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11/10/2012 19:03:34

Concilio Vaticano II – 11 ottobre 1962

Scarpinato e Mogavero hanno offerto al pubblico, di fatto, una sintesi dell’ampia ed approfondita conversazione pubblicata su Micromega, e che occupa ben 22 pagine della rivista. Nino Fasullo, da giornalista che opera dentro quella difficile e complessa città che è Palermo, pur convenendo con Scarpinato che i mafiosi hanno sempre trovato qualche prete che li confessa e li assolve, ha voluto sottolineare che esiste anche una chiesa di frontiera, che ha scelto di stare con gli oppressi dei quartieri come don Puglisi, assassinato dalla mafia.  Lo storico Francesco Stabile, invitando a cercare di spiegare gli avvenimenti e i comportamenti collocandoli sempre nel loro contesto temporale e culturale, ha convenuto sulla difficoltà che la chiesa siciliana ha incontrato per prendere coscienza del pericolo costituito dalla mafia, tanto che soltanto nel 1982 troviamo un documento di condanna. Ma la strage di Ciaculli, dove morirono sette carabinieri, è del 1963.

Ma si discuteva di Chiesa cattolica e mafia  o del Concilio Vaticano II?  Sembra strano ma i due temi si intrecciano profondamente, poiché si tratta del rapporto tra chiesa cattolica e potere, potere politico, finanziario, delle mafie di tutti i tipi, delle dittature  che si autogiustificano con la “difesa della fede cristiana”.  Il tema di fondo del Concilio Vaticano II  fu un ripensamento profondo della chiesa, che avrebbe dovuto liberarsi dalla dimensione “costantiniana” ( cioè l’alleanza con l’Impero e poi con tutti i poteri successivi) e riscoprirsi come chiesa dei poveri, non più verticistica come gli Stati autoritari ma collegiale come le prime comunità cristiane. 

Domenico Mogavero, facendo riferimento a chi parla di una atmosfera di restaurazione all’interno della chiesa cattolica, ha detto: “vivo con grande sofferenza ciò che ci dà la sensazione di ritorni all’indietro” .  Quindi si è soffermato sul Concilio  operando un accostamento alla “primavera” araba che abbiamo vissuto in questi due anni e che ha aperto grandi speranze; anche il Concilio viene chiamato “primavera della chiesa”. Allora si è vissuta l’esperienza di una chiesa aperta a percepire l’aria all’intorno, ad incontrare un mondo che non era un nemico ma un interlocutore, poiché è in questo mondo che vive l’uomo, cui la chiesa si rivolge. Il Concilio, continua il vescovo, ci ha aperto orizzonti. “Riscoprendo la parola di Dio, ha riscoperto la libertà di parola al suo interno” , il rispetto per la diversità di pareri, senza che subito si parli di eresia. “Ha scoperto la forza potente del dialogo, nel nome della comune umanità. La chiesa ha scoperto se stessa in continua revisione e riforma, non più  società perfetta ma che cammina nel tempo. Una chiesa che non impone la fede”.  Queste prospettive, in cui abbiamo creduto noi cattolici, oggi le vedo in difficoltà. “Vedo chiusure, cautele, tentativi di tornare indietro e ciò lo soffro, perché vedo vanificato il “terremoto” provocato dal Concilio. Le parole dette dal Concilio nei confronti dell’ebraismo, dell’Islam, dei non credenti non sono state più dette”.

Mogavero ha concluso il suo intervento  denunciando come alcune frange estremiste all’interno della chiesa cattolica mettano in discussione il Concilio, che non accolgono anzi  condannano. Ma l’anno della fede, proclamato dal papa e che inizia proprio giorno 11 ottobre può essere una splendida occasione di recupero delle istanze di fondo del Concilio. “ Ho la speranza che il popolo di Dio comprenda quale rischio corriamo se offuschiamo il Concilio Vaticano II”.

