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27/11/2013 14:26:00

Berlusconi decade, è una giornata storica. Ma io vorrei tanto una giornata “normale”…

 Io mi sveglio abbastanza presto la mattina. Sei e mezza, sette meno un quarto. Un caffè veloce, e sono subito al lavoro. Alla radio, sui social network, nei giornali il mondo comincia a raccontarsi. Ed io a raccontare la mia porzione di mondo.Stamattina, dappertutto, il tono era lo stesso: giornata storica. Il riferimento era al voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Giornata epocale. Si chiude un ventennio, Berlusconi fuori dal parlamento, eccetera eccetera. A rompere l’incanto ci ha pensato mia moglie: ma non avevano già votato, mi ha chiesto? E vaglielo a spiegare, che in tutti questi mesi hanno parlato di date, eccezioni, rinvii, dimissioni, questioni, e hanno votato su….come votare.

Ma comunque, è una giornata epocale, ci dicono.

Solo che io sono stanco.

Sono stanco di giornate storiche.

Quante date storiche mi hanno fatto vivere, in questi 36 anni? Vado a casaccio. La vittoria del centrosinistra nel 1996, Prodi al governo: una giornata epocale per la sinistra. E’ finita due anni dopo, miseramente, e ancora peggio è andata nel 2006. Epocale è stato il primo giorno di Monti, ci hanno detto, e non si è visto nulla – solo nuove tasse e riforme annunciate e poi depotenziate – epocale il governo Letta, epocale e storica l’elezione del nuovo capo dello Stato, che è lo stesso di prima, epocale la vittoria di Crocetta in Sicilia, che poi scopri che fa promesse che non sa mantenere, dal Mous, ai precari, alle province abolite troppo in fretta.

Tutte giornate storiche. E noi che dovremmo essere felici: perchè, a dirla tutta, è come assistere ogni giorno ad uno sbarco sulla luna.

Siamo un paese di testimoni. Testimoni di giornate storiche.

Solo che sono stanco.

E a me piacerebbe vivere non un giorno storico. Ma un giorno normale. E normalità è la parola (incredibile…) che da padre di famiglia oggi sento più cara e mia.Normalità: un tribunale con la carte per le fotocopie, un Comune che raccoglie i rifiuti, un elettricista che ti fa fattura. Normalità, appunto. Dove non si muore quando piove un po’ più forte, perchè tutti hanno costruito secondo le regole, dove se vai in banca a chiedere un prestito ti fanno coraggio e non paura.

La normalità non fa notizia, lo so. Il cane che morde l’uomo, l’uomo che morde il cane: l’essenza del giornalismo.

Ma in questo susseguirsi di giornate storiche si è perso il valore della normalità, di quel che accade a noi – io che scrivo, voi che leggete – le nostre corse per arrivare a fine mese, piene di ostacoli sempre più alti, il lavoro che sparisce come sale in acqua. Giornata storica, ci dicono, ogni volta che il governo vara un “Pacchetto lavoro” (lo fa ogni tre mesi), ma l’effetto è quello della fata Morgana, l’illusione nel deserto, la ricchezza che arriva per i soli furbi, e mai per chi la merita.

Ma perchè parlare di lavoro, oggi, è una giornata storica…! Si vota la decadenza di Silvio Berlusconi dal Senato. E già, quindi tutto finisce. Solo che sappiamo già che non sarà così. Gaber lo diceva: “Non temo Berlusconi in se, ma il Berlusconi in me”. E il berlusconismo, come cancro dell’anima italiana, ha tanti padri, non solo chi gli ha dato il nome. Anche a sinistra, soprattutto a sinistra. E non finisce dunque mica oggi.

Ah, altra giornata storica. Dicono che sia l’8 Dicembre, che è l’Immacolata. E nel caldo delle nostre case verrà la novella del nuovo vanitoso segretario del Pd, Matteo Renzi. L’uomo che salva l’Italia (e le tirature di Vanity Fair). Anche a questa cosa purtroppo non credo, mi dispiace. Ho seguito Renzi all’inizio, quando era con Civati, e insieme provavano a dare una spallata alla nomenclatura del Pd, per levare la muffa. Poi, la nomenclatura si è “renzizzata”. Nel giro di un anno coloro che dovevano essere rottamati hanno invece scoperto di avere ancora il bollo di circolazione. Le solite mummie, cambiano solo le bende con le quali sono fasciate. Adesso sono più trendy.

Ma ogni giorno ha la sua storia. Oggi è il giorno storico di Berlusconi che cade dal Senato. La decadenza, tanto invocata. La decadenza. Ricorda il titolo di una delle canzoni dell’ultimo album di Ivano Fossati. L’album si chiama “Decadancing” e la canzone viene spesso utilizzata come sottofondo nei servizi più di colore che riguardano il dibattito sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Solo che Fossati non parla mica della decadenza di Silvio, parla di un’altra cosa, di un paese dove “le speranze non hanno chance”, tanto da costringere i giovani alla scelta dolorosa: “e la sopravvivenza / è un biglietto per andare più avanti / è trovare un lavoro e decenza / è sapere con chi stare”.

Qualcuno, prima o poi, dovrebbe rispondere dell scempio che stanno facendo di una generazione, dell’emorragia di giovani che prima – per trovare lavoro e soprattutto decenza – attraversavano l’Italia da Sud a Nord, adesso la attraversano da dentro verso fuori, in Paesi normali. 

Quello che noi non saremo mai, a furia di inseguire queste giornate storiche.

Giacomo Di Girolamo