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06/12/2013 16:04:00

MAGNIFICAT – CANTICO DI MARIA


Oggi ci soffermeremo a considerare alcuni aspetti del famoso “cantico” fatto pronunciare a Maria dall’evangelista Luca e conosciuto universalmente dalla prima parola della sua traduzione in latino, “MAGNIFICAT”. Dovremo quindi, ovviamente, accostarci alla Maria “storica”, così come ci è presentata nei Vangeli, e cercare di capire che cosa è avvenuto e sta avvenendo lì, nella casa di sua cugina Elisabetta. 

Mentre leggevo e rileggevo questo cantico e cercavo spunti di riflessione e suggerimenti in alcuni degli innumerevoli commenti che esistono su questo testo, premevano alla mia mente e occupavano la mia immaginazione altre figure di Maria, certamente prodotte dalla mia esperienza religiosa cattolica, prima della scelta valdese, e dal fatto che tutti noi viviamo immersi in una società “cattolica”, in cui i culti della “Madonna” sono dominanti, esondano come le acque di un’alluvione nelle coscienze di credenti e non credenti. E’ un fenomeno sociale prima ancora che religioso.

Ho deciso quindi di richiamare brevemente, come premessa, due culti della “Madonna, vergine e madre di Dio”: uno di questi è molto lontano da noi in termini geografici, poiché è nato in Messico ed è diffuso nell’America Latina e solo da qualche decennio si sta estendendo anche nel Nord America; l’altro ci è vicinissimo, ci viviamo dentro anche se siamo protestanti, perché riguarda la nostra città, Marsala.

LA MADONNA DI GUADALUPE (Messico)

Tutto comincia con la scoperta dell’America nel 1492. Negli anni successivi una marea di avventurieri spagnoli, bramosi di arricchirsi e di dominare, invase il “Nuovo Mondo”. Avevano ottenuto l’investitura dai sovrani di Spagna, ai quali si impegnavano a inviare buona parte delle ricchezze che avrebbero trovato; erano accompagnati da religiosi cattolici, attraverso i quali si impegnavano a “convertire alla vera fede” le popolazioni “infedeli” che avrebbero sottomesso. Fu una tragedia, uno “scanna scanna”, le varie tribù vennero sterminate o schiavizzate, le donne venivano regolarmente stuprate, la tortura era pratica diffusa. Si sopravviveva soltanto se ci si “convertiva” alla religione degli invasori. E così l’America latina divenne cristiana e cattolica. Gli spagnoli, i loro preti in particolare, fecero di tutto per estirpare e far dimenticare le precedenti religioni, in cui si adorava una “Grande Madre della creazione”. Circa una ventina d’anni dopo l’arrivo di Colombo, nel Messico era stato distrutto l’impero Azteco, il popolo era stato schiavizzato e convertito.

Una mattina, un povero indiano, un contadino che si chiama Juan Diego, sta salendo su per una collina nella periferia della capitale Città del Messico. Improvvisamente gli appare una “Signora”, che gli richiama l’immagine della Grande Madre, della Regina indiana del Cielo. La Signora gli dice: “ Io sono la sempre Vergine santa Maria , Madre del vero Dio che dà la vita” . Juan Diego racconta tutto al vescovo, che non gli crede. Ma dopo alcuni giorni, in cui le apparizioni si ripetono e avviene il miracolo che l’immagine di questa “Signora” appare misteriosamente stampata sul mantello di Juan Diego, l’apparizione è accettata e la stessa chiesa cattolica si assume il compito di organizzare il culto della “Madonna di Guadalupe”. Nella realtà è il popolo indio che si appropria di questo culto, ha ritrovato sotto altro nome la “Grande madre india”, che protegge i sofferenti, che difende la loro dignità e li sostiene nella lotta contro le ingiustizie. Durante tutte le rivolte, durante le rivoluzioni il popolo accanto alle bandiere innalza l’immagine della Madonna di Guadalupe. E’ avvenuto come un rovesciamento. Un indio annuncia ai dominatori l’apparizione della “Signora”, gli indigeni sviluppano un “culto” di cui sono “missionari” presso gli spagnoli. Ma non vi era consapevolezza allora di questo rovesciamento e la chiesa cattolica sostenne e contribuì alla diffusione di questo culto, proclamando infine, qualche decennio fa, “Nostra Signora di Guadalupe” protettrice dell’America Latina”.

