Ora, questo è sorprendente, perché la partecipazione di Gesù al battesimo di Giovanni il battista colloca storicamente Gesù proprio all'interno di quella fondamentale questione. Sicuramente, il Gesù storico aveva anch'egli seri dubbi sui meccanismi della remissione dei peccati adottati dalle istituzioni religiose ufficiali e rifiutava i riti di espiazione del Tempio. Ma, per il redattore dell’evangelo, i termini concreti del dibattito intra-giudaico dei tempi di Gesù non hanno più interesse. Egli ha ormai totalmente reinterpretato a suo modo l'evento del battesimo di Gesù da parte del Battista (cfr. 3, 27 sgg.) Certo, egli sa che il battesimo battista aveva a che fare con la remissione dei peccati. Ma il suo problema è quello di difendere la superiorità della funzione di Gesù. In sostanza, al redattore dell’evangelo interessa chiarire perché le comunità giovannee del suo tempo dovessero rifiutare sia il battesimo di Giovanni sia altri riti ebraici relativi al perdono dei peccati e alla connessa purificazione. Per questo, il Gesù di Giovanni dice che i suoi discepoli sono stati purificati mediante la sua parola. È la parola creatrice, il logos che abita nella carne stessa di Gesù, che purifica. Non c'è bisogno di riti di purificazione in acqua.
Questo permette di avanzare l’ipotesi che la redazione del quarto evangelo supponga una prima fase in cui Gesù e i suoi discepoli aderiscono alla teoria battista per la quale i riti del tempio non purificano e non tolgono i peccati, con la conseguente necessità di un rito alternativo. L’evangelo ci dice - esso solo rispetto ai sinottici - che Gesù battezzava, e appare anche una concorrenza tra seguaci di Gesù e seguaci del Battista (cfr.3,26). Il che significa che il redattore del quarto evangelo presuppone implicitamente un periodo battista del movimento di Gesù. Egli lo menziona perché non può farne a meno. Quello che egli però vuole mettere in chiaro è che quel fatto (che cioè i seguaci di Gesù avevano praticato il battesimo battista), storicamente indubitabile per lui e i suoi lettori, ha un significato diverso da quello che alcuni vorrebbero dargli. Il redattore si affretta, infatti, a precisare che non Gesù in persona, ma i discepoli battezzavano (cfr.4,2). È abbastanza probabile, quindi, che i primi seguaci di Gesù, all'inizio credessero che l'acqua del battesimo purificasse il corpo. Nel rito battesimale, infatti, il Battista richiedeva un’immersione in acqua per la purificazione del corpo, nonostante la remissione dei peccati fosse già avvenuta per atti di giustizia riparatori. Questa visione, che spiega le concezioni del Battista e consente di delineare una prima fase della storia del cristianesimo primitivo, sembra del tutto superata e accantonata dal redattore dell’evangelo, per il quale la purificazione avviene non con riti di immersione, ma soltanto mediante la parola di Gesù (15,3). Non il battesimo battista, dunque, ma la rinascita giovannea purifica dal peccato (cfr. 3,5).
Avremmo, perciò, così, testimonianza di una fase del cristianesimo nascente, in cui la purificazione corporea da quella contaminazione, che si pensa sia conseguenza di atti di trasgressione, è ritenuta necessaria e possibile (nonostante il perdono dei peccati non avvenga mediante immersione) attraverso un rito di immersione battesimale. La conferma dell'esistenza di questa fase, o almeno la plausibilità di essa, potrebbe venire da Atti 19,1-7 dove si dice esplicitamente che alcuni «discepoli» ad Efeso conoscessero solo un battesimo in acqua. La concezione espressa dall’evangelo secondo Giovanni continua ad affermare la necessità della purificazione, ma ritiene che la purificazione possa avvenire solo mediante l'accoglienza della parola di Gesù.
Del resto lo stesso Gesù non credeva nei riti religiosi, anzi ha fortemente lottato contro di essi (cfr. Mc 7, 1–23). I riti di purificazione per Gesù non servivano a nulla, costituivano una falsa religiosità, perché ciò che importa, per Gesù, non è quello che da fuori entra nell’uomo, ma quello che esce dal cuore e nel cuore non esistono rituali. Un rituale, inoltre, di per sé non rende migliori le persone. Il rituale non è uno strumento che produce un effetto automatico. Questa è una concezione magica, e Gesù lo ha capito e lo ha coraggiosamente denunciato. Gesù fu un laico, non fu un prete, un funzionario, un amministratore di rituali. Per di più, la concezione fondamentale di Gesù è che il centro della religiosità non si trova nei riti religiosi, ma nel comportamento etico, un comportamento etico orientato verso la misericordia, e questo perché il Dio di Gesù è il Dio dell’essere umano, della felicità umana, dei rapporti umani. Gesù ha presentato un Dio così umano che le sue preoccupazioni non erano propriamente religiose nel nostro senso, ma umane, e i racconti dei vangeli sono di un laicismo così radicale da rendere questo libro un libro unico nella storia delle tradizioni religiose di tutta l’umanità. Il Dio di Gesù non era il Dio del tempio, perché il Dio del tempio era il denaro, il nemico di Gesù. Il nemico aveva occupato il centro e continua a occupare il centro. Il Dio di Gesù era, invece, un Dio che si trovava nel profano, era il Dio del profano, ossia stava fuori dal fanum, dal tempio, mentre il Dio dei rituali è il Dio del fanum, che si trova nel fanum, nel sacro, perché il rituale sacralizza lo spazio, sacralizza il tempo, sacralizza gli oggetti, sacralizza le vesti.
Pertanto, possiamo affermare con tutta tranquillità che Gesù non ha fondato alcun rito religioso (e meno che mai una religione). Pur tuttavia, la pratica del battesimo fu considerata d’estrema importanza dai suoi seguaci. La prima notizia che abbiamo a questo riguardo è precedente alla stesura definitiva dei vangeli e risale alle lettere originali dell’apostolo Paolo, scritte all’incirca 15 anni dopo la morte di Gesù. Nella Lettera ai romani, ai capitoli 5 e 6, l’Apostolo spiega la salvezza portata dal cristo come soluzione alla perdizione causata dal peccato di Adamo. Egli elabora quindi una teologia che si traduce in un rituale: il battesimo. Paolo giustifica infatti il battesimo come soluzione, cioè come rituale per applicare, per integrare in ognuno la salvezza operata dalla morte del cristo. Di questo non c’è traccia nei vangeli (se non in Mc 16,16, versetto che però fa parte di un brano aggiunto molto posteriormente al primo evangelo); questa è un’argomentazione fatta da Paolo, il quale non conobbe Gesù. E questo costituisce davvero un problema, perché Paolo ha cambiato il cristianesimo.
Violairis - 15 giugno 2012 - www.chiesavaldesetrapani.com