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10/03/2014 13:46:00

Congresso Cgil, la relazione di Filippo Cutrona

Gentili invitati, care compagne e cari compagni,

Le assemblee degli iscritti, che hanno anticipato gli undici congressi delle categorie, si sono concluse con la netta affermazione del documento “Il lavoro decide il futuro” di cui è prima firmataria la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso.

Le 144 assemblee congressuali, che le categorie hanno tenuto nei luoghi di lavoro e nelle Camere del lavoro di tutto il territorio trapanese, sono state una grande affermazione di partecipazione democratica in cui lavoratrici, lavoratori e pensionati sono stati chiamati a esprimersi anche sul documento congressuale “Il sindacato è un'altra cosa” che porta la firma di Giorgio Cremaschi.

La Cgil, in sintonia con le categorie, ritiene da sempre strategico il costante coinvolgimento delle lavoratrici, dei lavoratori, dei disoccupati, dei pensionati perché è dal confronto che si elaborano politiche di tutela e di affermazione dei diritti.

La fase propedeutica ai congressi è stata complessa perché delicato è il quadro in cui si articola il mondo del lavoro in questa provincia martoriata da un alto tasso di disoccupazione, da una crisi che ha messo in ginocchio anche le aziende più solide, da Istituzioni talvolta poco sensibili ai temi del lavoro, da vertenze che si susseguono a ritmi incalzanti, da un'assenza di regole che sembrano aver preso il sopravvento e da un sistema illegale in cui la mafia investe e accentra a sé capitali, continuando a soggiogare una parte del tessuto economico e produttivo del territorio.

Lavoratori, disoccupati, giovani, immigrati e pensionati, uomini e donne dell'intera provincia forniscono l’immagine di una realtà che vede il mondo del lavoro frantumato e in cui si rende indispensabile una più incisiva e capillare presenza della Cgil nei posti di lavoro e sul territorio.

Per creare lavoro e per dare futuro e sviluppo al Paese, al Mezzogiorno, alla Sicilia e alla provincia di Trapani dobbiamo ripartire dal “Piano del Lavoro”, presentato un anno fa dalla Cgil nazionale.

A 65 anni di distanza dal Piano del lavoro, sottoscritto da Giuseppe Di Vittorio per la rinascita dell'economia nazionale dell'Italia del dopoguerra, la Cgil rilancia una seconda proposta economica per creare nuovi posti di lavoro.

Seppur in un diverso contesto politico, le premesse su cui si fondono entrambi i “Piani” sono le stesse: l'alto tasso di disoccupazione, il lavoro irregolare e la necessità di una politica di investimenti pubblici regolata, non dai criteri del profitto immediato, ma da quelli dell'utilità generale per il massimo impiego dei lavoratori.

 


Come disse nel 1950 il sindacalista e politico Vittorio Foa “il Piano è un richiamo alla responsabilità del governo e della classe dirigente del paese”.

Oggi come allora, la Cgil ha elaborato un “Piano” per ridurre la disoccupazione di massa seguendo e ampliando le linee guida su cui si articolò il piano di interventi proposto da Di Vittorio nei tre settori fondamentali: bonifiche, agricoltura, industria ed edilizia.

L'obiettivo che si propone la Cgil per il Paese è, adesso, quello di creare, nell'arco di un periodo che oscilla dai tre ai cinque anni, nuovi posti di lavoro attraverso delle precise linee guida che prevedono una sostenibilità economica che ammonta a 50 miliardi di euro da dedicare a progetti per la creazione diretta di lavoro, di sostegno all'occupazione, per la riforma del mercato del lavoro, per gli ammortizzatori sociali per un nuovo piano welfare e per la restituzione fiscale.

Riqualificare l'industria e i servizi, riformare la pubblica amministrazione e il welfare e creare un nuovo modello di sviluppo in cui l'intervento pubblico deve tornare a essere determinate è la proposta della Cgil per un'inversione di rotta dell'economia del Paese e in particolare delle aree del Mezzogiorno.

Il Piano presentato punta anche a difendere il lavoro nei settori tradizionali: l'agricoltura, il terziario e l'industria.

La segretaria generale Susanna Camusso ha lanciato al Governo un segnale chiaro che racchiude in sé una sfida: “se non si riparte dal lavoro e dalla creazione di lavoro non si aprirà una nuova stagione di crescita e sviluppo”.

