La seconda ragione che, a mio giudizio, mina alla base ogni tentativo di dialogo e di raffronto pacato è invece relativa ad un pessimo costume ormai invalso nella nostra – cattiva – convivenza sociale: anche sui mezzi d’informazione, infatti, è tutt’altro che inconsueto assistere a scambi d’opinione, se così vogliamo chiamarli, che non si attengono alle regole basilari del rispetto reciproco. A dispetto della mia non certo veneranda età (ho appena compiuto trentasei anni), ricordo che era buona norma, quand’ero adolescente prima e ragazzo poi, non rivolgermi a sconosciuti con tono arrogante e con espressioni irrispettose. Mai e poi mai mi sarei sognato di replicare ad uno dei miei docenti, o all’operatore scolastico che ogni giorno mi consentiva di fruire di aule scolastiche pulite, dicendogli che quanto sosteneva fosse nient’altro che «un mare di sciocchezze». Al mio insegnante, quando intendevo esprimere un dissenso, dovevo portare argomenti, e di quelli validi. È quest’abitudine alla chiarezza e all’eleganza, nella forma come nei contenuti di un’opinione espressa, che abbiamo da tempo smarrita: sarebbe assai opportuno che, confrontandoci in modo anche serrato ma rispettoso, la riacquistassimo.
Alessandro Esposito (Pastore valdese presso la chiesa di Trapani e Marsala)