Nello specifico è accaduto che la lentezza della Prefettura nell'esaminare la pratica di rinnovo dell'art. 20 della legge 44/1999, articolo di legge che prevede la sospensione di tutte le procedure esecutive nei confronti degli imprenditori che denunciano richieste estorsive, ha determinato lo stato di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento.
Attualmente l'azienda è stata acquisita al patrimonio fallimentare e il relativo patrimonio viene custodito dal curatore fallimentare. «Il 14 agosto 2007 - racconta Vincenzo Parisi, amministratore della ditta di cui è comproprietario con il fratello Girolamo - abbiamo subìto un attentato incendiario che ha distrutto 14 mezzi in massima parte dell’azienda Celso, che produceva calcestruzzo e in parte dell’attigua mia ditta individuale di movimento
terra. Tramite l’associazione Antiracket abbiamo avviato in Prefettura le pratiche per l’accesso ai fondi di solidarietà per le vittime della mafia che prevedono
l’erogazione delle somme entro 180 giorni. Noi attendiamo da 4 anni e mezzo e una settimana fa l’amministratore giudiziario ci ha dichiarati falliti. In attesa dei soldi, infatti, mi sono impegnato con le banche e per fare andare avanti l’attività ho contratto debiti per 500 mila euro, la somma che ci avrebbero dovuto
risarcire».
L'Associazione Castello Libero e il presidio di Libera "P. Mattarella" di Castellammare del Golfo hanno espresso piena solidarietà ai lavoratori della Ditta Celso s.r.l. e ai loro amministratori, "vittime della lentezza della burocrazia che non ha permesso una rapida applicazione delle misure previste dalla legislazione vigente in materia di sostegno e aiuto alle vittime della mafia. Non è possibile che nella nostra terra, che si è da sempre contraddistinta per la forte presenza della criminalità mafiosa, lo stato si permetta di fare errori del genere che consentono di far trasparire il messaggio che denunciare non conviene. Auspichiamo l'intervento del Ministero degli Interni che, avocando il procedimento alla Prefettura, ponga una soluzione definitiva a tale spiacevole vicenda".
«Va rilevato - hanno detto Sebastiano Vilardi e Diego Ponzo presidenti dell’associazione Antiracket di Alcamo e Castellammare - che i Parisi hanno a suo tempo denunciato una richiesta estorsiva e una ditta che non ha più voluto una loro fornitura facendo scattare degli arresti. La ditta denunciata fu condannata dal gip per associazione mafiosa. La Prefettura ha, per noi, responsabilità oggettive nella mancata concessione dei fondi».
Vincenzo Lucchese, ex presidente dell’associazione Antiracket di Alcamo, ha chiesto la nomina di una «Commissione super partes che esamini la pratica della ditta Celso e dica se si poteva evadere prima o se vi sono problemi ostativi e quali»