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19/05/2012 19:20:12

Veglia a Palermo per le vittime dell'omofobia

Sul piano storico si è chiamati sempre più a prendere atto che le persone con orientamento omosessuali o trans-sessuale sono una realtà. La dimensione del sommerso è vasta ma non se ne ha avuto sempre adeguata consapevolezza. Certamente non è negando questa realtà fatta di volti, di storie, di sofferenze, di desiderio di fiducia e di speranza, che si potrà trovare risposta a nuove e urgenti questioni. Chiedere di negare se stessi, i propri sentimenti, le proprie speranze, le proprie attese, di sotterrare la propria vita, non è quel che serve. Chiedere di non esistere, di rinunciare a realizzare la percezione più profonda di sé non è una strada che spunta. È una strada che porta nel vicolo cieco del dramma o all'esclusione. Vi sono delle mamme che intuiscono il travaglio dei propri figli e delle proprie figlie. Sono genitori che traboccano di amore per i propri figli. Sentono che quei figli attendono il momento adatto per parlare, per non nascondere se stessi. Ma si sentono costretti, spesso, a tenere conto del pregiudizio sociale o di un certo giudizio religioso. In questo contesto è difficile per dei genitori confidare a qualcuno: «Nostra figlia è lesbica». E negli stessi racconti di tanti ragazzi e ragazze sono impresse le spinte verso la "normalizzazione". Trovando la porta chiusa, non sono pochi coloro che rinunciano alla compagnia della fede, per non avere un problema in più da affrontare. E così, come i Magi, fanno «un'altra strada». Può, anche, accadere che una persona con orientamento omosessuale possa essere ben inserita in una parrocchia di qualsiasi diocesi della Sicilia: essere catechista, membro del consiglio pastorale o ministro straordinario della comunione. Potrà svolgere lodevolmente questi o altri ministeri ecclesiali. Ma se decide di condividere se stessa senza veli, se fa il passo di aprirsi davanti alla comunità, che pure ama, rivelando il proprio orientamento omosessuale, potrà, forse, sentirsi dire che non era necessario parlare, che non è bene parlare. Dunque, che fare? Al centro dell'azione pastorale, di fronte alle nuove questioni, non si dovrebbe puntare, più di ogni altra cosa, alla formazione alla responsabilità, all'amore e alla fedeltà? La scelta della Chiesa palermitana di aprire le proprie porte, per la preghiera,è un segno che può far sperare.

- ROSARIO GIUE'

da 'Repubblica' del 17 maggio 2012