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23/01/2013 07:33:58

Lettera di una precaria a Crocetta: "Ci mandate a casa dopo 20 anni"

 E' questo ciò che scrive al Presidente Crocetta Pina Santoro , una delle precarie ex art. 23 del Comune di Valderice. Le loro vicende sono ormai note: vent'anni di proroghe contrattuali fino all'ultimatum del 31 dicembre scorso, quando inizia la battaglia campale di queste “guerriere”, con l'occupazione dell'aula consiliare di Valderice: che a ben pensarci, la battaglia per un diritto costituzionale sembra quasi un'assurdità. Ma, nella nostra italietta, è invece normalità. La battaglia delle “magliette blu”, inizia col tampinamento di tutti i candidati per il rinnovo dell'ARS, dimostrando di non subire alcuna strumentalizzazione politica, ma semmai il contrario: loro alla politica pongono delle questioni e dalle Istituzioni pretendono una risposta. E risposte concrete, ne hanno poche: vanno da alcuni sinceri ma poco stringenti interessamenti, a malcelati asti di alcuni noti politici che rinfacciano loro di non averli votati. L'unica risposta è arrivata dal Comune di Valderice, poco prima di Capodanno, con la proroga del contratto al 30 aprile: uno stillicidio che continua e alla cui fine, c'è solo un buco nero. E quindi Pina Santoro scrive al Presidente Crocetta, il quale ha prospettato loro delle speranze per un aggiustamento della normativa ma, di fatto, è irraggiungibile da settimane. E' una lettera col cuore in mano, quella di Pina. La lettera di una donna nei cui occhi c'è una tristezza profonda. Se li vedesse, quegli occhi lì, Presidente Crocetta! Tutte le volte che io li incontro, non so sostenerlo quello sguardo: perchè ci leggo una disperazione, una frustrazione che non hanno pari né ragione. Perchè non è colpa di Pina, né di Cettina, né di Anna, se dopo vent'anni, durante i quali hanno maturato una professionalità, ma anche aspettative legate ad una piccola certezza economica, oggi il domani è più incerto di ieri. Non è colpa loro, se pagano lo scotto di una legge che ha prodotto migliaia di precari, di raccomandati, con l'unico scopo di creare un becero clientelismo: il più volgare, quello che ricatta il diritto al lavoro, che sembra quasi una svendita del diritto più sacro che c'è, quello alla dignità della persona, in cambio di un voto. E' sofferta, la lettera di Pina, ma non patetica né raffazzonata: in più passaggi, ricorda con meticolosità il lungo iter normativo. E' una lettera “politica” nel senso più alto del termine: una lettera che parla di uomini, dei loro diritti costituzionali, di leggi fatte apposta per calpestarli, che elabora delle domande e propone delle soluzioni; una lettera che parla nell'interesse di una collettività, di un popolo. Il popolo dei precari, il popolo dei siciliani, affamati nella loro terra, dimenticati nelle loro disperazioni, da una classe dirigente che da queste disperazioni ha tratto linfa vitale ed elettorato.

Di fronte a questo scenario – scrive Pina - mantenere integra la dedizione al lavoro, con la consapevolezza che ciò non sarà sufficiente per affrancare la propria immagine, né per conservare la propria occupazione, diventa ogni giorno sempre più difficile. Chissà se qualcuno si è mai chiesto dove va il cittadino, quando non trova le risposte dalle Istituzioni”.

La lettera di Pina Santoro è una denuncia, ma è anche una lettera d'amore: per la sua dignità, per quella di una generazione, per la dignità che le Istituzioni devono conservare tutelando il massimo bene di una Persona, che è il diritto al lavoro. Legga, Presidente Crocetta, prenda nota ed impari dal “suo” popolo che “la Sicilia ha bisogno di cambiare. Noi abbiamo bisogno di un Presidente che trovi il tempo di ascoltarci” .

 

Valentina Colli