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05/01/2014 19:24:00

Meditazione: veri e falsi apostoli

Perciò, avendo noi tale ministero in virtù della misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d'animo; al contrario, abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia né falsifichiamo la parola di Dio, ma rendendo pubblica la verità, raccomandiamo noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio.  Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione,  per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio.  Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù; perché il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo.( 2Corinzi 4,1-6)

Cari fratelli e care sorelle, anzitutto auguri per questo nuovo anno che sta dinnanzi a noi, che il Signore lo possa riempire dei doni spirituali che ci elargisce in Gesù Cristo, che noi confessiamo come nostro Signore.

Prima di addentrarci nel contenuto del nostro testo, mi pare giusto fornirvi alcune notizie riguardanti la lettera da cui è tratto. Paolo scrisse questa seconda lettera ai Corinzi non molto tempo dopo la prima, si presume intorno agli anni 56/57). In verità, secondo molti studiosi, questa lettera è un compendio di diverse lettere, scritte nella contingenza di varie situazioni.

Corinto è una città della Grecia centro-meridionale nella periferia del Peloponneso, fondata addirittura nel 1500 a.C., oggi conta meno di 40.000 abitanti. Qui Paolo diede vita a una comunità cristiana, non sappiamo se il suo ceppo originario sia stata una comunità ebraica. Quello che sappiamo dalla stessa lettera di Paolo è che a un certo punto arrivano a Corinto nuovi ‘apostoli’, che prendono le distanze dalla predicazione di Paolo, ne contestano l’autorità, e annunciano un vangelo diverso da quello che predica Paolo.

Questi nuovi predicatori esibiscono addirittura delle credenziali, cioè delle lettere di raccomandazione; legittimo pensare che provengano dalla stessa Gerusalemme, dove si trovano sicuramente alcuni apostoli. Erano con ogni probabilità giudeo-cristiani, si definivano ‘servitori di Cristo’, suoi ‘apostoli’, vantandosi delle apparenze e facendosi mantenere dalla stessa comunità .

Paolo si mostra molto duro e severo anche con la comunità di Corinto che li ha accettati e seguiti, anziché metterli al bando e restare fedele al suo fondatore; « Se infatti il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettare »   ( 2 corinzi 11,4)

Paolo negli scritti che compongono l'attuale Seconda lettera ai Corinzi si trovò, come già detto, a lottare contro "falsi apostoli". Essi si presentavano alla comunità di Corinto sicuri di sé, pieni di vanto per le doti e le qualità umane che possedevano, forti anche di doni soprannaturali carismatici di cui si servivano per attirare l'attenzione delle persone e legare a sé i fedeli di Corinto. La loro immagine era quella di persone particolarmente ricche di "talenti" che passavano di successo in successo nell'apostolato, tanto da mietere continui "trionfi" nella vigna del Signore.

Si presentavano dunque ai non cristiani e ai credenti come personalità religiose di primo piano, forti di titoli giuridici o istituzionali e nello stesso tempo sovrumanamente trasfigurate dallo splendore divino visibile sul loro volto di estatici e taumaturghi. Era perciò la loro personalità straordinaria che garantiva il messaggio predicato. S'introduceva così nelle comunità cristiane il culto della personalità con tutto quello che ne segue: orgoglio spirituale e superiorità ostentata nei predicatori della Parola di Dio e nei credenti nasceva conseguentemente una sorta di venerazione pietistica unita a sudditanza servile. La Chiesa finiva per diventare un gregge dominato da capi autoritari e tirannici. Ecco come la Seconda lettera ai Corinzi descrive il rapporto della comunità di Corinto con i nuovi venuti: « Sopportate infatti chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia » (11,20)

Paolo invece mostrava un'altra fisionomia dell'annunciatore del vangelo o dell'inviato di Cristo (apostolo). Non possedeva punti di forza personali, anzi appariva un uomo debole e privo di qualsiasi aureola, incapace di attirare l'attenzione altrui sulla sua persona. In pratica egli si nascondeva dietro il messaggio evangelico. Non predicava sé stesso bensì Gesù Cristo come unico ed esclusivo Signore, essendo la sua parte quella dell'umile servitore: « noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù »

Paolo insiste moltissimo sulla sua personale debolezza, sul fatto d'avere il grande dono del Vangelo «in vaso di creta» ; sulle continue sofferenze, difficoltà e insuccessi nell'apostolato: il suo lavoro nella vigna del Signore è costellato da numerosi problemi e si svolge profondamente all'insegna della croce. Il suo apostolato non è una corsa senza intralci e ritardi, bensì un duro avanzare nella fatica e nell'umiltà, talvolta anche nell'umiliazione.

Ma il distintivo vero dell'autentico apostolo non è il successo, bensì la chiamata di Dio all'apostolato e la sua grazia che lo sostiene in ogni momento. L'autentico apostolo rivive in sé la vicenda di Gesù di Nazaret, evangelizzatore, egli pure, accolto e non accolto, crocifisso per la sua debolezza, ma resuscitato dal Padre e reso da Lui sorgente di salvezza per tutti (13,4).

Paolo sa che ogni cristiano porta il tesoro del vangelo in vasi di creta, conosce le continue sofferenze, le difficoltà e gli insuccessi nell’apostolato. Il nostro cammino è una corsa in mezzo a tanti intralci, un lento avanzare nella fatica, nell’umiltà, spesso senza risultati da esibire.

