Un nipote molto attento
Il testo lo troviamo in Genesi 19. Comincia col dire che Dio aveva sentito che i sodomiti commettevano peccato e decise quindi di inviare due messaggeri per verificare se era vero quello se si diceva (Gen. 18,32). Gli inviati da Dio “arrivarono a Sodoma al calar della sera, mentre Lot era seduto all’ingresso della città. Vedendoli, Lot si alzò, e facendo un profondo inchino disse loro: «Per favore, signori, venite a casa mia per passare la notte. Lì potrete riposare e, domattina presto, potrete riprendere il cammino»” (Gen. 19,1-2).
Lot era nipote di Abramo. Si era separato da suo zio tempo prima e viveva nella città di Sodoma, dove aveva prosperato e si era comperato una casa nella quale viveva con la sua famiglia. Solo lui ebbe la gentilezza di accostarsi ai forestieri che giungevano quel pomeriggio e offrir loro il suo alloggio. La maggior parte degli abitanti li ignorarono completamente.
In un primo momento i nuovi arrivati non accettarono l’invito e gli dissero: “«No, grazie, passeremo la notte nella piazza principale». Ma Lot insistette così tanto, che alla fine accettaro di andare con lui e di essere ospitati. Lot peparò loro la cena, ed essi la mangiarono” (Gen. 19,2-3).
Disposto a dare le proprie figlie
Ma, quella notte, quando i messaggeri divini si stavano disponendo per dormire, un grido che veniva dalla strada invase l’interno della casa. Lot guardò dalla finestra e rimase scioccato. “Tutti i sodomiti, vale a dire gli abitanti della città, si erano riuniti intorno all’abitazione. Era presente tutta la popolazione, senza eccezioni, dal più giovane al più vecchio. Cominciarono ad urlare a Lot: «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa sera? Falli uscire perchè vogliamo avere relazioni sessuali con loro »” (Gen. 19,4-5).
Lot non poteva permettere un tale oltraggio. I nuovi arrivati erano suoi ospiti. In preda alla disperazione cercò la soluzione estrema. Usciì dalla casa e disse loro “«Per favore, non commettete questa perversione. Ho due figlie che sono vergini. Ve le porterò affinchè facciate di loro ciò che volete. Ma non fate nulla a questi uomini, perchè sono miei ospiti». Ed essi risposero: «Spostati da lì. Non sei che un immigrato; vuoi forse diventare un giudice? Ti tratteremo peggio di loro ». E assalirono Lot per sfondare la porta” (Gen. 19,6-9).
L’incredulità dei futuri generi
I sodomiti stavano per colpire Lot, quando intervennero i messaggeri di Dio. “Lo fecero entrare in casa e chiusero la porta. Poi causarono la cecità a tutti coloro che erano all’esterno, giovani e vecchi, affinchè non trovassero la porta. Quindi dissero a Lot: «Fuggi dalla città con i tuoi figli, le tue figlie, e qualunque altro familiare che hai. Perchè la distruggeremo. Dio ha scoperto la colpa di questo popolo, e ci ha inviati a raderla al suolo »” (Gen. 19, 10-13).
Allora Lot comprese chi fossero i giovani che aveva ospitato: erano messaggeri divini. Chiamò dunque i suoi generi, alcuni giovani della città che si stavano sposando con le sue figlie e disse loro: “«Muoviamoci, usciamo da qui, perchè Dio sta per distruggere la città». Ma i generi pensarono che stesse scherzando”.
Il rifiuto dei suoi futuri generi cominciò a far dubitare anche Lot, che già non sapeva se credere o meno ai suoi ospiti. Quando cominciava ad albeggiare, Lot era ancora con le mani in mano, senza decidersi a fuggire. “I messaggeri si precipitarono verso di lui dicendo: «Andiamo, prendi tua moglie e le tue figlie affinchè non siano uccise quando castigheremo la città». ma, siccome Lot indugiava, gli uomini presero per mano lui, la sua sposa e le sue due figlie, e lo portarono fuori dalla città” (Gen. 19, 14- 16).
