Ad esprimersi così, all'indomani delle dimissioni di Vittorio Sgarbi da sindaco di Salemi, fu Oliviero Toscani in una intervista ad un quotidiano nazionale. Per circa un anno era stato assessore alla Creatività della giunta del critico ferrarese. Aveva convissuto politicamente, e non solo, senza battere ciglio con l’intero entourage della potente macchina di potere dell’ex deputato democristiano Pino Giammarinaro. Collaborando in giunta con i suoi fedelissimi: il vicesindaco Nino Scalisi, da sempre e notoriamente l’alter ego di Giammarinaro e il cognato Angelo Calistro. Tutto alla luce del sole. Con atti, documenti e filmati. Avrebbe in seguito ripetuto Sgarbi in ogni occasione. Argomentazioni, per certi versi, condivisibili. Se si pensa che si tratta di personaggi sempre presenti sulla scena politica cittadina e sempre rimasti indisturbati. A cominciare dallo stesso Giammarinaro. Dominus incontrastato per oltre un trentennio nella sanità pubblica trapanese e di riflesso in quella politica in quanto detentore di un cospicuo pacchetto di voti in grado di fare eleggere deputati regionali e nazionali e consiglieri comunali e provinciali. E quindi, ha buon gioco Sgarbi quando sostiene, certamente strumentalmente, che non di mafia si tratta, ma di politica. E infatti, eccolo pronto all’invettiva! Altro che infiltrazioni mafiose, aveva rinfacciato al suo ex amico tacciandolo anche di razzismo! Insinuando “non avendo ottenuto quello che voleva a Salemi, con le sue richieste di finanziamento, ha chiamato mafia quello che a Lucca avrebbe chiamato patto di stabilità. Il suo è un problema linguistico, che rivela un sostanziale razzismo”. Ma per il fotografo le infiltrazioni c'erano e “non si poteva fare nulla senza parlare con questo e con quello, senza chiedere permesso, senza passare da un'infernale macchina burocratica che è mafia”. Come sono andate le cose, ormai è noto a tutti. Dopo le dimissioni di Sgarbi, c’è stato lo scioglimento del Comune di Salemi per infiltrazioni mafiose. Fino alla sentenza di alcuni giorni emessa dal Tribunale di Marsala che ha dichiarato Vittorio Sgarbi "incandidabile" in vista delle prossime elezioni amministrative. Suscitando l’immediata e indispettita reazione da parte del critico d'arte. Lui non ci sta. E si candida ugualmente affermando che “questa è solo la sentenza di primo grado e ce ne sono altre tre, l'appello, la cassazione e la Corte di Strasburgo". E così dopo l’avventura consumata sulle amene colline salemitane, il ferrarese, invece di risalire lo stivale per ritornare nella nebbiosa sua terra nativa, ha scelto un altrettanto ridente paesaggio. Stavolta marino. Approdando sul litorale della cittadina della Mandralisca, per candidarsi a sindaco di Cefalù. A capo di una formazione politica, goliardicamente battezzata “Partito della Rivoluzione”, promette di innalzarla ai vertici del turismo isolano. Avrebbe dovuto essere fiancheggiato da una terza lista allusivamente denominata ''Concorso esterno'', Non se n’è fatto più nulla. Sembra per vizi di forma. E la sentenza di Marsala?"Intanto mi candido e se verrò eletto farò il sindaco, poi quando verrà emessa la sentenza definitiva ne riparleremo". Ha chiosato. E poco importa se nei giorni precedenti ci siano state polemiche sulla presenza inquietante di tale Giuseppe Farinella, cugino di un pregiudicato per mafia,detto “Oro colato”, famoso imprenditore della zona originario di San Mauro Castelverde. E poco conta se sulla vicenda sia intervenuta anche Sonia Alfano, eletta recentemente Presidente della Commissione CRIM (sul crimine organizzato, la corruzione e il riciclaggio di denaro) del Parlamento Europeo. Fra i due, fin dai tempi della campagna elettorale del 2008, ogni occasione è buona per innescare una polemica al calor bianco. A. “Era ovvio”- ha sottolineato l’Alfano- “ che Vittorio Sgarbi non potesse candidarsi a sindaco di Cefalù dopo quanto accaduto a Salemi, cittadina abbandonata nelle mani della mafia da un sindaco assente e con frequentazioni a dir poco ambigue. Ricordo anche che Sgarbi ha spesso lanciato assurde invettive sull’inesistenza della mafia, affermando che i familiari delle vittime innocenti la stessero utilizzando come pretesto per i propri interessi”. A cui l’ex sindaco di Salemi ha subito controbattuto dicendo che “la Alfano dimentica che l’unico elemento su cui poggia lo scioglimento di Salemi non è in fatti criminosi ma nelle dichiarazioni di un pubblicitario come Oliviero Toscani che ha mentito nella sua ignoranza confondendo la giunta con la