Conservo la preziosa annotazione di Benedetto XVI al convegno ecclesiale di Verona, sei anni fa: “Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è della Chiesa, in quanto tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini, sotto propria responsabilità”. Il ruolo del laico, nella Chiesa. Non nuovo, già scritto anche in sede conciliare, tuttavia ribadito. Quindi, anche contraddetto. Accadde di constatarlo, all’epoca, dal presidente Romano Prodi, in fatto di proposta di legge, introdotta con Rosy Bindi, ministro della Repubblica, in tema di riconoscimento dei diritti civili ai componenti la coppia di fatto. Non a offuscamento del valore proprio del matrimonio, art. 29 della Costituzione, ma in concomitanza a difformi situazioni di vita. Fu altolocato diniego. In tema di biotestamento, tema drammatizzato dalla penosa vicenda di Eluana, l’atteggiamento dell’ufficialità di Chiesa sembra, al momento, tutto derivabile dal pronunciamento ufficiale (Corriere della sera, 9 febbraio 2009) dell’arcivescovo di Firenze, ora cardinale, Giuseppe Betori: “La Chiesa ha il dovere di dire la verità, non il falso. La vita ci è data, non è disponibile; non possiamo determinare la vita stessa. E’ segno della crisi del nostro tempo mascherare di diritti ciò che è solo desiderio”. Ne è derivato, di fatto, un taglio reciso all’iniziale intendimento di consenso, previsto in un disegno di corresponsabilità in situazioni di vita diventate irrimediabili. Dov’è, infatti, il punto che separa in modo netto le opinioni? E’ esattamente sulla “proprietà della vita”. “La vita è mia e la gestisco io”, come cantavano le femministe degli anni Settanta? Oppure la vita è un dono di Dio e gli individui ne hanno per così dire solo un comodato d’uso? Nel testo ora “giacente” alla Camera, la legge risulta “decapitata”. Un quesito, nel solco dell’eternità, riguarda l’ipotesi che il Centro per le Scienze religiose possa introdurre, in estesa dimensione, una linea compositiva. Nel frattempo, occorrerebbe sottolineare anche altro. Nell’anno 1990, Chiesa cattolica d’Austria e autorità della Chiesa protestante hanno stabilito un raccordo, una formula testamentaria, con estesa seguente applicazione presso i fedeli.
Un formulario di testamento biologico, “in situazione critica irrecuperabile”, è stato approvato, nel 1986, dall’episcopato spagnolo. Ma l’Italia, all’occorrenza, è un fortilizio. Si potrebbe tornare, nel frattempo, a Verona. Nel dettaglio, non da poco: quale dettagliato limite impositivo, nel linguaggio ufficiale di Chiesa, inoltrato in sede politica, potrebbe derivare dal tema dei valori “non negoziabili”? Quale “obbligatorietà” per il legislatore, già incoraggiato dall’incitamento di Benedetto XVI? Quale, quindi, lo spazio di responsabilità? Accade di dire che, per il politico ispirato, “negoziare” non significa rinunciare a valori, né comprometterli, ma investirli. Nella parabola dei talenti, l’unico servo punito è quello che, non ritenendo “negoziabile” il suo talento, lo sotterra. Pare che alla Chiesa, oggi, sia richiesto un supplemento di sguardo, più che un ribadimento dottrinale. Tutto questo, forse, potrebbe essere inserito presso le alte frontiere della scienza.
Osservazioni dal pianoterra, beninteso.
Giorgio Grigolli in “vita trentina” del 11 marzo 2012 - www.chiesavaldesetrapani.com