Avevano il silenzio attorno. A un passo. Pio La Torre, nel partito al quale ha dedicato tutto se stesso. Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa nella sua Arma, lui che si pregiava di avere «gli alamari cuciti sulla pelle». Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in quel Tribunale popolato da giudici infidi.
Vite scivolate in un cupo isolamento pubblico e istituzionale. Fino agli agguati, alle bombe.
Un racconto collettivo scritto da Attilio Bolzoni, giornalista tra i più colti e sensibili, che ha memoria diretta di tutti e quattro i protagonisti e che da Palermo ha spiegato per decenni all'Italia personaggi e retroscena, misteri e drammi pubblici della Sicilia insanguinata e mai rassegnata. Uno specialissimo libro di storia. Una lunga cronaca che sprigiona emozioni da ogni pagina: «Li ho visti da vivi e li ho visti da morti. Ho conosciuto molti dei personaggi che hanno incrociato le loro esistenze tormentate, i pochi amici, i tanti nemici, il branco degli indifferenti.
Prima di iniziare a scrivere, ho raccolto vecchie istruttorie e qualche sentenza. Ma poi ho provato un disagio profondo a leggere sempre gli stessi nomi, gli stessi mandanti delitto dopo delitto e strage dopo strage. Non sono arrivato in fondo. Non ce l'ho fatta. Sapevo già come finiva la storia di questi uomini soli.»
Attilio Bolzoni giornalista di «Repubblica», scrive di mafie dalla fine degli Anni Settanta. Ha pubblicato con Giuseppe D'Avanzo La giustizia è cosa nostra (Mondadori, 1995), Rostagno: un delitto tra amici (Mondadori, 1996), Il capo dei capi (Bur-Rizzoli, 2007). E con Saverio Lodato C'era una volta la lotta alla mafia (Garzanti, 1998). Ha scritto anche: Parole d'onore (Bur-Rizzoli, 2008) e Faq Mafia (Bompiani, 2010). Nel 2009 ha ricevuto il premio “È giornalismo”.