Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
17/05/2013 07:16:10

Le omelie «fuori del tempio»

Qualche chiesa può pretendere il monopolio dell’esegesi autentica? La fedeltà al Testo esclude o al contrario esige la creatività ermeneutica? Più in generale, la fede autentica può fare a meno dell’uso corretto della ragione? Queste e tante altre sono state le questioni affrontate che hanno registrato una convergenza di opinioni davvero sorprendente fra due interlocutori che non avevano mai avuto modo di incontrarsi. Non sono mancati i passaggi davvero significativi, come la risposta dell’arcivescovo Plotti alla domanda del moderatore dell’incontro sul voto che darebbe alla media delle omelie dei preti cattolici: «Sei meno meno, direi. Noi preti non siamo abituati, come i pastori protestanti, a curare a sufficienza la preparazione delle omelie. Nella migliore delle ipotesi, prepariamo dei compitini scritti da leggere dal pulpito, senza testimoniare una  profonda assimilazione interiore della Parola». Da parte sua, il pastore Esposito ha riconosciuto che la qualità della predicazione varia anche nelle diverse chiese protestanti e che molto dipende dal grado di maturità dei fedeli: essi per primi, infatti, devono stimolare il pastore e mostrarsi esigenti. Alla fine, tra i commenti entusiasti («È stato sinora l’incontro più interessante della serie») da parte dei presenti, alcuni dei quali membri della chiesa valdese di Marsala appositamente convenuti, Plotti e Esposito – ormai passati dal «Lei» al «Tu» – si sono scambiati i contatti telefonici per darsi un nuovo appuntamento. Un’ora di conversazione, infatti, era stata sufficiente come aperitivo: ma aveva stimolato l’appetito, un desiderio di approfondimento che solo in altra sede e con tempi più rilassati  si potrà soddisfare.

Augusto Cavadi - da 'Riforma' del 17 maggio 2013 - www.chiesavaldesetrapani.com