Ma, cari fratelli e care sorelle, non è la garanzia del successo che ci deve muovere nella fede e nell’annuncio del vangelo, ma la chiamata di Dio all’apostolato, e la certezza della sua grazia che ci sostiene in ogni momento. Paolo rivive in sé la vicenda umana di Gesù, respinto e messo in croce, ma resuscitato dal Padre e diventato sorgente di salvezza per tutti.

Il confronto che Paolo fa tra sé e i "falsi apostoli" non è volto a mettere in luce e in posizione superba di superiorità sé stesso come persona, ma a dare la giusta immagine del vero apostolo di Cristo. Egli sta parlando dell'apostolato cristiano.

La testimonianza cristiana non consiste solo nel predicare Cristo morto per noi. Paolo lo predica Signore, proclama la sua gloria celeste e lo chiama l'immagine del Dio invisibile. Chi scorge in lui soltanto un profeta, ha di Cristo un concetto monco e pertanto non giusto. Noi siamo chiamati a diventare immagine di Gesù Cristo, ma solo chi crede nel Cristo glorificato, e lo contempla come tale, è trasformato nella sua immagine.

Veniamo a noi. Cosa possiamo imparare dal passo che stiamo meditando? Intanto possiamo chiederci sempre se a noi è stato annunciato un vangelo ‘genuino’, o un vangelo adattato alle circostanze, ammorbidito o reso innocuo per giustificare il nostro modo di vivere. Guardandoci attorno vediamo tanti gruppi di cristiani arroccati nelle posizioni delle diverse chiese. Tutti insistono sulla genuinità della propria fede: cattolici, ortodossi, pentecostali, riformati, testimoni di Geova, mormoni.

Ma qualcosa non torna. Intanto non sembra fondata la posizione di una chiesa che taglia le ali di una ricerca personale nella fede e addita se stessa come dispensatrice della verità e della grazia.

Bisogna anche diffidare delle chiese che cercano sostegno nel potere politico, rivestendosi esse stesse di potere, dandosi codici canonici e ponendosi come giudici e artefici di condanna, proclamando dogmi e asservendo ad essi la coscienza dei propri fedeli.

Altre chiese predicano un monopolio dello Spirito Santo, ponendo se stesse come garanzia e veicolo della sua presenza. Il comandamento di non farsi idoli viene gravemente ignorato e così il nostro popolo vive nell’idolatria, senza saperlo, anzi credendo di onorare Dio.

Che vangelo è stato predicato a Marsala?

Che vangelo dobbiamo predicare noi? Paolo ha coscienza di predicare una ‘buona notizia’, ma deve scontrarsi con altri predicatori che portano altre ‘notizie’.

Che ‘notizia’ abbiamo per i nostri amici o conoscenti? E dove possiamo attingere questa ‘buona notizia’? Gesù è segno di contraddizione per l’umanità, lo si può accettare come uomo, lo si può riconoscere come Emmanuel, Dio in mezzo a noi, lo si può rigettare, negandone persino la presenza storica. Così è della sacra scrittura. Anch’essa segno di contraddizione. Per tanti è solo una raccolta di testi letterari, per altri è Parola di Dio fino nelle virgole, per altri una raccolta di testi contraddittori, testimonianze che si annullano fra loro.

E per noi cos’è la bibbia? Cos’è il vangelo? Sono domande serie a cui dobbiamo rispondere. E la risposta l’abbiamo già data. Se riconosciamo che in essa possiamo incontrare anche la Parola di Dio, oltre che le parole degli autori umani, è consequenziale riferirsi continuamente a lei, leggerla e meditarla continuamente. Solo così riusciremo ad avere una fede personale, fondata sulla roccia della verità che ci è stata manifestata. E solo così potremo offrire agli altri una ‘buona notizia’ che può sollevare anche loro dalla mediocrità di una fede abitudinaria, che nulla ha di personale. Ovviamente accompagneremo lettura e meditazione con la preghiera e con la testimonianza della nostra vita, che è la vera notizia che gli altri leggono a chiare lettere.

Molti restano increduli, ma la colpa non è del vangelo e spesso non è di chi l’annuncia. Le disposizioni morali di chi ci ascolta spesso fanno la differenza. Per questo non smettiamo mai di annunciare anche la misericordia di Dio, sempre pronto a perdonare chi ritorna da lui. Purtroppo per molti il vangelo è coperto dal velo del loro rifiuto e non potranno avere accesso alle sue ricchezze spirituali. Anzi Paolo parla di luce, parola usata spesso nel nuovo testamento. E qui la luce proviene dall’annuncio autentico del vangelo che promuove la gloria di Gesù Cristo, immagine del vero Dio.

Ci sentiamo pronti per tale compito? Siamo vasi di terra, ma portiamo dentro di noi un grande tesoro, che non è nostro, ma che dobbiamo condividere con gli altri per gioire tutti assieme e rendere lode e gloria a Dio. E che la luce che proviene dall’annuncio autentico del vangelo promuova la gloria di Gesù Cristo, immagine del nostro vero Dio. La nostra fede ci guidi nella luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo. Amen.

 

Franco D'Amico - www.chiesavaldesetrapani.com