È semplicistico, sostiene Cavadi, spiegare la consonanza Chiesa-Lega con la categoria dell’ipocrisia elettoralistica («i leghisti non sono cattolici, sanno di non esserlo, ma fingono per avere un vantaggio elettorale») o con l’equivoco «in buona fede» di chi è incapace «di afferrare davvero la mentalità cattolica e la sua incarnazione storico-istituzionale». Ed è errato anche considerarla un «fidanzamento di interesse». La questione è più profonda della «mera ricerca del potere in sé». C’è la «convinzione sincera, autentica e radicata che la Chiesa cattolica sia depositaria della verità integrale sull’uomo, sul cosmo e sulla storia e che abbia il dovere (prima ancora che il diritto) di “convertire” alla propria dottrina, alla propria etica, alla propria organizzazione gerarchica e alla propria “pastorale” l’intera umanità». E di fronte a un fine così elevato, «ogni mezzo risulta secondario, redimibile, legittimato, santificato». È il «paradosso di una Chiesa cattolica che ritiene di poter negoziare con qualsiasi potere mondano in vista di una prospettiva sovramondana», perché «chi è convinto di avere le chiavi del paradiso, qui in terra, nell’aldilà o in entrambi i regni, non va per il sottile». E sposa anche la Lega, rischiando però di ripetere lo stesso errore già commesso con il «fascismo» e con la «mafia»: fare, «con sistemi in sé aberranti e di cui le gerarchie cattoliche vedono più o meno acutamente le deformazioni religiose e umane, un tratto di strada insieme per combattere nemici che sono o vengono erroneamente ritenuti molto più perniciosi», come il «comunismo» o il «laicismo».
I «valori non negoziabili» sono il nodo. O meglio quei valori che la Chiesa di Wojtyla-Ruini-Bagnasco-Ratzinger ha scelto come «non negoziabili»: la vita dal concepimento alla morte, la famiglia fondata sul matrimonio, la libertà di educazione, ovvero la scuola cattolica. Ma se, Vangelo alla mano, altri fossero i «valori non negoziabili – «l’agape divina, la tenerezza del Padre verso i deboli, l’accoglienza di chi versa nel bisogno», «la cura per la bellezza del creato, la resistenza caparbia ad ogni genere di violenza interpersonale e collettiva, l’equa distribuzione dei beni materiali», scrive Cavadi –, allora «gli Stati, i movimenti sociali, i partiti politici che enfatizzano l’egoismo individuale e di gruppo, il privilegio dei privilegiati, la sacralità dei confini, la liceità della guerra come mezzo per dirimere i conflitti, l’autonomia della sfera economica rispetto a qualsiasi parametro etico si guarderebbero bene dal chiedere la compagnia della Chiesa». E anche ai leghisti non resterebbe che il dio Po. (luca kocci)
da www.adistaonline.it