LA MADONNA ADDOLORATA (Marsala)

Da quasi duecento anni esiste in Marsala il culto della Madonna Addolorata. Ad essa è dedicata una piccola e bella chiesa barocca, a pianta ottagonale, all’ingresso dalla città antica. Uno dei suoi muri costituisce la parete sinistra (per chi entra) dell’antica porta d’ingresso alla città, Porta Garibaldi. Custodisce al suo interno una statua lignea che raffigura la Madre dei dolori, straziata per la crocifissione del Figlio. Il culto coinvolge tutti, uomini e donne, ma in maniera molto più massiccia le donne. Ogni venerdì ( giorno della crocifissione) il grande portale resta aperto tutto il giorno all’afflusso di fedeli, che si soffermano per una preghiera, per accendere una candela, per implorare conforto per le sofferenze, le sventure, i torti subiti. Poi, una volta all’anno, il venerdì di Pasqua la statua percorre per ore ed ore le vie della città seguita da due file lente, composte di popolo. “Ecco, la mia sofferenza è come quella di Maria! solo Lei può capire il mio dolore!” Pensieri e frasi simili percorrono la marea dei devoti, che nel culto di questa Madonna incanalano le proprie frustrazioni e i propri desideri di giustizia

IL “MAGNIFICAT”

Più o meno duemila anni fa, in un paesino fra le colline non lontane da Gerusalemme, una ragazza, andata a trovare una sua cugina, parecchio più grande di lei, ma come lei incinta per la prima volta e ormai al sesto mese di gravidanza, pronuncia questo canto.

Diciamo subito che tra questa ragazza, che si chiama Maria, di Nazareth, e quelle Madonne di cui abbiamo parlato prima io non vedo alcun rapporto. Dimentichiamoci degli innumerevoli culti delle innumerevoli “madonne” per accostarci a questa pagina del Vangelo di Luca.

Prima di affrontare le parole pronunciate da Maria proviamo a “vedere” la situazione. Che è successo? Che sta succedendo?

Sia Maria sia Elisabetta stanno vivendo una esperienza eccezionale, che non è la gravidanza, assolutamente normale per una donna. Entrambe hanno ricevuto un messaggio dal loro Dio, Maria direttamente, Elisabetta attraverso il marito. Maria avrebbe avuto un figlio “senza conoscere uomo”, Elisabetta pur essendo sterile ed ormai troppo avanti negli anni. Maria sta a Nazareth, in Galilea, Elisabetta in un paesino nella confinante regione della Giudea. Maria è riuscita a far accettare quella situazione stranissima, che inizialmente l’aveva sconvolta, al suo promesso sposo, Giuseppe, aiutata anche da un sogno fatto dallo stesso Giuseppe. E’ a conoscenza del fatto che sua cugina Elisabetta è da qualche mese misteriosamente incinta e decide di andare a trovarla. Essendo al sesto mese di gravidanza non è strano che il bambino nel ventre di Elisabetta ogni tanto si faccia sentire con calci e movimenti improvvisi. Ma dà un calcio proprio nell’istante in cui Maria la saluta. Elisabetta ne è profondamente turbata, perché lo interpreta come un messaggio divino: Dio ha voluto ricordarle che questo suo figlio come il figlio di Maria avranno un compito straordinario da svolgere fra il loro popolo. Naturalmente Elisabetta era informata della stranissima gravidanza di Maria e, dato quello che era accaduto a lei stessa, non aveva difficoltà a crederci. Così ricambia il saluto con uno straordinario elogio: “Benedetta sei tu fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno …. Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento”.

