Era una tranquilla mattinata domenicale di un tiepido gennaio. Asciutta e senza vento.
Tutt’altro che proibitivi i prezzi dell’anziano fioraio con il modesto gazebo all’ingresso.
E umile lo sguardo del posteggiatore (evidentemente abusivo: ma ne capivi lo stato di bisogno).
Nessuno sembrava voler speculare sul ... marketing della commozione.
Ma tutti davamo l’idea di essere ancora più solidali ad “esercitare”la pietà in questi tempi di crisi.
E tutti obbedivamo ad una tacita intesa di compostezza.
Nessuno schiamazzo, neanche un vocìo.
Persino i mendicanti erano meno pretenziosi.
Varcare quel cancello è stato come estraniarsi da una quotidianità di freddezze, clacson e superbie.
Abbiamo tutti una persona cara dietro una di quelle lapidi, pensavo.
E alle lacrime silenziose fra i cipressi, infatti, facevano da contrappunto, i sorrisi senza tempo di quegli ovali di porcellana, color seppia..
Davvero raro che non ci si scambi il saluto - magari anche un abbraccio - incontrandosi fra quei viali.
Forse bisogna andarci più spesso al Camposanto. Per riscoprire la comunanza della “marsalesità”: quella stessa che viviamo quando esce la processione della Madonna Addolorata o quando il cielo di giugno si colora del “gioco di fuoco” a San Giovanni.
Diego Maggio