Vedovo a causa della curiosità
Mentre fuggivano, i messaggeri ordinarono a Lot: “«Non guardare indietro e non fermarti. Fuggi sulle montagne per non essere ucciso »”. Lot, vedendo che le sue forze non erano sufficienti, replicó: “«Non riuscirò a raggiungere le montagne. Qui vicino c’è una piccola città, chiamata Soar. Lasciate che mi rifugi laggiù». Essi risposero: «Va bene, però afrettati, perchè non potremo far nulla finchè non sarai giunto lì». Quando il sole spuntò, Lot entró in Soar. Allora Dio fece piovere dal cielo fuoco e zolfo sopra Sodoma e Gomorra. Così distrusse queste città e tutta la regione della pianura assieme ai suoi abitanti”.
Ma sul finale capita una tragedia. La moglie di Lot, sentendosi ormai sicura a Soar, non resistì alla curiosità e disubbedendo gli ordini degli angeli si voltò per vedere la distruzione. Venne immediatamente trasformata in una statua di sale. Con questo triste dettaglio, termina il racconto della distruzione di Sodoma e Gomorra.
E’ un fatto storico accaduto? Gli studiosi oggi ritengono si tratti di una leggenda che intendeva spiegare la strana topografia della regione. Infatti, Sodoma era situata a sud del Mar Morto. Questo è un luogo tetro e inospitale, geologicamente instabile, con continui terremoti e movimenti sismici (circa 200 terremoti all’anno). Il suolo è pieno di zolfo e catrame, altamente infiammabile.
Uno spesso strato di sale ricopre la superficie del luogo, impedendo qualsiasi forma di vita. Nei dintorni ci sono montagne e protuberante di sale, alcune delle quali assomiglianti a statue di sale dalle sembianze umane. Un paesaggio talmente desolato, in mezzo ad una terra tanto Santa, poteva essere stato causato solamente, pensavano gli ebrei, da qualche orribile peccato commesso dai suoi antichi abitanti. Così è nata la leggenda di Sodoma.
Tutti erano alla porta
Ma qual era il peccato che appare nella storia che abbiamo letto? Quasi tutti i lettori sostengono che è quello dell’omosessualità. Tuttavia, questo sarebbe solo uno dei tanti peccati, non l’unico. Perchè?
In primo luogo, perchè il testo dice che tutti gli abitanti di Sodoma (la parola ebrea enoshim, “abitanti”, allude tanto agli uomini quanto alle donne), parteciparono all’assalto della casa di Lot. Pertanto, l’aggressione agli ospiti non sembra essere stato un atto esclusivamente omosessuale. Erano presenti anche delle donne.
In seconda battuta, perchè il fatto che Lot si fosse offerto a dare le proprie figlie, indica che molti dei suoi vicini avessero interessi eterosessuali. In caso contrario, la sua offerta non avrebbe avuto senso. Le figlie di Lot erano promesse ad alcuni uomini di Sodoma, il che dimostra anche che non tutti i sodomiti avevano inclinazioni verso lo stesso sesso.
Ma l’argomento più importante contro il fatto che il peccato più serio commesso fosse quello dell’omosessualità è il fatto che, in tutta la Bibbia, molte volte viene menzionata Sodoma, ma nessun autore dice espressamente che intraprendevano pratiche di questo tipo.
Il silenzio della tradizione
Effettivamente, il primo che ricorda i vizi di Sodoma è il profeta Isaia, nel VII secolo a.C. Egli riporta che consisteva nella pratica religiosa superficiale, l’oppressione dei più poveri (Is 1,10-17) e la corruzione dei giudici (Is 3,9). Nel secolo VII, Geremia ci dà un’altra versione. Dice che la sua malvagità fosse l’adulterio, la menzogna e la mancanza di pentimento (Ger 23,14).
Nel VI secolo a.C., Ezechiele afferma che fosse l’orgoglio, la gola e l’accidia (Ez 16,49-50). Nel secolo II a.C., il libro dell’Ecclesiaste lo identifica con la superbia (Eccl 16,8). Nel secolo I a.C., il 3º libro dei Maccabei (un’opera ebraica apocrifa) dice che era l’arroganza (3 Mac 2,5). Ossia, in tutto l’Antico Testamento, redatto attraverso tanti secoli, non c’è nessuna testimonianza che ci dica che a Sodoma si praticasse l’omosessualità.
