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09/05/2012 04:49:14

Cristiani senza chiesa: è possibile?

Il nostro lettore, già pentecostale, si sente oggi, come egli stesso scrive, «un cristiano “apolide” sotto il profilo della denominazione », vicino però al  cristianesimo luterano o comunque «in sintonia con la riforma luterana dal punto di vista dottrinale». Però a Isernia (Campobasso), dove vive, non c’è una comunità luterana, e quindi non gli è possibile, anche se lo desiderasse,  frequentare la chiesa alla quale oggi si sente spiritualmente più vicino. Alla domanda che egli pone rispondo  affermativamente: sì, è possibile essere cristiani senza frequentare alcuna chiesa. Questa risposta (che a qualcuno  sembrerà avventata o anche sbagliata) dev’essere illustrata con almeno tre ulteriori considerazioni.    1. Essere cristiani  significa credere in Cristo come Signore e Salvatore, confessare il suo nome, diffondere il suo insegnamento e il suo esempio, annunciare la sua morte salutare e la sua risurrezione, seguirlo e servirlo nella persona dei suoi «minimi  fratelli». Essere cristiani significa appartenere a Cristo, con il corpo e con l’anima, in vita e in morte. Cristo però non è mai solo: ha dei fratelli e delle sorelle che costituiscono la sua comunità. Li ha avuti quand’era tra noi, anche se poi, nel  momento decisivo, tutti, senza eccezioni, lo hanno abbandonato e «lasciato solo» (Giovanni 16, 32); e li ha oggi, sparsi per il mondo. Addirittura l’apostolo Paolo dice che i cristiani sono «il corpo di Cristo». Ai cristiani di Corinto  (benché tutt’altro che esemplari) dice: «Voi siete il corpo di Cristo, e membra di esso, ciascuno per parte sua» (I  Corinzi 12, 27). Ora, se essere cristiani significa appartenere a Cristo, la domanda diventa: Si può appartenere a Cristo  senza appartenere alla chiesa? Si può essere uniti al Capo senza essere uniti al corpo? Evidentemente no. La  comunione con Cristo comporta necessariamente la comunione con la sua comunità, i suoi fratelli e le sue sorelle  sparsi per il mondo. Difatti il nostro lettore non chiede se l’essere cristiani sia compatibile con il non appartenere ad  alcuna chiesa, ma se sia compatibile con il non frequentare alcuna chiesa. Appartenere e frequentare non sono la  stessa cosa. Il nostro lettore appartiene alla chiesa di Cristo, ma non frequenta, in questo momento, nessuna chiesa  storica. Come è possibile questo? È possibile perché la chiesa non è solo visibile, ma anche invisibile. Lutero, nella sua  diatriba con Erasmo, scrive in proposito: «La Chiesa di Dio, mio caro Erasmo, non è qualcosa di così comune come le  parole “Chiesa di Dio”, né i santi di Dio si incontrano tanto facilmente come le parole “santi di Dio”. Sono come perle e  nobili gemme, che lo Spirito non getta dinanzi ai porci [Matteo 7, 6], ma – come afferma la Scrittura – le conserva  nascoste, affinché l’empio non veda la gloria di Dio… La Chiesa è nascosta, i santi non sono evidenti» (abscondita est  ecclesia, latent sancti)1. Ora, se è vero che la chiesa è nascosta e i santi non sono evidenti, allora può darsi che un  cristiano non riesca a riconoscere in nessuna chiesa storica di cui è a conoscenza i tratti di quella «chiesa di Dio» che  egli forse cerca. Perciò non ne frequenta nessuna. Ma questo non significa che egli non sia membro di quella «chiesa  invisibile » costituita da tutti coloro che credono in Cristo, lo amano e lo servono. Chi appartiene a Cristo, appartiene  anche alla chiesa, quanto meno a quella invisibile. E si noti bene: non si appartiene a Cristo perché si appartiene alla chiesa, ma, al contrario, si appartiene alla chiesa perché si appartiene a Cristo; non si è uniti al Capo perché si è uniti al corpo, ma, al contrario, si è uniti al corpo perché si è uniti al Capo. A questo proposito è molto significativo che nelle due maggiori confessioni di fede della chiesa antica (nel Credo detto apostolico e in quello detto ecumenico, il Niceno- costantinopolitano) è ben presente anche la chiesa, il che significa che credere in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, sfocia spontaneamente nel «credere la chiesa». Dove c’è Dio, la sua Parola, il suo Spirito, lì c’è la chiesa, anche se dovessero essere solo due o tre persone riunite nel nome di Gesù. Alla luce di tutto  questo, la domanda diventa: è possibile appartenere alla chiesa invisibile senza appartenere a nessuna chiesa storica? Sì, è possibile. L’apostolo Pietro, ad esempio, indirizza la sua prima Lettera «agli