E' questo il filo conduttore che lega le undici azioni su cui si articola il documento congressuale “Il lavoro decide il futuro” che la Cgil proporrà al governo, alle forze sociali, alla politica, alle Istituzioni e ai cittadini.

Una proposta che, partendo dalle politiche europee, individua un piano di azione per le politiche fiscali, le pensioni, l'istruzione, le pubbliche amministrazioni, le politiche industriali, il lavoro, la contrattazione, il welfare, l'inclusione sociale e la libertà delle donne da ogni forma di violenza.

Ciò che proponiamo è un modello di sviluppo che coinvolga il tessuto politico, economico e sociale, che miri a superare la recessione e ad arginare il forte divario socio-economico tra il Mezzogiorno, sempre più povero, e il resto dell'Italia.

Un'Italia che insieme al sud d'Europa sta subendo decisioni che guardano soprattutto agli interessi politico-economici del nord Europa e in cui la Germania sta svolgendo un ruolo determinante.


La politica dell'austerità e del rigore imposte dall'Unione Europea e dalla Germania stanno producendo un'insostenibile recessione economica che sta generando disuguaglianze tra sud e nord Europa e, nel caso specifico dell'Italia, tra le zone settentrionali e meridionali.

In questo contesto è indispensabile che all'Europa della moneta corrisponda anche un' Europa realmente federale anche sui temi dei diritti, delle tutele e del lavoro.

Una politica economica comune è quanto mai necessaria per elaborare un piano di investimenti Europei che abbia come priorità l'occupazione dei giovani e delle donne.

L'Europa deve attuare politiche economiche, industriali e infrastrutturali che consentano a tutti gli Stati di essere competitivi senza disuguaglianze e penalizzazioni con il resto del mondo.

In una fase di crisi globale, per la profonda depressione economica, è necessario superare il Patto di stabilità che vincola gli Stati a non sforare la soglia del 3% sul prodotto interno lordo.

Paradossalmente la teoria dell'economista britannico, padre della macroeconomia, Keynes sembrerebbe essere, oggi più che mai, un modello da applicare per aumentare consumi, investimenti e occupazione.

La teoria economica Keynesina propone, infatti, l'intervento finanziario dello Stato a sostegno dell'economia anteponendo la domanda alla produzione e non viceversa.

La politiche economiche messe in campo dall'Unione Europea propongono, invece, un modello diametralmente opposto in cui la politica del rigore e il fiscal compact impongono che ogni singolo Stato non sostenga l'economia attraverso gli interventi pubblici.

La Cgil ritiene, invece, che i finanziamenti pubblici rivolti alla politica industriale, alle infrastrutture e al welfare siano indispensabili per contrastare la deindustrializzazione, avviare la crescita del Paese, soprattutto nelle aree maggiormente depresse, e mettere al centro il lavoro.

Da oltre 20 anni il sistema industriale italiano attraversa una profonda crisi di investimenti che dal 2008 ha raggiunto il suo punto più basso.

Un sistema industriale vecchio che non ha puntato all'innovazione e alla ricerca declassando, sul mercato globale, l'Italia dal punto di vista della competitività.

 

Nell'arco di questi 20 anni i governi che si sono susseguiti non hanno saputo cogliere i segnali di sofferenza e declino del sistema produttivo elaborando politiche industriali e di sostegno alle imprese che avrebbero potuto rafforzare il made in Italy, consentire al Paese di non essere devastato economicamente dal contraccolpo della crisi globale, ai giovani di trovare lavoro e ai cinquantenni di non vedere sgretolare le loro certezze.

Una grande responsabilità hanno avuto anche i governi regionali non investendo sulle politiche industriali, sull'innovazione, sulla ricerca, sulla scuola e sull' università, sul patrimonio culturale, sulla bonifica del territorio, sulla green e blue economy, sulle politiche sociali e dei servizi, sulle politiche del lavoro.

A pagare le conseguenza sono stati e sono soprattutto i giovani, le donne, i lavoratori, i pensionati e le fasce deboli della popolazione.

Oltre un anno fa, l'allora presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, rilevò che in Italia nel periodo della crisi che va dal 2009 al 2013, “la mancata crescita nominale del Pil ha superato i 230 miliardi”.

In Italia, dal 2008 al 2012, le aziende che hanno cessato l'attività sono 134 mila. Il rapporto della Cgil basato su dati Inps segnala che nel solo mese di gennaio 2014 sono state chieste più di 81 milioni di ore di cassa integrazione, equivalenti a 440 mila lavoratori e 700 euro in meno in busta paga per ogni dipendenti.

