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15/07/2012 15:28:29

Meditazione biblica: Filippo battezza l'eunuco

L'eunuco, rivolto a Filippo, gli disse: «Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di sé stesso, oppure di un altro?» Allora Filippo prese a parlare e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù. Filippo disse: «Se tu credi con tutto il cuore, è possibile». L'eunuco rispose: «Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio». Fece fermare il carro, e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco; e Filippo lo battezzò. Quando uscirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo; e l'eunuco,  continuando il suo viaggio tutto allegro, non lo vide più. Poi Filippo si ritrovò in Azot; e, proseguendo, evangelizzò tutte le città, finché giunse a Cesarea.

 Troviamo Filippo la prima volta al capitolo 6,5 del libro degli ‘Atti’, dove si riporta la sua elezione a diacono assieme a Stefano, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola. Di Stefano sappiamo come sia stato colpito dalla prima persecuzione scatenata contro i discepoli di Gesù, alla presenza e con l’assenso di Paolo, prima della sua conversione.

Il capitolo 8 è interamente dedicato a Filippo, che, fuggito da Gerusalemme, si reca in Samaria, dove predica il vangelo, scaccia dèmoni, guarisce ammalati, libera dalla idolatria. Si converte persino Simone il mago, che pure avrà avuto molto seguito fra il popolo. Gli apostoli, rimasti a Gerusalemme, stranamente non fatti oggetto di persecuzione, forse con l’artificio di qualche compromesso con i sacerdoti del tempio, venuti a conoscenza del successo evangelistico di Filippo, mandano Pietro e Giovanni in Samaria.  Questi convalidano l’opera di Filippo, imponendo le mani per comunicare il dono dello Spirito ai nuovi convertiti. Non solo, ma si aggregano a Filippo nell’opera della evangelizzazione.  Mi chiedo: Simone il mago s’era davvero convertito? Aveva ricevuto anche lui il dono dello Spirito? Al versetto 13 è detto che dopo essere stato battezzato, stava sempre con Filippo; e restava meravigliato, vedendo i miracoli e le opere potenti che venivano fatti. Sembra strano che ora chieda ai due apostoli di potere acquistare col suo denaro il dono di imporre le mani. Prontamente gli viene risposto che i doni di Dio non si acquistano col denaro, e questo pensiero da solo rivela quanto fosse lontano il suo cuore da Dio. Questi sono gli antefatti che precedono l’episodio oggetto della nostra riflessione domenicale.

Nel nostro racconto di oggi sembra che Filippo sia un automa in balìa di altre forze. Un angelo che lo indirizza: ‘Alzati e vai verso Gaza’. Lo Spirito incalza: ‘Avvicinati e raggiungi il carro’. Alla fine è lo Spirito del Signore che lo rapisce. Penso che questi riferimenti facciano parte di un genere letterario, per dirci che quello che Filippo fa è secondo la volontà di Dio. Avanzo un’ipotesi più umana e più razionale. Filippo si è trovato al tempio di Gerusalemme assieme all’eunuco, si sono conosciuti lì e hanno parlato della loro comune fede di ebrei praticanti. Filippo doveva scappare da Gerusalemme per sottrarsi alla incombente persecuzione, forse annunciata e minacciata proprio nel tempio che frequentava. Avrà saputo del viaggio di ritorno che doveva fare l’eunuco e avrà chiesto un passaggio – un carrostop. E proprio durante il viaggio emerge l’esigenza da parte dell’eunuco di capire cosa voglia dire il profeta Isaia.  Forse non è casuale che i loro discorsi cadano su un testo profetico di Isaia, forse al tempio già Filippo avrà manifestato la sua fede nel messia rivelatosi in Gesù, e forse per questo sarà stato fatto oggetto di ilarità e minacciato di morte, come Stefano.

 In tutte le religioni è fondamentale il rapporto che si  instaura con la divinità.  Perlopiù tale rapporto nasce come stato di sottomissione dell’uomo, consapevole della propria inferiorità e del proprio limite. Ecco allora svilupparsi in tutte le culture particolari forme di liturgia per presentarsi con devozione  e purificazione davanti a Dio e per ingraziarsi i suoi favori, necessari per il buon andamento della propria economia domestica, nonché per la salute della propria famiglia e del proprio bestiame. Anche il popolo ebraico sentiva tale problema, acuito dal forte senso di peccato, che lo allontanava da Dio, e che considerava la causa dei propri insuccessi sociali e militari.

L’istituzione e la prassi del sacerdozio, responsabile dei rapporti uomo-Dio, tendeva a risolvere tale problema, delegando a una particolare classe sociale ogni iniziativa tesa a placare la collera divina. E i sacerdoti presto diventano mediatori del sacro, proclamano leggi e dettano norme, impongono balzelli e pretendono la decima, immolano animali e profetizzano sul presente e sul futuro.

In diversi punti delle scritture ebraiche emerge il dubbio che tutta questa impalcatura provenga da Dio. Nel salmo 50 leggiamo: ‘Mangio forse carne di tori, o bevo forse sangue di capri?  Come sacrificio offri a Dio il ringraziamento’.

Isaia, nel testo che legge l’eunuco e che Filippo spiega, vede in anticipo una soluzione diversa, vede nel sacrificio del messia l’unica liturgia che possa rimettere a posto la precaria relazione fra l’uomo e Dio.  Con la morte di Gesù si conclude la vicenda  del sacerdozio ebraico, ora l’unico sacerdote è Gesù, l’unico sangue che ci redime è il suo.