Roberto Scarpinatoinizia il suo intervento con una constatazione: l’Italia è la sede del Vaticano. La chiesa cattolica è stata per secoli la più grande agenzia culturale ed educativa eppure l’Italia si distingue in Europa per un deprecabile primato nello stragismo, nelle mafie, nella corruzione. È inevitabile concludere che assistiamo al fallimento pedagogico della chiesa. Dopodiché il magistrato, ricco della sua più che ventennale esperienza con mafiosi, comunica la sua meraviglia quando, attraverso  i colloqui si rese conto che la religiosità ostentata dagli Aglieri, dai Santapaola, dai Provenzano e da tanti altri era una religiosità convinta. Si considerano cattolici osservanti e in pace con la propria coscienza. Ma come è possibile? “Ho conosciuto killer che dopo ogni omicidio si recavano in chiesa a chiedere perdono”.   Racconta che un capomafia  giustificava l’omicidio sostenendo che dopotutto anche la chiesa condanna a morte, come avvenne con Giordano Bruno; ma prima offre la possibilità di redimersi; e così fanno loro mafiosi, offrono la possibilità di venire a patti e solo in extremis – come faceva la chiesa – condannano a morte. Quasi tutti i mafiosi trovano dei preti disposti a dir messa per loro, trovano confessori che li assolvono. Scarpinato non usa il termine “confessore” ma “mediatore culturale”. Dentro la chiesa cattolica, secondo lui, ognuno ha la possibilità di trovare il mediatore culturale adatto; c’è quello per i mafiosi, quello per chi combatte la mafia, quello per i “burocrati di Dio”.  Ma non possono far riferimento allo stesso Dio. Ognuno si costruisce il Dio che gli conviene. Di fatto questo è un vero e proprio politeismo. Che Dio era quello di dittatori feroci e cattolici, come Pinochet in Cile, Videla in Argentina, Franco in Spagna,  sostenuti esplicitamente dai papi, benché perfettamente informati dei loro crimini e genocidi?  Vi è una distorsione della coscienza e una assenza radicale di comprensione del messaggio evangelico. E racconta un episodio, attestato da una sentenza di tribunale.  Il ministro Cirino Pomicino dovette sottoporsi ad un difficile intervento chirurgico al cuore. Egli racconta che prima di entrare in sala operatoria fece voto di devolvere 100 milioni (di lire) alla propria parrocchia. L’intervento andò bene. Allora si rivolse ad un imprenditore cui aveva fatto un favore  e gli disse “dovevi darmi  100 milioni di tangente, dalli alla mia parrocchia”. Impressionante è che l’uomo politico era convinto di aver così saldato il suo “voto”.   I mafiosi si sentono a posto con la chiesa anche perché sono perfettamente in linea con la sua predicazione in campo di etica della famiglia e morale sessuale. Per esempio, Buscetta non poteva entrare a far parte della “Commissione” ( il livello più alto di Cosa Nostra) perché conduceva una vita sessuale dissoluta. Ma anche nel campo dell’etica la chiesa pratica un evidente relativismo. Conclude Scarpinato: “La stagione del Vaticano II muore con l’omicidio di monsignor Romero. Viviamo una stagione di restaurazione”.

Gli interventi dei relatori hanno preso quasi tutto il tempo previsto  e gli interventi dal pubblico (molto attento e numeroso fino alla fine) sono stati pochi e brevi. Trovo opportuno ricordare quello del pastore della chiesa valdese di Trapani e Marsala, Alessandro Esposito, che ha proposto di riflettere su tre aspetti che hanno impedito al Concilio di maturare i suoi frutti, tre grandi rifiuti: a) rifiuto dell’umanesimo, b) rifiuto della riforma, c) rifiuto di criticare le derive estremiste e, prima ancora, l’istituzione che le asseconda e le legittima.

Questi tre grandi rifiuti sottendono lo stesso limite: l’incapacità di mettere in discussione il principio di autorità.  

  Giovanni Lombardo