La riforma delle riforme, l'abolizione delle province siciliane, rischia di saltare. Entro il 31 Dicembre dovevano essere varati i consorzi, ma non se ne farà nulla. Le Province regionali sono state abolite con legge dell'Ars lo scorso anno e commissariate. Ma che si possa raggiungere il traguardo entro il 31 dicembre sembra difficile. C'è l'ipotesi di un rinvio della riforma al prossimo anno e di proroga delle gestioni commissariali. Va, però, ricordato che la istituzione delle città metropolitane ha una scadenza di rigore al 31 dicembre, pena la perdita di contributi europei.
In commissione Affari Istituzionali, all'esordio della discussione, si è dovuto constatare che i disegni di legge presentati in materia sono 18 e potrebbero diventare 20. Tre sono del governo: istituzione dei liberi consorzi, trasferimento di funzioni, città metropolitane. Ne potrebbe arrivare un quarto sui finanziamenti.
Il presidente della commissione, Antonello Cracolici, i ha presentato un suo disegno di legge per l'istituzione delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina in base agli attuali confini territoriali, con l'acquisizione delle competenze di Regione e Province. I comuni limitrofi potrebbero decidere se aderire o meno alle aree metropolitane ; nascita di nove Liberi Consorzi in corrispondenza con le attuali aree provinciali (escluse Palermo, Catania e Messina in quanto città metropolitane); elezione di secondo livello per la governance dei Liberi Consorzi, mentre per le tre città metropolitane si adotterebbe l'attuale sistema elettorale.
Da rilevare che il ddl del governo, sul caso specifico, al momento, prevede che i Liberi Consorzi raggruppino una popolazione compresa tra 150 e 500 mila abitanti. In tal caso, i consorzi sarebbero più di nove.
Altro ddl con particolari caratteristiche reca la firma di Nello Musumeci, condiviso da alcuni deputati di Forza Italia e Mpa-Pds: prevede la fine del commissariamento e il ritorno alle Province, con le elezioni da fissare in primavera. Prevede anche la riduzione del numero dei componenti delle giunte e dei consigli provinciali, con l'indennità legata all'effettiva presenza in Aula.
PRECARI. Stessa situazione per i precari. I ventimila precari degli enti locali siciliani, dopo oltre due decenni di lavoro a tempo determinato, cominciano a vedere lo spettro della disoccupazione. Dopo l'ennesima riunione dell'«unità di crisi», i segretari della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato per lunedì prossimo una giornata di mobilitazione davanti a tutte le nove prefetture dell'Isola. Se nel frattempo non saranno arrivate notizie confortanti dai governi regionale e nazionale, si farà una manifestazione regionale a Palermo. Per i sindacati, il «tempo è scaduto». Il governo siciliano avrebbe dovuto illustrare il disegno di legge necessario per garantire le proroghe ed avviare le stabilizzazioni. «Siamo ancora alla fase della stesura del disegno di legge - hanno detto Palazzotto (Cgil), Caracausi (cisl) e Tango (Uil) -. Un testo non ancora formalizzato e di cui ci sono stati illustrati i contenuti, ma senza consegnarcelo. Da quanto appreso, il ddl sono solo non scioglie i nodi di fondo che precludono qualunque serio processo di stabilizzazione, ma non dà ancora alcuna certezza neanche sulle proroghe». Peraltro, si attende ancora la circolare esplicativa del ministero della Funzione pubblica.
Preoccupato anche il presidente facente funzione dell'Anci-Sicilia, Paolo Amenta, per i problemi che sorgerebbero in tutti i comuni senza l'ausilio di questi lavoratori, anche se in alcune realtà il numero di precari è elevatissmo. E non vi sarebbe revisione di pianta organica possibile per immetterli tutti in ruolo. Per questo motivo, lo strumento che si tenta di perseguire è quello della costituzione del «bacino unico regionale» in cui dovrebbero confluire i precari. Contestualmente, i comuni dovrebbero avviare la revisione delle piante organiche e le procedure processuale. Il «bacino unico regionale» dovrebbe garantire la proroga dei contratti per tre anni, fino al 2016. Ma la Regione potrà farlo solo certificando una riduzione di spesa pari alla somma necessaria per il pagamento degli stipendi per un anno, ossia 310 milioni di euro.
Operazione avviata dall'assessore all'Economia, Luca Bianchi, ma per potere salvare i precari è indispensabile approvare il bilancio di previsione e il disegno di legge di stabilità entro il 31 dicembre quando, contestualmente, scadranno i contratti dei precari degli enti locali. Potrebbe essere un motivo in più per evitare il ricorso all'esercizio provvisorio.
Il tempo che rimane è pochissimo, ma molto stretto è anche il percorso finanziario su cui si dovrà procedere. I fondi regionali sono risicati, l'extragettito ottenuto con il rientro dal deficit sanitario è stato impegnato per pagare un miliardo di crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Inoltre, bisognerà incrementare il «fondo rischi», prevedere la quota di co-finanziamento dei nuovi fondi europei che saranno disponibili da giugno in poi.
Da parte del governo nazionale non è arrivato alcun sostegno, contrariamente a quanto aveva fatto sperare la prima stesura del decreto legge di D'Alia sulla pubblica amministrazione, stoppato dal Ragioniere generale dello Stato.