Anche il Nuovo Testamento parla varie volte del peccato di Sodoma. San Matteo (10,14-15; 11,23-24), San Luca (10,12; 17,29), la 2º lettera di Pietro (2,6-8), l’Apocalisse (11,7-8), ma nessuno precisa quale fosse. Solo la Lettera di Giuda (1,7) fa una leggera allusione: “Anche Sodoma e Gomorra fornicarono con carne differente” (come dire, non umana ma degli angeli). Quindi sarebbe stato il peccato di unirsi sessualmente a esseri di un’altra specie, come gli angeli. Non si tratta di omosessualità.
Pertanto, nessun autore biblico dice che il peccato di Sodoma fosse l’omosessualità. Il che è abbastanza curioso, perchè a quell’epoca le pratiche omosessuali erano fortemente condannate, e altrove nella Bibbia erano esplicitamente disapprovate.
Il peccato viene modificato
Ma nel II secolo a.C. si è verificato un cambiamento d’interpretazione. Gli ebrei avevano cominciato ad aver maggiori contatti con le città greche, e videro che in esse l’omosessualità non solo era frequente, ma anche socialmente accettata. Questo ha fatto scattare un forte campanello d’allarme, poichè molti ebrei correvano il pericolo di aderire alle nuove idee, anche se l’omosessualità era già condannata in Dt. 23,19 e in Lev. 20,13; e prima, dai profeti. Quindi, per esprimere con forza il male di questa pratica, cominciarono a parlare della storia di Sodoma, come un esempio di rifiuto divino verso l’omosessualità.
Il primo riferimento alla nuova interpretazione la troviamo in un libro ebreo apocrifo, dell’anno 50 a.C., chiamato “Il Testamento di Neftali” (4, 1), dove per la prima volta si identificano i sodomiti come omosessuali.
La seconda citazione la troviamo in un’altra opera ebraica apocrifa, il 2º libro di Enoc (10,3), anche questa dell’anno 50 d.C. Quindi abbiamo lo scrittore ebreo Filone di Alessandria, che nella sua opera “De Abrahamo” (26, 134-136), criticando le immoralità di Alessandria del primo secolo, racconta che i sodomiti avevano il vizio infame di unirsi agli uomini come se fossero donne.
Più tardi, lo storico Flavio Giuseppe, nel suo libro “Antichità giudaiche” dell’anno 93 d.C. lo riporta similmente, ed è il primo ad usare la parola “sodomía” nel riferirsi alla pratica omosessuale in generale.
Così, alla fine del primo secolo d.C. si è generalizzata l’idea comune tra gli ebrei, che il peccato di Sodoma fosse quello dell’omosessualità. Questa nuova interpretazione passò quindi al cristianesimo, e molti scrittori della Chiesa (come San Clemente di Alessadria, San Giovanni Crisostomo, Sant’Agostino, Efrem il Siro, Tertulliano) accettarono senza esitazione che il peccato di Sodoma fosse la sua inclinazione alla pratica omosessuale.
Verso un peccato più grave
Ma quindi, tralasciando l’omosessualità, qual è la vera intenzione del racconto di Sodoma? Quale altro vizio pretendeva condannare? Oggi gli studiosi sostengono che questo testo intendeva condannare, soprattutto, la mancanza di ospitalità.
In effetti, nel mondo antico, ed in particolare in Israele, uno degli obblighi sociali più importanti era quello di offrire alloggio allo straniero. I profeti la ritenevano una delle virtù principali (Is 58,7). Il santo Giobbe racconta di averla sempre praticata nella sua vita (Gb 31, 32). Era un atto talmente nobile che anche Dio la pratica (Sal 39,13). La sua osservanza era in grado di cancellare ogni peccato, come si è visto nella storia della distruzione di Gerico, dove Dio ha sterminato tutti gli abitanti tranne una prostituta (anche se la prostituzione era un grande peccato nella Bibbia) perchè lei aveva dato ospitalità in casa sua a due ebrei qualche giorno prima (Gs 6,22-25).
La legge dell’ospitalità era sopratutto un principio di sopravvivenza nell’antico oriente. Il suo scopo era quello di fornire rifugio al pellegrino, cibo e letto per proteggerlo dai pericoli del viaggio.
Per questo, quando i messaggeri divini arrivarono a Sodoma, Lot offrì loro ospitalità in casa propria, in conformità a questa norma. Invece i sodomiti, negando il sostegno, preferirono divertirsi con loro. E non hanno trovato un modo migliore che umiliandoli, “abbassandoli” al ruolo di donna (perchè a quel tempo le donne erano considerate un oggetto, non una persona). Questa azione asociale contro gli inviati da Dio non fece che confermare quello che si diceva di loro: che non erano ospitali, ragione per la quale Dio decise di sterminarli. Un popolo così non meritava di vivere.