sala d’aspetto.” Ritornando alle vecchie accuse nei confronti del fotografo milanese. Ignoranti tutti, per Sgarbi. Anche il Tribunale di Marsala. Perché “la sentenza è un insieme di menzogne fondate sull’ignoranza, a partire della richiesta inesistente del ministro Cancellieri a cui è stato arbitrariamente attribuito di aver chiesto la mia incandidabilità con una sentenza ad personam, mentre la richiesta del ministro riguardava, per sua stessa ammissione, il solo consiglio comunale, senza nessun riferimento personale.” Si tratta di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 143 della legge 267 del 2000, testo unico sugli enti locali siciliani.Poco conta. Così come poco conta se il ministero dell’Interno abbia scritto che “il sindaco ha precise responsabilità per ritardi e inerzie nell’assegnazione e gestione dei beni confiscati, formazione degli atti fuori dalle sedi istituzionali, libera determinazione fortemente ostacolata, applicazione di facciata dei protocolli di legalità”. Si tratterebbe di un duro atto d’accusa in cui si descrive un’amministrazione controllata da un ex sorvegliato speciale, l’ex deputato regionale della Dc, l’andreottiano Pino Giammarinaro. Che il famoso rapporto investigativo dello scorso mese di maggio definiva “puparo e regista nemmeno tanto occulto” da costringere il questore di Trapani, Carmine Esposito, a chiedere al Tribunale l’applicazione di 5 anni di sorveglianza speciale, e il sequestro di beni per 30 milioni di euro. Stiamo parlando della ormai citatissima indagine “Salus Iniqua”. A cui seguì l’ispezione al Comune di Salemi, durata molti mesi e tutta l’attività amministrativa degli ultimi tre anni fu passata al setaccio. Al termine della quale fu prodotta una relazione presentata al Ministro Cancellieri e da questa infine fatta propria. Un corposo documento in cui si sostiene che “l’amministrazione, col sindaco e vicesindaco, non ha posto alcun argine al condizionamento esercitato dall’on. Giammarinaro”. E paradossalmente il Ministro sottolinea che “è il sindaco ad affermare la centralità della figura di Giammarinaro, anche a proposito della attribuzione di incarichi e nomine”. Citando un incontro pubblico, presenti il presidente del Consiglio e diversi consiglieri comunali nel corso del quale Vittorio Sgarbi precisò che qualsiasi rivendicazione politica, anche relativa a nuove nomine o concernente la gestione del quotidiano e delle dinamiche comunali, doveva essere discussa con Pino Giammarinaro. Una fonte oltre che attendibile, quindi, anche autorevole circa il “condizionamento” su l’attività amministrativa della giunta.
Le ripetute assenze di Sgarbi dal territorio del comune di Salemi hanno del resto reso possibile, se non addirittura agevolato, lo sviamento dell’attività amministrativa. Nel periodo preso in esame che va dal 2008 al maggio del 2011 è emerso che “molti dei componenti della compagine elettiva e dei dipendenti comunali abbiano precedenti penali e di polizia, tra l’altro per reati concernenti la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la turbativa d’asta in appalti nonché per reati associativi di tipo mafioso” . Sarebbero emersi elementi sintomatici che evidenziano una serie di cointeressenze, anche contrapposte (!), tra amministratori locali, apparato burocratico ed esponenti della criminalità organizzata. In modo particolare per quanto attiene al vicesindaco Antonella Favuzza “legata da stretti vincoli con noti e storici esponenti delle locali famiglie criminali..” che, come si legge in una nota dell’Arma dei Carabinieri, nell’esercizio del proprio mandato “non ha posto in essere alcun serio effettivo contrasto ai condizionamenti di Giammarinaro, ma ha invece perseguito, nel corso del proprio mandato, finalità volte ad incrementare i propri interessi economici, in ciò coadiuvata da soggetti con precedenti reati associativi e contigui alle cosche malavitose”. Ma anche il sindaco Sgarbi avrebbe permesso a Pino Giammarinaro di partecipare a riunioni di giunta (quelle che lui invece definisce “sala d’attesa”), senza che la di lui presenza venisse registrata. Ma registrata forse da qualche telecamera, diciamo noi. Risulterebbe inoltre che a casa dell’ex deputato qualche bilancio di previsione del Comune fosse stato portato da un consigliere comunale fidato. Ma, a conferma di quanto noi facilmente avevamo previsto in nostro precedente articolo, una delle cause scatenanti che ha prodotto il crollo del circo mediatico-amministrativo ci sarebbe stata la mancata assegnazione di quel famigerato fondo di 70 ettari confiscato al narcotrafficante mafioso Totò Miceli, uomo fidato del latitante Matteo Messina Denaro. “Una anomala gestione”, viene bollata nella relazione. Caratterizzata, si dice, da una protratta inerzia dell’amministrazione, oltre che dalle pressioni esercitate dall’onnipresente Giammarinaro. Il rapporto mette in risalto come quel fondo stesse per essere assegnato all’associazione di assistenza sanitaria Aias, dopo che Sgarbi aveva chiesto a un assessore: “Pino che ne pensa?”