Le chiese, insomma (non le dirigenze, ma donne e gli uomini che delle chiese fanno parte) sono, si potrebbe dire, unite nella crisi, da essa coinvolte, in modi diversi, ma tutte assai a fondo. E che dicono, le chiese europee, sulla crisi? Quale messaggio lanciano ai milioni di donne e di uomini angosciati per il lavoro, la casa, i figli da mantenere? Quale posto ha, questa crisi maledetta e assassina, nell’agenda del movimento per l’unità della chiesa?
L’impressione è che le chiese parlino d’altro: di se stesse, di chi tra loro sia veramente chiesa «in senso proprio », e simili. Oppure dicono di difendere la vita: quella degli embrioni e quella di chi chiede la libertà di decidere come morire. La vita minacciata dalla fame, dai licenziamenti, dal tentativo di sfruttare la crisi per colpire i diritti di chi lavora sembra meno interessante. Le singole chiese sono concentrate altrove e di conseguenza lo è anche il movimento per l’unità. Forse è normale che sia così, che le chiese continuino a ritenere che le loro questioni di potere e gerarchie siano quelle decisive. Ma allora è anche normale che il loro parlare e il loro agire lasci completamente indifferenti le persone che ritengono, non credo a torto, che i loro problemi siano altri.
Fulvio Ferrario in “Riforma” - del 18 maggio 2012 - www.chiesavaldesetrapani.com