L'autoriforma della Confederazione Italiana Agricoltori già dal 2010 non prevedeva più che un funzionario assumesse la carica di Presidente Provinciale. In assenza di una robusta e coesa rappresentanza agricola, la Cia Nazionale ha deciso di derogare ancora per quattro anni l'incarico.
L'autoriforma prevede appunto il protagonismo degli agricoltori che, a mio giudizio, c'è sempre stato. Basti pensare che le sedi territoriali dell'Organizzazione sono rappresentate a pieno dagli agricoltori che hanno dato, continueranno a dare, un grande contributo per l'affermazione dell'agricoltura, all'interno di un mercato maledettamente in mano alle grandi lobby dell'economia agroalimentare mondiale. Purtroppo, non ho condiviso questa scelta, non tanto per consegnare la rappresentanza agli agricoltori, che reputo ricchezza del sistema ma, perché credo, che all'interno di una grande Organizzazione debbano convivere tutti alla pari, governandola a prescindere se si riveste la qualifica di funzionario, tecnico o agricoltore. La governance di un'Organizzazione deve essere affidata a chi ha disponibilità ma, soprattutto esperienza e alta professionalità. Un agricoltore non può assumersi un incarico, con le responsabilità civili e penali che ne comporta, per affidare le decisioni a un direttore scelto all'interno dell'organismo, almeno che non lasci la sua azienda per dedicarsi totalmente all'Organizzazione.
Per questi motivi e per evitare di condizionare le prossime scelte congressuali ho deciso, dopo 11 anni di sacrifici, di dure battaglie, attraverso il dialogo democratico, cercando di sconfiggere il populismo che sistematicamente rimandava indietro l'agricoltura relegandola in una posizione senza futuro, di rassegnare le mie dimissioni da Presidente Provinciale della Cia con decorrenza dal 4 novembre p.v.