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10/01/2012 08:57:47

Il turbamento dei potenti

Cresce il turbamento, sino a diventare timore: persino le parole di un profeta a insinuare il dubbio, a confermare il sospetto. Betlemme, la casa del pane: quel pane che il sovrano e la sua corte hanno trasformato in un privilegio e che quel bimbo, crescendo, domanderà al Padre come sostegno quotidiano, a tutti accessibile. Betlemme, piccolo villaggio dimenticato, che ora, d’improvviso, si erge sfacciatamente contro Gerusalemme sino a farle ombra. Dinanzi a ciò che è piccolo tremano i potenti: così Erode viene invaso dall’angoscia di fronte a ciò che non è ma già promette di essere, di fronte al seme che si appresta a germogliare. Reciderlo sin dalla radice è l’unica garanzia di incolumità, l’unico argine che si possa erigere a tutela di quel privilegio che ogni potente intende preservare a tutti i costi. Basterà aggredire l’indifeso, sopprimere l’innocente. Ci vuole astuzia, però: nulla deve trapelare, bisogna approfittare degli ospiti inattesi e della loro ingenuità. Sarà sufficiente conquistare la loro fiducia con l’ipocrisia, arte dell’inganno e del travestimento in cui ogni potente è versato, per consuetudine affinata negli anni. «Andate ed informatevi accuratamente riguardo al bimbo: quando doveste trovarlo, ditemelo, così che anch’io possa venire e adorarlo». Ecco fatto: teso il tranello, preparata la rete in cui cadranno i tre sprovveduti, insieme col bambino.

I tre uomini venuti dall’Oriente si rimettono in cammino, lo sguardo rivolto di nuovo a quel cielo che per mestiere e per scienza scrutano ed interrogano: e il cielo li accompagna, li osserva e li guida. Giungono e prima delle menti se ne accorgono i cuori, invasi come da un fremito, da una gioia d’improvviso avvertita sotto la pelle: cedono, al fine, le gambe spossate per tanto itinerare e i corpi, come vinti, si adagiano sulle ginocchia; e tutto intorno è silenzio e pace.  Svestono dunque i doni di fronte a quel dono d’innocenza, a quel neonato che col solo venire al mondo rende inquieti i potenti. Non una parola con la giovane madre: solo sguardi ed un muto intendersi.
Trascorre, infine, la notte che, con il ristoro, porta consiglio: una corda vibra nell’intimo di uno dei tre, che divide con gli altri il presagio e l’inquietudine. Quel re, quell’Erode all’apparenza così premuroso, celava qualcosa dietro il volto affabile: uno strano sogno gliene aveva ridestata la memoria smarrita. Vi sono cose che la mente sveglia non coglie e dobbiamo chiudere gli occhi per vederle, per avvertire quanto una sorta di istinto ha trattenuto nel segreto, per rivelarcelo – poi – in sogno. I tre cambiano via, al ritorno: si fanno beffa di chi aveva inteso ingannarli. Erode rimarrà solo con la sua ira, giacché il potente non ama vedersi superato in scaltrezza: la sfogherà, come ogni despota, su altri innocenti, che quel bimbo scampato alla morte, crescendo, metterà al centro del suo annuncio e della sua vita.      Culto di Domenica 8 Gennaio 2012 – Pastore Alessandro Esposito - www.chiesavaldesetrapani.com