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16/12/2012 12:04:31

La pace secondo Ratzinger

Dopo l’ormai consueta tiritera concernente l’aborto e l’eutanasia, considerati entrambi alla stregua di atti efferati e interpretati senza alcuna attenzione alle situazioni umane e drammatiche entro cui sovente si inscrivono, il pontefice si produce in una delle sue esternazioni più avvilenti ed offensive, ancor più grave se si considera il fatto che essa figura in un documento scritto e pertanto, si presume, figlio di una riflessione ponderata e di un’intenzione deliberata: «Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale. Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale(…). Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace». Inutile dire che, a giudizio di chi scrive, questa «grave ferita inflitta alla giustizia e alla pace» risiede assai più nelle inescusabili esternazioni papali che in quella che altro non è se non la rivendicazione di un diritto fondamentale della persona. Ma in quest’ambito, si sa, l’istituzione vaticana non ha mai brillato, ostacolando, nel corso della sua storia tutt’altro che immacolata, l’affermazione dei diritti dell’uomo in seno alle democrazie europee.[2]

Circa questo che ritengo essere il passaggio più increscioso di tutto il discorso dato alle stampe da Ratzinger, vorrei soffermarmi su tre aspetti:

1.     In primis ci tocca assistere attoniti alla consueta invasione di campo: le norme giuridiche sono stabilite dai parlamenti e soggiacciono alla legge ineluttabile di tutto ciò che è umano e, in quanto tale, in costante trasformazione. Sostenere che i recenti provvedimenti presi da un numero crescente di Paesi, europei così come latino-americani, al fine di equiparare il matrimonio tra uomo e donna a quello tra persone dello stesso sesso siano nient’altro che una indebita ed infausta destabilizzazione dell’ordine costituito ed una violazione delle leggi di natura costituisce un’affermazione pre-moderna, figlia di un’auspicata alleanza tra trono e altare che, fortunatamente, l’evoluzione delle democrazie moderne ha relegato in un passato al quale sarebbe opportuno non fare ritorno.

2.     Anche la filosofia che intenderebbe sostanziare questo atteggiamento discriminatorio è improponibile allo stato attuale dell’evoluzione del pensiero occidentale, che ha sconfessato come velleitarie tutte le pretese di assolutismo etico fondate sulla presunta rispondenza ad un assai discutibile «ordine naturale», che altro non è se non quello delle categorie di pensiero attraverso cui si interpreta il mondo.[3] Ecco perché sostenere su queste basi una pretesa universalità dei valori cristiani significa in realtà conferire loro quella confessionalità che si dice, al contrario, di voler superare.

3.     Mi sfugge del tutto quale sia l’aspetto delle unioni tra persone dello stesso sesso che verrebbe ad infliggere questo vulnus insanabile alla pace di cui il messaggio papale parla ma in direzione della quale non si muove affatto. La pace, infatti, va costruita attraverso il dialogo, il confronto, il mutuo riconoscimento delle istanze patrocinate dagli interlocutori. Ma se tali istanze consistono in assoluti che non sono in discussione, nessun raffronto è possibile. L’essere umano, difatti, trascende la ferrea ed insensibile logica dei principi sanciti dalle etiche religiose poiché egli è, per definizione, essere in cammino al quale non è dato di conoscere altro orizzonte che non sia quello della provvisorietà. Confinarlo entro gli angusti perimetri delle convinzioni religiose è, fortunatamente, un’operazione destinata al naufragio, dalla cui prevaricazione ci può mettere al riparo soltanto la ricerca di un’etica laica.

Alessandro Esposito – pastore valdese - 16 dic 2012 - articolo pubblicato si Micomega


[1]Joseph Ratzinger, Beati gli operatori di pace. Messaggio di Benedetto XVI in occasione della XLVI Giornata Mondiale della Pace, Vaticano, 8 dicembre 2012. L’intervento si può leggere integralmente sul sito: www.vatican.va.

[2]Si veda, a tale proposito, il recentissimo e documentatissimo studio curato dal professor Daniele Menozzi, docente di Storia Contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa: Chiesa e diritti umani, Il Mulino, Bologna, 2012. 

[3]Su questa tematica ha dedicato delle pagine mirabili per profondità ed acume il filosofo e psicologo Umberto Galimberti, in particolare nei suoi due testi: La casa di psiche, Feltrinelli, Milano, 2005 e Il tramonto dell’Occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers, Feltrinelli, Milano, 2005.