Mi sono trovato a riflette buona parte di certe mie notti insonni sul fatto che nei vangeli sinottici il sacrificio della croce è presentato nell’ultima cena  come  connesso al perdono dei peccati.

Matteo 26:28 ... perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati.

Marco 14:24  Poi disse: questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti.

Luca 22:20 ...dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi.

E’ straordinaria la concordanza di questi testi!  Ma cosa vogliono dire? Una lettura superficiale risente di quanto abbiamo incamerato nel nostro profondo io, secondo una interpretazione poco razionale e poco attenta ai particolari. Forse che Dio ha richiesto un sacrificio umano, per giunta il sacrificio sulla croce  del suo amato Figlio, per accordarci il perdono? Mi rifiuto assolutamente di crederlo! Non è Dio a richiedere tale sacrificio umano, Dio è solo amore. Se dimentichiamo o non accettiamo che  Gesù è la manifestazione dello stesso Dio, non possiamo comprendere il significato di questa morte violenta che è diventata la nostra salvezza. In Gesù opera lo stesso Dio, che ci ama a tal punto da dare la propria vita per noi.  La croce diventa come un ponte che ci congiunge con Dio, riconosciuto come nostro Padre.

Da Isaia e poi dai vangeli e dalle lettere di Paolo emerge come essenziale questa prospettiva soteriologica, la salvezza ci viene dalla croce, cioè da Gesù che vi depose la propria vita. Tutta l’ecumene cristiana, divisa su tante questioni di fede e di dogmatica,  è concorde su questo punto. Non so come potremmo continuare a dirci cristiani se non accettassimo  questo dato di fatto. Gesù il Cristo è morto per noi, ora il nostro peccato è stato perdonato, possiamo accostarci a Dio, reclamando la nostra eredità di figli. Come dice il salmo 50, diamo a Dio come sacrificio il nostro ringraziamento.  Solo che razionalmente qualcosa non quadra, in che senso Gesù ci ha liberato dal peccato con la sua morte? Forse può aiutarci nella comprensione di questa verità biblica, una analisi più approfondita del concetto di peccato, peraltro totalmente assente nella nostra cultura laicizzata.

Ci tengo a parteciparvi una mia riflessione sul concetto di peccato. E comincio con dirvi che per me il peccato è una forma di scissione, anzi una vera frattura per l’essere umano. Scissione significa divisione, scomposizione, allontanamento. Così il peccato è la scissione che ci allontana da noi stessi, dagli altri, da Dio.  E ogni scissione comporta senz’altro conseguenze psicologiche, a volte anche neurologiche, in ogni caso conseguenze di relazioni alterate.

Il problema del mondo orientale, nella pratica del buddismo per esempio, è la presenza del dolore e della sofferenza, e ogni speculazione  filosofica e religiosa è tesa al superamento di questa condizione umana. La metempsicosi sembra rispondere a questa esigenza, col ciclo delle rinascite successive in corpi umani o animali, sempre diversi , in relazione col vissuto precedente.

Per noi occidentali il problema numero uno è la presenza del male, soprattutto nella sua forma etica. A questo tipo di male noi diamo il nome di peccato.  Così la scissione che ne deriva è il nostro male sociale e antropologico. Superare questa situazione significa ritrovare l’unità del nostro essere, ricomporre il nostro rapporto con gli altri e trovare la nostra pace con Dio.

C’entra tutto questo con la nostra fede?

Nella prima lettera ai Corinzi Paolo scrive: ‘se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati’. E allora una luce mi si è accesa: è la risurrezione di Gesù a fare da base per la nostra fede e per la certezza del superamento del nostro peccato/scissione.

Gesù è il volto del Padre che ci ama, il sangue del suo martirio è l’ultimo dono che ci fa, un dono che noi presentiamo a Dio come ringraziamento, eucarestia nel vero senso della parola. Gesù risorto è la garanzia della nostra fede: egli intercede per noi, ci garantisce il perdono del nostro stato confusionale provocato dal peccato/dal male/dalla scissione.

Ecco allora che Dio non è il truce sovrano che chiede sangue e vendetta, è invece il padre amoroso, la madre attenta, che si prende cura dei propri figli, discepoli spesso infedeli del proprio Figlio, ma sempre redenti dalla triste situazione che vive ogni uomo/donna per il suo stato di scissione, provocato dal male morale, che è il peccato.

Questo annuncia Filippo all’eunuco, che manifesta subito l’ardente desiderio di partecipare a questa forma di liberazione, chiedendo il battesimo. E Filippo scende nell’acqua assieme a lui. L’eunuco battezzato resta solo, Filippo va per la sua strada,il nostro testo dice che scompare.  L’eunuco porterà il vangelo che ha ricevuto presso la corte dove lavora, parteciperà la sua gioia ai vecchi amici. Da Gerusalemme torna ricco, Isaia diventa un testo chiaro. E questo dobbiamo fare anche noi: illuminare col nostro annuncio evangelico le tante letture che oggi si fanno sui libri, sui giornali, sul web.

L’ultima notizia che abbiamo del diacono Filippo la troviamo in Atti 21:8 Ripartiti il giorno dopo, giungemmo a Cesarea; ed entrati in casa di Filippo l'evangelista, che era uno dei sette, restammo da lui.

 

Secondo l’autore degli Atti è proprio Filippo il prototipo dell’evangelista, da imitare e da seguire. Amen.

 

Domenica 15 luglio 2012-07-08 -  Franco D’Amico- www.chiesavaldesetrapani.com