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15/04/2012 07:50:54

La vittoria degli sconfitti

  E la stupidità del potere si vedrà anche nel comportamento di Caifa, il sommo sacerdote. Il detentore della massima carica spirituale penserà, eliminando Gesù, di aver allontanato definitivamente ogni pericolo per l’istituzione religiosa, messa in crisi dall’insegnamento e dalla vita dell’uomo di Nazareth. La denuncia di Gesù nei confronti delle autorità religiose è infatti ancora più grave di quella di Giovanni a Erode. Il Battista accusava il re di condotta illegale. Gesù accusa i capi religiosi di essere assassini e menzogneri come il loro padre, il diavolo: “Voi avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44). Per Gesù le autorità religiose sono come il loro padre, il diavolo, ingannatori e omicidi, perché da sempre hanno sacrificato gli uomini al proprio interesse, al proprio onore, al proprio prestigio e, fatto ancora più grave, hanno mascherato il loro interesse dietro la dottrina. La denuncia di Gesù è grave: il sistema religioso, che pretende di governare il popolo in nome di Dio, non è altro che menzogna e crimine istituzionalizzato. Tutti quelli che si identificano con questa istituzione si rendono complici di questo inganno omicida. È troppo. E Caifa decide che è venuto il momento di ammazzare Gesù. Ai capi religiosi che Gesù sia il messia, il figlio di Dio, non interessa. Altro è il loro dio. La divinità alla quale essi si sono prostituiti si chiama mammona, ovvero la convenienza. Tutto quel che le autorità religiose fanno e dicono è in funzione del loro tornaconto. Da parte dei sommi sacerdoti non c’è nessuna ricerca della verità ma l’imposizione della menzogna. Per questo vanno alla ricerca di falsi testimoni, gente che pur di assecondare e compiacere i detentori del potere, è disposta con le sue menzogne a trasgredire la Legge di Dio. Qualunque mezzo, pur ingiusto che sia, è lecito, pur di mettere al sicuro il proprio potere. La falsa testimonianza, calunnia con la quale si mandava qualcuno a morire, era considerata un crimine talmente grave da essere elencata nel decalogo (Es 20,16). I sommi sacerdoti, cultori e difensori della Legge data da Dio, sono in realtà i primi a non tenerne conto quando essa va contro i loro interessi. Coloro che sono ossessionati dalle norme di purità rituale, non si rendono conto dell’impurità che risiede nel loro cuore (“dal cuore, infatti, vengono… le false testimonianze”, Mt 15,19). Tutto è in funzione della convenienza, indipendentemente se questa si risolva in un bene o in un male per l’uomo. Se un’azione, anche delittuosa, si risolve a loro vantaggio, si fa. E Caifa, per convincere il sinedrio a eliminare Gesù, fa leva sulla parola infallibile: “ci conviene…” (Gv 11,50). Gesù non è morto perché questa fosse la volontà di Dio, ma perché era la convenienza della casta sacerdotale al potere: “Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!” (Mt 21,38). E ammazzano il cristo, ma non facendolo lapidare, secondo il codice ebraico, o decapitare, secondo il codice romano, ma facendolo crocifiggere. Per Gesù scelgono una tortura lenta, che conduce alla morte attraverso atroci sofferenze, la pena riservata ai maledetti da Dio (“Maledetto chiunque è appeso ad un legno” , Gal 3,13; cfr. Dt 21,23), perché il loro intento è quello di non farne un martire: come avete potuto credere che quest’uomo fosse il figlio di Dio? Ma come avete potuto pensare che fosse il messia? Guardate che fine ha fatto: è appeso al supplizio dei maledetti da Dio. Le autorità religiose, però, si sbagliavano. Pensavano di aver soffocato definitivamente la voce del cristo e distrutto il suo messaggio, invece l’hanno amplificato. La morte di Gesù, infatti, moltiplicò e potenziò ancor di più la sua presenza e la sua voce: se in vita Gesù era limitato dalla sua condizione umana che non gli permetteva di essere ovunque, con la sua morte il suo Spirito si effuse ovunque. Di fronte al dilagare inarrestabile della predicazione degli apostoli, saranno inutili minacce e proibizioni, come dovranno constatare desolati il sommo sacerdote e l’intero sinedrio: “Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina” (At 5,28). A questo punto il potere potrebbe cambiare strategia. Visto che minacce e assassinii sono inutili, e anziché arrestare il fenomeno lo rafforzano, dovrebbe adottare altre tattiche di repressione. Ma non può. Non può perché il potere è stupido, e lo stupido non corregge mai i suoi comportamenti. Anche se alla fine questi si risolvono a suo danno, continuerà a perpetrare la sua azione di repressione e di morte, finendo per fortificare quel che vuole eliminare, perché, come aveva risposto Gesù ai farisei che volevano far tacere i suoi discepoli, “Se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19,40). La forza della vita e della verità riesce comunque a farsi strada e a fiorire in forme nuove, molteplici, inedite. È fallimentare opporsi alla vita. È come se le tenebre volessero opporsi alla luce: questa avrà sempre la meglio (Gv 1,5). Ma i potenti non cambiano, “testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie”, oppongono “sempre resistenza allo Spirito santo” (At 7,51), come denuncerà Stefano, il primo discepolo di Gesù che sarà assassinato. Lui, uomo dello Spirito, denuncerà i capi dicendo: “Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata” (At 7,52-53). E anche Stefano viene assassinato. Un’altra voce scomoda, che aveva osato denunciare il tempio e “sovvertire le usanze che Mosè ci ha tramandato” (At 6,14), viene eliminata. Ma effetto della sua morte e della violenta persecuzione che si scatenerà contro la chiesa di Gerusalemme, sarà la dispersione dei discepoli nelle regioni della Giudea e della Samaria, dove il messaggio della buona notizia, finora ristretto dentro le mura di Gerusalemme, si diffonderà e moltiplicherà (At 8,4). Ancora oggi il potere continua pertinace a soffocare nel sangue ogni voce contraria alla menzogna imposta come verità; ma è sempre viva in noi una speranza, quella speranza che trae la sua linfa da colui che pochi istanti prima di essere arrestato e assassinato dichiarò ai suoi: “Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33). Non è una promessa per il futuro (vincerò), ma una constatazione nel presente (ho vinto). Chi si pone a fianco della vita sarà sempre vincitore della morte, chi si schiera con la verità avrà sempre la meglio sulla menzogna, chi si lascerà guidare dalla luce, orientando la propria vita per il bene dell’uomo, vincerà sempre sulle tenebre, perché la luce non combatte contro le tenebre, la luce brilla nelle tenebre. Certo, Gesù dice queste parole e dopo qualche ora sarà arrestato, condannato e ammazzato, ma non sarà lui ad essere sconfitto. Sarà sconfitto il potere, saranno sconfitte le tenebre, sarà sconfitto il male. Così Gesù ci rassicura e ci dà coraggio: se abbiamo messo il bene degli altri come valore principale della nostra esistenza, noi siamo già vincitori. Scriveva Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura 1972: «…Tutta la nostra vita non è altro che speranza, siamo sempre in una valle di speranza, non possiamo uscirne; evidentemente Dio vuole averci». (H. Böll, Croce senza amore)     Violairis - Pasqua 2012 - www.chiesavaldesetrapani.com