Un’altra città malvagia
Che questo fu il peccato dei sodomiti lo conferma un’altra storia molto simile della Bibbia. Si racconta che una notte arrivò nella città di Ghibea, uno straniero con la moglie e che un anziano li ospitò nella sua casa. Allora gli uomini della città circondarono l’abitazione e chiesero all’anziano di far uscire il visitatore perchè potessero avere relazioni sessuali con lui. Il padrone di casa si rifiutò di far uscire il suo ospite, e offrì in cambio sua figlia che era vergine. Ma gli altri non accettarono.
Allora il nuovo arrivato prese la sua sposa e la diede loro ed essi la violentarono tutta la notte, poi al mattino la abbandonarono senza vita (Gdc 19,1-30). In questo racconto si racconta espressamente quale fu il peccato commesso: la mancanza di ospitalità (Gdc 20,4-6). Pertanto, lo stesso dovremmo pensarlo per la storia di Sodoma.
Anche il libro della Sapienza (19,13) dice che il peccato di Sodoma fu la mancanza di ospitalità. Curiosamente, L’episodio di Sodoma appare nella Bibbia a continuazione del racconto nel quale Abramo riceve i tre stranieri nella sua tenda e offre la sua ospitalità (Gen 18,1-5). Si tratta evidentemente di una ubicazione intenzionale nel testo, per far risaltare ancor di più la differenza tra l’ospitalità di Abramo e la mancanza di solidarità dei sodomiti.
L’ultimo punto che rafforza questa interpretazione lo offre Gesù stesso. Inviando i suoi discepoli a predicare nel mondo, dice loro: “Se non vi accolgono in nessun posto, uscite dalla casa o dalla città, scuotendo la povere dai vostri piedi; poichè vi assicuro che nel giorno del giudizio, Sodoma e Gomorra verranno giudicate con meno durezza di questa città” (Mt 10,11-159). Se Gesù mette a confronto con Sodoma, la città che non ospita i suoi discepoli, è perchè al tempo di Gesù la fama che aveva Sodoma era quella di non essere stata ospitale.
Il peccato del Giudizio Finale
Sodoma fu distrutta, secondo la Bibbia, perchè i suoi abitanti commettevano una delle pratiche più perverse del mondo antico: non erano ospitali. Questo non significa che Dio abbia mandato realmente il fuoco sulla città. L’intenzione è quella di lasciarci un grande insegnamento: le città vengono distrutte quando i suoi abitanti non praticano l’ospitalità.
Questo non è un vecchio precetto orientale. E’ una regola di tremenda attualità. Tuttavia, il nostro mondo moderno, purtroppo, non gli presta la dovuta attenzione. Basta guardarci intorno. Migliaia di bambini nascono ogni giorno senza una casa decente, senza borotalco o pannolini per la loro igiene. Plotoni di anziani dormono di notte per la strada, esposti alle aggressioni di chiunque passi per strada, poichè non hanno un tetto che li protegga. Intere famiglie razzolano nella spazzatura ogni giorno, in cerca di avanzi di cibo per poter riempire lo stomaco. Malati abbandonati, immigrati umiliati perchè stranieri, rifugiati di guerra, muri che vengono costruiti per non far entrare la gente dei paesi vicini.
Il mondo sembra essersi convertito in una grande Sodoma. Molti, che guardano con indifferenza come tutto affonda senza far nulla, sembrano statue di sale avvolte nella loro apatia. La Bibbia ci avverte che quella città indifferente ed asociale sparì dalla scena, annegata nella propria malvagità. Ci avverte anche che la salvezza del mondo giungerà quando avremo compreso quel sacro principio orientale: siamo tutti di passaggio a questo mondo, siamo tutti pellegrini e necessitiamo dell’ospitalità degli altri.
Giustamente Gesù, quando raccontó la parabola del Giudizio Finale, enumerando le azioni che avrebbero salvato l’umanitá disse: “Poichè quando ero straniero, mi accoglieste” (Mt 25,35).
* Padre Ariel Álvarez Valdés è Sacerdote, Dottore in Teología Bíblica e Professore di Teología alla Università Cattolica di Santiago del Estero (Argentina)