Il reportage, giunto alla ristampa, è edito da Il Saggiatore, ed è un viaggio nell'Italia della nuova mafia, il racconto di una mutazione epocale della criminalità organizzata, che ha detto addio a Cosa Nostra ed alla mafia di una volta per trasformarsi in un ibrido più feroce e contemporaneo, "Cosa Grigia", appunto.
Già presentato in oltre venti città d'Italia, "Cosa Grigia" è stata al centro dell'International European Forum 2012 a Bratislava, in Slovacchia, dedicato quest'anno al tema della "verità", e al Noir Film In Festival di Courmayeur, dove si è parlato delle mafie che cambiano e del loro racconto.
"Non è facile raccontare quello che non si vede più - scrive di Cosa Grigia Attilio Bolzoni su La Repubblica, - quello che non riusciamo più a riconoscere. Un tempo era lì a dichiararsi con i suoi cadaveri e le sue facce oscene, i morti a terra, i boss rinchiusi nelle gabbie, lo sconcio edilizio generato dalla sua economia, casolari sperduti, tane, armi. Era lì a mostrare se stessa per far paura a tutti. Ora che invece si mischia e si nasconde, come si può rappresentare e spiegare agli altri la mafia che non c’è? Se ne scrive tanto, a volte anche troppo, adoperando sempre gli stessi modelli interpretativi, descrivendo una mafia immobile e immutabile. Da qualche giorno è in libreria un saggio che capovolge tanti luoghi comuni sul crimine organizzato e su come in realtà è cambiata la mafia, o meglio che cosa sono diventate le mafie in Italia. Non più e non solo uomini che puzzano di stalla e vino cotto ma soprattutto ambienti che odorano “di buono e di potere”, non semplicemente “mafia in guanti gialli” (Gaetano Mosca la qualificava così già più di un secolo fa) o “borghesia mafiosa” (felice definizione del sociologo Umberto Santino riproposta nella connivente Palermo dal procuratore nazionale Pietro Grasso) ma qualcosa di più contemporaneo e forse anche di più pericoloso.
Il libro ha come titolo Cosa Grigia (Il Saggiatore, pagg 281, 16,50 euro) e l’ha scritto Giacomo Di Girolamo, un giovane reporter che vive a Marsala, punta di una Sicilia dove il “giornalismo d’inchiesta” l’autore preferisce chiamarlo “giornalismo residente” e dove lui è testimone oculare di ogni trasformazione banditesca. Che cosa è la Cosa Grigia? «È lo spazio opaco tra legale e illegale che si è fatto sistema», sostiene nell’introduzione Di Girolamo descrivendo le differenze fra la vecchia Cosa Nostra e questa criminalità che si è presentata ripulitae riciclata dopo le stragi siciliane del 1992: «La vecchia aveva fretta, una fretta dannata di stomacoe lasciava dietro di sé i resti dei suoi appetiti voraci: cantieri distrutti, vite spezzate, rottami…questa nuova invece ha l’appetito calmo dei benestanti, non fa briciole, non macchia la tovaglia con il sugo..».
Intanto è una mafia senza padrini. Quelli che una volta chiamavamo boss sono “una specie di contorno” in mezzo agli imprenditori, ai professionisti incensurati, ai funzionari della pubblica amministrazione che decidono e che comandano. Giacomo Di Girolamo intraprende un viaggio italiano nel malaffare cominciando proprio dalla sua Sicilia ricostruendo il profilo di personaggi come Carmelo Patti meglio conosciuto come Mister Valtur (c’è una richiesta di sequestro dei suoi beni per 5 miliardi di euro) o come il “re dell’eolico” Vito Nicastri («Cosa Nostra cementificava, Cosa Grigia è ecosostenibile») o come Ciro Caravà, sindaco di un antimafia militante che in realtà apparteneva a pieno diritto alla Cosa Grigia.
Non più capi decina e capimandamento all’assalto dell’Italia ma architetti, commercialisti, avvocati e tanti uomini politici al di sopra e al di sotto di ogni sospetto.
Pagina dopo pagina si finisce nel capitolo più delicato e spinoso di tutto il libro: l’antimafia. «Senza la mafia di una volta, l’antimafia perde di significato, è uno stanco ripetersi di gesti e rituali. L’antimafia in Italia ha avuto tanti meriti, ma ora necessita di un profondo rinnovamento», scrive ancora Giacomo Di Girolamo. Così il saggio si addentra nel “disagio di una certa antimafia”, tra finte associazioni antiracket e sodalizi creati ad hoc per spillare denaro allo Stato.
Il giudizio è severo: «Rispetto a Cosa Grigia l’antimafia non è attrezzata. Non lo è il suo vocabolario, non lo sono i suoi mezzi, i suoi riferimenti politici, le sue icone. È un movimento conservatore, a tratti anche litigioso. L’antimafia ha sconfitto la mafia, ma ha perso il contatto con quello che viene dopo. L’antimafia è un ombrello che dà riparo a tutti, senza distinzioni: basta che ognuno autocertifichi le sue buone intenzioni. Chi fa parte dell’antimafia è buono per definizione». Il dibattito è aperto. E naturalmente anche la polemica.