eletti che vivono come forestieri  dispersi nel Ponto, nella Galazia, ecc.» (I Pietro 1, 1): c’è una comunità cristiana che vive insieme come fraternità in  Cristo, si incontra, celebra il culto, ed è quindi chiesa visibile; ma c’è anche la comunità dispersa, disseminata in luoghi  diversi e lontani, che non si può radunare regolarmente e quindi vive come diaspora, unita, sì, dai vincoli saldissimi della fede, della speranza e dell’amore, ma senza potersi incontrare e quindi senza potersi manifestare come chiesa  visibile. Molti cristiani nel I secolo e nel nostro tempo vivono la chiesa come diaspora, nella dispersione, nascosta in  Cristo, e proprio così sperimentano quella che il Credo chiama la «comunione dei santi», cioè dei credenti.             2. Non frequentare alcuna chiesa è compatibile con l’essere cristiani, ma è rischioso e non è consigliabile. E questo per  almeno due motivi. [a] Il primo è che la chiesa, con tutti i suoi difetti, limiti e infedeltà, è però la comunità che, nei  secoli, ci ha trasmesso l’Evangelo, le Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento e, con esse, la conoscenza di Dio così  come si è rivelato nella storia di Israele e in quella di Gesù di Nazareth, e quindi la possibilità stessa della fede  cristiana. Senza la chiesa non avremmo la Bibbia, quanto meno non il Nuovo Testamento, e quindi non sapremmo  nulla di Gesù e non saremmo cristiani. Lo stesso nostro lettore è cristiano perché ha ricevuto la fede all’interno di una  famiglia evangelizzata da una comunità pentecostale, ed è stato battezzato in una comunità pentecostale. Dove c’è fede cristiana c’è anche, in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, la chiesa. In questo senso siamo tutti,  come credenti, anche figli e figlie della chiesa. Certo, è la Parola di Dio, e non la chiesa, che genera la fede, ma la Parola  di Dio ci giunge attraverso la chiesa. Ecco perché Calvino, unico tra i Riformatori, non esita a parlare della chiesa come  «madre di tutti i fedeli». Egli dice testualmente: «Non è lecito separare queste due cose che Dio ha unito: che la Chiesa  sia madre di tutti coloro di cui Dio è Padre». E ancora: «Non c’è [per noi] nessun ingresso nella vita duratura  se non siamo concepiti nel grembo di questa madre, se essa non ci partorisce e non ci allatta con le sue mammelle»2. Insomma, se siamo cristiani oggi  dobbiamo certo ringraziare Dio, ma anche la chiesa. [b] In secondo luogo, non  siamo autosufficienti nella vita della fede. Abbiamo bisogno degli altri e forse gli altri hanno bisogno di noi. «La vita  dell’uomo sulla terra è una milizia » dice Giobbe (7, 1), e lo è anche – e quanto! – la vita della fede. È vero che  possiamo leggere la Bibbia, pregare, amare, testimoniare anche da soli. Ma la chiesa esiste anche per darci una mano  (quanto ne abbiamo bisogno!) a perseverare e crescere nella fede. La predicazione dell’Evangelo, la partecipazione al  culto domenicale, la condivisione della Cena del Signore, la preghiera e il canto comune lo scambio dei doni spirituali e  dei problemi quotidiani, il portare i pesi gli uni degli altri, e tante altre cose, sono altrettanti mezzi con i quali Dio ci  vuole aiutare nel nostro essere cristiani. Perché privarcene? Non potrebbe essere un atto di ingratitudine?   3. Esistono molte chiese storiche (anche se la «chiesa di Dio» è una sola), ma non esiste la chiesa ideale, quella che  forse tutti sogniamo. Le chiese storiche sono tutte approssimazioni, tentativi generosi, ma fallibili, di fedeltà all’unica «chiesa di Dio». Nessuna chiesa storica è perfetta, nessuna è «la vera chiesa» – sicuramente non lo è quella che  pretende di esserlo. Nessuna chiesa realizza la pienezza delle promesse di Dio, ma in ognuna si può trovare qualcosa di  buono. Tutte però sono manchevoli e hanno bisogno di una continua riforma. Le nostre piccole chiese sono nate da  una grande riforma, che però dev’essere continuamente rivissuta e anche proseguita. È dunque vero che si può essere  cristiani senza frequentare alcuna chiesa, ma è meglio frequentarla, sia per riceverne aiuto, sia per aiutarla nel suo difficile compito di essere portavoce e testimone di Dio nel nostro mondo, sia per portare il mondo in preghiera a  Dio.   Paolo Ricca - da 'Riforma' del 4 maggio 2012 - www.chiesavaldesetrapani.com   1. Martin Lutero, Il servo arbitrio, a cura di Fiorella De Michelis Pintacuda, Claudiana, Torino 1993, pp. 155 e 157.
2 Giovanni Calvino, Istituzione cristiana, libro IV, capitolo 1, paragrafi 1 e 4.