. L’ex onorevole non poteva che essere d’accordo per questa assegnazione. Il presidente dell’Aias, infatti, l’ingegnere Francesco Lo Trovato, risulta “ anche lui con interessi nella sanità e intrattenere rapporti di lavoro con Giammarinaro”. Ma gli aspetti di condizionamento e di illegalità dell’attività amministrativa sono molto più ampi e “risultano evidenti in una serie di condotte o procedimenti che hanno caratterizzato l’attività dell’ente locale quali la mancanza di controlli in materia di contributi statali, il mancato rispetto del protocollo di legalità nelle procedure d’appalto, dalla diffusa illegittimità delle procedure amministrative”. Non solo. Dall’atto ispettivo si evince che anche penetranti condizionamenti ci sono stati nella complessiva vicenda relativa all’erogazione di contributi economici in favore di persone giuridiche ed associazioni. Le elargizioni sarebbe state concesse con procedure arbitrarie in assenza di una qualsivoglia regolamentazione e di conseguenza non in linea di trasparenza e equanimità. Addirittura viene scritto che di “tali contributi e per un rilevante importo hanno anche beneficiato associazioni o persone riconducibili a soegetti contigui ad organizzazioni criminali”(sic). Mentre per quanto riguarda il sistema di aggiudicazioni degli appalti di lavori e di servizi, sebbene il Comune di Salemi avesse aderito al protocollo di legalità denominato “Carlo Alberto Dalla Chiesa”, i contenuti dello stesso non sono stati rispettati dalla giunta comunale. Per gli appalti, ad esempio, di importo superiore a 250.000 euro non sono state richieste le informazioni antimafia alla competente prefettura. Stessa lacuna per i lavori di restauro del palazzo municipale. Diffusa illegalità anche nelle procedure dell’erogazione dei contributi da parte dell’apposita commissione del terremoto. Questo organismo ha concesso, nel periodo di Sgarbi, un ammontare di 3.700.000 euro. Deve essere presieduto per legge dal sindaco pro-tempore o da un suo delegato. E’ su questa figura che gli ispettori hanno rivolto la loro attenzione. In questi tre anni la delega sindacale a diversi soggetti, spesso estranei all’amministrazione. Il giudizio dei commissari è impietoso. Essi sono stati scelti “senza un verifica di un seppur minimo possesso di requisiti di professionalità, nei confronti dei quali sono state riscontrate frequentazioni con soggetti contigui ad ambienti mafiosi” Ma il giudizio negativo investe anche per alcuni componenti della Commissione di cui sarebbero emerse “ripetute situazioni di conflitto d’interesse e cointeressenza”. Sui debiti fuori bilancio infine, a partire dal mese di luglio 2008, i commissari hanno accertato “una ripetuta serie di impegni di spesa per forniture di beni e servizi in violazione delle norme contabili”. Intano la lunga marcia di Vittorio Sgarbi continua a Cefalù. A due settimane dall’elezioni nella città tirrenica si parla di campagna elettorale inquinata e di consultazione che potrebbe risultare inficiata. Naturalmente sono i suoi gli avversari a denunciarlo. Ma egli e non ha esitato ad annunciare un ricorso, all’indomani delle elezioni, nel caso non fosse eletto, proprio “per inquinamento del voto”. Perché, chiudendo un suo comizio ha gridato in Piazza Duomo di essere “assolutamente immacolato”. Ai piedi del Santuario di Gibilmanna. Memore forse dei versi popolareschi, erroneamente attribuiti a Petru Fudduni : "Unni viditi muntagni di issu/ chissa è Salemi, passatici arrassu/ sunnu nimici di lu crucifissu / e amici di lu Satanassu". (Dove vedete montagne di gesso stateci lontano, non sono amici del Crocifisso ma amici di Satanasso), chissà quante volte avrà maledetto quella domenica di scirocco di in aprile del 2008. Fu il primo giorno della sua avventura salemitana. Si aggirava, chiome al vento, per le vie di Salemi in compagnia di una signora, in seguito sua assessora. Licenziata, di li a poco, con un irriguardoso epiteto, ma giusto in tempo per essere citata nel rapporto di scioglimento.
Franco Lo Re