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15/03/2013 05:57:48

Abolizione delle province in Sicilia, è caos. D'Alì: "Meglio l'unione dei Comuni"

Mentre si sviluppa la battaglia d’aula per impedire che la norma arrivi ad approvazione entro i termini le opposizioni e le stesse Province si preparano a dare battaglia anche dopo sui contenuti della riforma.

Anche Antonio d`Alì interviene nel dibattito sulla abolizione delle province in Sicilia e suggerisce come vero elemento di risparmio sulla spesa pubblica, la fusione tra comuni in grandi aree metropolitane. Il parlamentare trapanese, per anni sottosegretario all`interno con delega ai rapporti con gli Enti Locali, ha trasmesso ai deputati regionali siciliani del PdL e ad alcuni componenti della delegazione trapanese una nota con alcuni possibili emendamenti per giungere alla fusione tra comuni e ridurre in tal modo il numero dei centri di spesa e dei punti di interlocuzione burocratica. «La riforma delle province in Sicilia - ha commentato d`Alì - va meglio meditata. Essa rappresenta comunque una grande occasione per individuare i veri centri di spreco e di potenziale semplificazione. Ciò che bisogna perseguire è infatti l`interesse dei cittadini, non solo degli apparati; non possiamo ribaltare il risparmio pubblico, di per sé importante, su un aumento dei costi per i cittadini. Ridurre l`eccessivo numero di comuni e di burocrazie comunali, che potrebbero essere accorpate in contesti omogenei unici e non consortili, potrebbe essere il punto di congiunzione tra risparmio pubblico ed efficienza dei servizi e semplificazione, e quindi risparmio delle famiglie». «L`esempio più eclatante è quello dei territori urbani contigui, come i comuni di Trapani ed Erice, ma si deve pensare oltre, ed anche in questo caso guardare ad una unica realtà ancor più ampia che configuri una omogeneità territoriale naturale e sociale in grado di mettere le comunità nelle condizioni di fornire servizi efficienti agli abitanti e veri supporti di competitività burocratica alle imprese. Nella società trapanese ed ericina il dibattito da me sollevato ormai da oltre un decennio oggi si è arricchito di nuovi e preziosi contributi di idee che possono e devono trovare concreto sbocco operativo in una coraggiosa riforma dell`assetto degli enti locali nell`intera Regione. Perché non giungere alla fusione dell`intera area metropolitana trapanese ed ericina con un solo sindaco/presidente (al posto di otto sindaci) una sola giunta (dieci assessori al posto di oltre trenta) un solo consiglio comunale (trenta consiglieri al posto di centocinquanta!) un solo ufficio tecnico, un solo piano regolatore, un solo carico burocratico e così via?». «È nei costi e nelle burocrazie comunali il vero spreco di risorse. L`abolizione delle Province sostituendole con un numero certamente maggiore di loro consorzi (abbiamo dimenticato la devastante esperienza dei tanti ATO in Sicilia?) non so fino a che punto costituisca un vero risparmio se limitato al taglio dei loro organi di rappresentanza politica e poi accompagnato da un nuovo carico derivante dalla costituzione dei nuovi, e più numerosi, consorzi. In realtà il personale e le competenze che oggi sono il maggior carico alle Province sarebbero trasferiti ai comuni o ai loro consorzi e le risorse finanziarie pubbliche necessarie sarebbero pressappoco le stesse. Ciò che in realtà bisogna invece fare è diminuire i centri di spesa e di frammentazione burocratica che portano ad un costo eccessivo della parte pubblica e quindi per i cittadini chiamati ad alimentarla con ulteriori aumenti dei tributi locali. Immaginiamo altresì di destinare i risparmi derivanti dalla abolizione delle province e dalla fusione dei comuni alla ripresa degli investimenti accompagnando la manovra con una corrispondente esenzione degli stessi investimenti dal patto di stabilità, sul quale tema peraltro occorre che anche i cittadini si mobilitino direttamente con un ampio movimento di opinione. Veramente l`auspicio è che l`Assemblea Regionale Siciliana non si lasci travolgere da momenti meramente demagogici (e per qualcuno di furbo opportunismo per possibili nomine!) e non stravolga senza prospettive di effettivi risultati gli assetti esistenti, ma elabori con fermezza e rapidità una compiuta e veramente razionale e rivoluzionaria riforma delle autonomie locali in Sicilia».

La Lista Musumeci ha presentato un disegno di legge in 9 articoli che prevede la diminuzione di un quinto di consiglieri ed assessori, la diminuzione del 30 per cento dei compensi di consiglieri assessori e presidenti superstiti, la soppressione o l’accorpamento di enti agenzie ed organismi che svolgono funzioni simili a quelle delle Province e il trasferimento alle province di competenza in materia di pianificazione territoriale, promozione e sviluppo del turismo, commercio, gestione dei rifiuti, industria, artigianato, agricoltura.

“Abolire le province è una follia – dice nello Musumeci – perché si occupano di una quantità direi infinita di compiti essenziali per i cittadini. Senza province resterebbero senza manutenzione oltre 13 mila chilometri di strade. Chi si occuperebbe di oltre 600 edifici scolastici? E dei servizi sociali che vengono erogati? Occorre, invece, riformare gli enti intermedi e trasferire loro una serie di competenze che numerosi enti intermedi creati dalla Regione svolgono in maniera impropria. Lo dico sulla scorta di una esperienza decennale che ho maturato da Presidente della Provincia di Catania”.

Diverso, ma solo in parte, il ddl presentato, invece, dall’Urp l’unione regionale delle province che propone l’elezione diretta del Presidente e dei consigli provinciali, l’istituzione della conferenza permanente dei sindaci, la soppressione di tutti gli enti intermedi, l’abbattimento di compensi e rimborsi e il trasferimento di competenze regionali proprio alle province. La riduzione di consigli e organi di governo provinciali, in questo caso, sarebbe del 50%. L’Urp ha calcolato che il costo di gestione della province scenderebbe consistentemente e si attesterebbe sotto i 9 milioni di euro a fronte di quasi 50 milioni che si potrebbero risparmiare dalla soppressione di enti ed agenzie con il trasferimento proprio alle province di queste competenze. In entrambi i casi le province resterebbero in piedi perché non se ne può fare a meno.

“Rinunciare agli enti intermedi non è un processo che avverrebbe nell’interesse dei cittadini – dice Giovanni Avanti Presidente dell’Unione delle Province siciliane – al contrario aumenterebbe costi e disagi. La nostra non è una proposta corporativa ma un taglio organico e strutturato senza tagliare i servizi. Le province, inoltre, potrebbero assolvere a compiti attualmente demandati ad altri enti ed agenzie, con maggiore esperienza amministrativa. Oltretutto – conclude Avanti -. Le Province sono forse l’unico livello di governo che mostra solidità e consistenza economica”.