E l’evangelista Luca continua così

“E Maria disse:  

L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva.

Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, perché grandi cose mi ha fatto il Potente, Santo è il suo nome e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su quelli che lo temono.

EGLI HA OPERATO potentemente con il suo braccio: HA DISPERSO quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore, HA DETRONIZZATO i potenti e HA INNALZATO gli umiliHA COLMATO DI BENI gli affamati e HA RIMANDATO A MANI VUOTE i ricchi,  HA SOCCORSO Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia, di cui aveva parlato ai nostri padri, verso Abraamo e verso la sua discendenza per sempre.

Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi e poi se ne tornò a casa”

Questo testo è semplice e nello stesso tempo è molto complesso. Innumerevoli teologi, esegeti, artisti (soprattutto musicisti), letterati si sono impegnanti a penetrare dentro i suoi molteplici significati. Facendo pronunciare a Maria tali parole che persona ci vuole presentare l’autore di questo Vangelo? Che personalità, che carattere le attribuisce? Naturalmente questa è una semplice meditazione, vuole solo offrire alcuni spunti per la riflessione e l’approfondimento personale. Mi limito perciò a tre brevi considerazioni sulla struttura di questo “cantico”.

  •  Il testo si spezza in due parti, nettamente diverse nel tono, nei contenuti, nelle finalità. Proviamo a visualizzare la scena con due immagini. La prima parte è una danza. Vediamo una fanciulla entusiasta ( questa parola indica lo stato d’animo di colei che sente la divinità parlarle dentro) che loda il proprio Dio ed esprime una gioia profonda. Nella seconda parte la fanciulla è una profetessa che dall’alto d’una rupe ( come farà suo figlio trent’anni dopo, nel “discorso della montagna”) pronuncia, in nome di Dio, parole di liberazione e di condanna.
  • In questa prima parte, durante la danza, nel canto di gioia e di lode Maria “magnifica” il Signore, “esulta” in Dio, “mio Salvatore”. Stiamo attenti ai due soggetti di questi verbi, “l’anima mia”, “lo spirito mio”. Qui “anima” vuol dire “la mia parte corporea, animale”; e “spirito” è da intendere come “intelligenza”. In altre parole sta cantando, più o meno, “con tutto il mio corpo e con tutta la mia mente sto gioiendo”… , ci viene da chiederle, perché stai gioiendo? E lei ci anticipa e ci risponde: “perché”  Dio ha rivolto il suo sguardo verso di lei, che sa di essere una persona semplice, umile, una ragazza priva di esperienza: le ha dato da affrontare un compito misterioso, straordinario. Questa consapevolezza la porta a riprendere la parola usata per lei da Elisabetta, “beata”. Sì, canta la fanciulla, sono beata,continueranno a chiamarmi beata di generazione in generazione perché in me si è manifestata la “misericordia” del “Potente” , quella stessa misericordia che si estende anche a tutti coloro che lo temono di generazione in generazione. E’ il cantico del Dio misericordioso.
  • Non riesco ad immaginare le parole della seconda parte pronunciate durante una danza. No, Maria, la ragazza nel cui corpo ancora non si vedono i segni della gravidanza, si ferma, improvvisamente assume un tono grave, sente vibrare dentro di sé la lunga tradizione dei profeti di Israele, esalta la potenza di Dio che opera tra gli uomini e non ha mai trascurato di soccorrere il popolo di Israele. Proclama ciò che Dio ha fatto ma vuole indicare ciò che Dio continuerà a fare. I superbi “nei pensieri”, i potenti, i ricchi saranno abbassati; gli umili, gli affamati saranno innalzati, colmati di beni. E’ il cantico del Dio della Giustizia.
  • Una conclusione potrebbe essere: questo è il cantico del Dio giusto e misericordioso pronunciato da una fanciulla invasa da Dio.

    Giovanni Lombardo     (meditazione per il culto del primo dicembre 2013 nella chiesa valdese di Trapani e Marsala)