Ciò ha indotto la regione siciliana a provare a porvi rimedio con la L.R. n. 78 del 1976. Legge che, tra l’altro, ha introdotto l’assoluta inedificabilità della fascia costiera dei 150 metri dalla battigia.
Il fenomeno si è sviluppatosi ugualmente, ed ulteriormente, al punto che la regione siciliana ha dovuto emanare la L.R. n. 15 del 1991 con la quale, tra l’altro, “chiariva” che il divieto di assoluta inedificabilità nella fascia dei 150 metri non valeva soltanto per i comuni ma anche per i privati.
Al fine di contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio, che nel frattempo avanzava imperterrito, la regione siciliana ha emanato la L.R. n. 17 del 1994.
Negli anni successivi, per iniziativa governativa sono stati presentati appositi disegni di legge. Quelli maggiormente ricordati sono quelli per iniziativa dell’On. Cuffaro e dell’On Bartolo Pellegrino. Disegni di legge che non hanno trovato il necessario consenso e non sono andati a buon fine in quanto, sostanzialmente, puntavano a “sanare le case non sanabili”. Poi un lungo periodo di pausa.
Nel frattempo qualche sindaco, ogni tanto, acquisiva e demoliva qualche casa per il resto nulla.
Nel mese di maggio del 2011 l’On. Paolo Ruggirello presentava il disegno di legge n. 725 “RECUPERO E LA VALORIZZAZIONE DELLA COSTA DELLA SICILIA”. Disegno di Legge che dopo avere completato favorevolmente l’iter presso le competenti commissioni parlamentari non è arrivato all’esame dell’ARS per la interruzione anticipata della legislatura.
Attualmente sono stati presentati all’ARS alcuni Disegni di Legge tra i quali quello dell’On. Paolo Ruggirello e quello che vede come primo firmatario l’On. Giovanni Lo Sciuto.
In questi giorni si ha notizia che diversi procuratori della repubblica sollecitano i sindaci affinchè provvedano, come per legge, ad acquisire gli immobili non sanabili e alla loro demolizione.
CIO’ PREMESSO,
è evidente che il fenomeno dell’abusivismo edilizio in generale, e quello costiero, sanabile e non, in particolare, è figlio della mancanza degli strumenti urbanistici e della “complicità” di certa politica, di certa burocrazia e di certe forze dell’ordine che se avessero fatto fino in fondo il loro dovere non saremmo oggi, a distanza di circa 40 anni, di fronte ad un fenomeno di così ampia dimensione e di non facile soluzione.
COSA FARE:
non è certamente con le demolizioni indiscriminate che risolviamo il problema, sempre che troviamo le necessarie risorse finanziarie e dove smaltire milioni di metri cubi di sfabbricidi.
Intanto ritengo opportuno che il fenomeno dell’abusivismo edilizio costiero, sanabile e non, vada inquadrato nel più ampio contesto del recupero e della valorizzazione della costa della Sicilia.
Che, come è noto, è caratterizzata da ampi fenomeni di erosione, di dissesto idrogeologico, dalla presenza di grandi impianti per la trasformazione degli idrocarburi, di altri impianti industriali che ben si prestano alla riconversione in attività compatibili con la fruizione della costa e del mare. Tra gli impianti industriali non dobbiamo dimenticare la presenza di numerose segherie, soprattutto nel trapanese.
Molti centri abitati costieri risultano ancora privi di fognature e di deputazione e, pertanto, oltre ad inquinare le falde acquifere inquinano il mare impedendone, tra l’altro, la balneabilità.
In tale contesto si inserisce anche la portualità priva di un sistema integrato con il territorio.
In poche parole il tema del recupero e la valorizzazione delle coste, per dimensione e per complessità, è un tematismo da PIANO TERRITORIALE REGIONALE, rispetto al quale non ci risulta che qualcuno della Giunta Regionale e dell’ARTA se ne stia occupando.
Oggi, anche se con grave ritardo, noi siciliani, ciascuno per le proprie competenze e responsabilità, abbiamo il dovere di discutere le possibili soluzioni di un FENOMENO NON EPISODICO MA SISTEMICO. Un fenomeno rispetto al quale bisogna evitare l’ipocrisia di guardare chi ha commesso abusi edilizi come l’unico responsabile del deprecabile fenomeno, volgendo anche l’attenzione alla responsabilità di quanti, per mestiere, avrebbero dovuto fermare il fenomeno sul nascere.
In questo senso non possiamo non parlare di quanti avevano il dovere di non fornire servizi alle case abusive, luce, acqua, telefono ecc.., o di non realizzare opere di urbanizzazione ai quartieri abusivi, illuminazione pubblica, strade asfaltate, marciapiedi, fognature ecc..
A mio avviso, è necessario partire dal PIANO TERRITORIALE REGIONALE per individuare le zone costiere da sottoporre a recupero e valorizzazione attraverso la procedura della VAS, di concerto con i comuni interessati, per poi trasferire ai comuni, o ai liberi consorzi comunali, la relativa attuazione attraverso piani PARTICOLAREGGIATI DI RECUPERO.
La apposita legge regionale dovrebbe prevedere, tra l’altro, organi di controllo e poteri sostitutivi in caso di inadempienza da parte dei comuni interessati, o dei loro consorzi.
La nuova Legge Regionale, inoltre, dovrebbe prevedere, e finanziare, un’AGENZIA REGIONALE PER LA TUTELA E PER LA VALORIZZAZIONE DELLE COSTE DELLA SICILIA, con il compito di monitorare l’attuazione della stessa Legge e di curare la elaborazione dei progetti da sottoporre a finanziamenti statali e/o comunitari. Così facendo il recupero della costa potrebbe diventare LA PIU’ GRANDE OPERA PUBBLICA DELLA STORIA DELLA SICILIA.