Ma mi bloccano e mi stupiscono le parole che Gesù pronuncia: « Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta » (Luca 10:41-42).
Una sfaccendata, mi dico meravigliata, sceglie la parte migliore? Quale metro di giudizio è quello che usa Gesù?
Se mi sposto, invece, in un angolo della Galilea ascolto il Maestro che insegna narrando la parabola dei talenti e mi ritrovo coinvolta in una spiegazione che mi lascia ancora più perplessa.
Un servo non ha trafficato, non ha speculato sul “talento” che gli era stato affidato e viene giudicato e screditato appunto per questa sua mancanza. Servo inutile lo condanna Gesù. E in altre parabole, altri servitori, che pur si affaticano nei lavori loro assegnati, vengono definiti nello stesso modo: servi disutili.
Non hanno niente di cui vantarsi, fa intendere il maestro, perché questo è il loro stato sociale, quello di schiavi: il lavoro, la fatica non è altro che il loro compito. Non fanno niente di più, niente di meno di quanto è stato pattuito con il loro padrone.
E poi, ancora con le ali della mia immaginazione, raggiungo la Giudea e ritrovo Gesù a Gerusalemme, presso il tempio dove sta dicendo che non sarà lasciata pietra su pietra di quel posto che non sia diroccata (Matteo 24,2) e che nel giorno del giudizio finale saranno accolti dal Padre soltanto coloro che lo hanno sfamato, dissetato e vestito, in quanto si identifica con tutti i poveri e i bisognosi della terra.
Così mi rivolgo una ulteriore domanda: « Come posso, come possiamo raggiungere tutti i bisognosi e i bisogni del mondo? » Impossibile!
Come fare allora per essere accolti dal Padre e compiere un “servizio” che può essergli gradito? Sicuramente, e sono convinta di questo, Gesù desidera vedere la nostra disponibilità nel metterci a disposizione degli altri, ad aiutarli nelle piccole cose, nell’offrire le cose più semplici: una visita, una parola di conforto, un bicchiere d’acqua, un pezzo di pane.
Il Signor Gesù non mi chiede e non ci chiede di fare l’impossibile, ma solo quello che è alla nostra portata e presso di noi. L’impossibile, infatti, l’ha fatto già lui.
Il testo che introduce le riflessioni, recita che Gesù è venuto per dare la sua vita come prezzo di riscatto per noi. Egli ha pagato con la sua vita, per liberarci dalla schiavitù, per toglierci dalla condizione di servi. Gesù non ci vuole più servi ma liberi, non più sottoposti, ma amici!
C’è una bellissima scrittura, in Isaia 53, che descrive la figura di Gesù come servo sofferente. Il servo del Signore è stato disprezzato e abbandonato dagli uomini, diventando uomo di dolore, familiare con la sofferenza affinché noi trovassimo in lui serenità, gioia, felicità; su di lui ha caricato le nostre malattie, i nostri dolori affinché noi tutti potessimo trovare sollievo in lui.
È stato trafitto e castigato per poterci donare pace e pienezza di vita.
Ed i lividi e gli ematomi prodotti nel suo corpo dalla flagellazione e dalle battiture sono la nostra guarigione; la maledizione della croce è la nostra benedizione e motivo di salvezza per l’umanità tutta.
Ed ora, il nostro Dio, nella sua misericordia, permette che noi “servi disutili”, che presso le nostre comunità ministriamo, indegnamente, la “Sua Parola”, condividiamo con tutti voi il grande amore di Dio e la sua grazia salvifica, presentandovi l’unico e solo servo degno di questo nome: Gesù Cristo, il Signore.
Solo Gesù salva, accogliamolo dentro di noi, portiamolo con noi nella nostra quotidianità, annunziamolo agli altri.
Ecco “il servizio” che il Signore Dio nostro gradisce da me, da voi, da ciascuno di noi.
Pina Giacalone - 20 gen 2012