Ciò su cui vorrei riflettere è piuttosto questo male incurabile da cui la mia Italia è affetta e che vorrei diagnosticare come sindrome da dipendenza carismatica: siamo difatti un popolo il cui animo si infiamma immancabilmente di fronte alla figura, sempre controversa, del dux, sia egli un pontefice che ridà spazio alla normalità incomprensibilmente elogiata come eccezionalità, un losco affarista travestito da salvatore della patria che in verità cerca nella politica l’assoluzione dal carcere o un ex comico che arringa le folle con i suoi toni apocalittici. Rimaniamo allergici a quell’illuminismo che Immanuel Kant definiva come l’uscita dallo «stato di minorità» in cui, invece, rimaniamo allegramente e, quel che è peggio, consapevolmente. Nutriamo questa passione sfrenata per l’eteronomia, questo amore inguaribile per la delega e la deroga. La speranza è che prenda avvio il processo di sdoganamento dalle figure dispotiche, nel pensiero e nell’antropologia prima che in politica o nella religione fondata sulla credulità.
L’ho detto e lo ribadisco: il “Movimento” è di gran lunga migliore del suo demiurgo, nelle persone che lo costituiscono come nelle idee che lo sostanziano. È ora di dimostrarlo agli scettici. Ma per farlo (va da sé, intendetemi edipicamente) bisogna uccidere il padre.
Alessandro Esposito – pastore valdese - da 'Micromega on line' del 12 giugno 2013