratto di carne, selvaggina sono a più alto rischio perchè contengono un elevato contenuto di purine. Sconsigliate sono carni, pollame, pesce, crostacei, salumi e insaccati in genere, piselli, fagioli, lenticchie, asparagi, spinaci, cavolfiori, funghi. Si dovrebbe seguire una dieta ricca di carboidrati (amido), a base di frutta, pasta e cereali, in grado di favorire l’escrezione di acido urico.
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