Secondo i dati Swimez, negli ultimi cinque anni la perdita del prodotto interno lordo è stata in Italia del 6,9%, nel Mezzogiorno del 10% e in Sicilia dell'11,2%.
La produttività, sempre nell'arco del 2008/2012, è diminuita nel centro nord dello 0,4% nel Mezzogiorno dell'1% e in Sicilia dell'8,5%.
Per quanto riguarda gli investimenti sono diminuiti nel centro nord del 18,8%, nel Mezzogiorno del 44,5% mentre in Sicilia del 34,4%.

Ed è proprio la mancanza di investimenti, sia da parte del pubblico che del privato, che ha drasticamente ridimensionato il sistema industriale italiano in tutti i suoi settori determinando una contrazione occupazionale con maggiori ripercussioni nel Mezzogiorno e, in particolare, in Sicilia.

In questo scenario sono maturati il Piano del lavoro e il documento congressuale con le sue undici azioni.

“La mancanza di una politica industriale nazionale – si legge nel Piano – ha contribuito in modo determinate alla crescita del divario tra Nord e Sud, sia in termini di occupazione che di valore aggiunto”. I dati fin qui illustrati confermano il forte divario tra nord e sud del Paese.


Siamo davanti a un'Italia divisa in tre con un Mezzogiorno e una Sicilia fortemente penalizzate sul piano delle aziende che hanno cessato l'attività, del pil, della produttività, degli investimenti e dell'occupazione.

Dal 2008 al 2013 il tasso di disoccupazione è passato in Italia dal 6,7% al 12,9% mentre in Sicilia dal 13, 8% al 19,7%.

Nel quadro Siciliano la provincia di Trapani subisce quasi un raddoppio della disoccupazione che passa dal 10,76% del 2008 al 18,01% del 2012.

Secondo i dati Swimez gli occupati trapanesi nel 2008 erano 133 mila mentre nel 2012 sono calati a 122 mila diminuendo del 9,1%. Le attività che hanno chiuso battenti negli ultimi cinque anni sono complessivamente 3200.

Tra il 2012 e il 2013 c'è stata una diminuzione della cassa integrazione ordinaria che da 604.440 del 2012 passa a 289.624 del 2013. Un dato che non deve trarci in inganno perché la flessione del 47,91% si è raggiunta, non con il lavoro regolare, ma con il forte aumento del lavoro nero, con la fine del periodo in cui le aziende potevano usufruire dello strumento degli ammortizzatori sociali e con la cessata attività delle aziende.

Nel 2013 rispetto al 2012 raddoppiano, invece, le domande per gli ammortizzatori sociali in deroga che passano da 286 (nel 2012) a 496 (del 2013). Un dato in costante aumento se si considera che nei soli mesi di gennaio e febbraio del 2014 le aziende che hanno richiesto l'attivazione degli ammortizzatori sociali in deroga sono 377.

Un'Italia, una Sicilia e una provincia di Trapani in sofferenza, in cui non solo sono mancati un piano e politiche per il lavoro, ma in cui, la mancanza di stabilità politica degli ultimi tre anni ha determinato un blocco delle politiche legate allo sviluppo complessivo sostituite da provvedimenti tampone dagli effetti negativi che hanno avuto solamente gravi ripercussioni sui lavoratori e sui pensionati.


Una riflessione merita l'attuale situazione politica che ci pone davanti a un sistema malato e in cui la legge elettorale cosiddetta “porcellum” ha contribuito a non garantire ne governabilità ne stabilità.

C'è voluta la sentenza della Corte per dichiararla incostituzionale.

Adesso ciò che occorre è una nuova legge elettorale che dia credibilità all'Italia e ai cittadini la certezza che il voto espresso non serva per i ribaltoni ma per governare con stabilità.

 

Al nuovo Governo Renzi la Cgil chiede stabilità, chiede di ripartire dal lavoro, una lotta serrata all'elusione e all'evasione fiscale, oggi stimata in una perdita annuale di 130 miliardi, la patrimoniale fino a 800 mila euro con l'aliquota progressiva dallo 0,5% all'1,8% e di adeguare la tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 25%.

Al Governo chiediamo di riformare la normativa Irpef aumentando le detrazioni fiscali per i lavoratori e i pensionati riducendo le aliquote per i redditi medio-bassi e aumentandoli per quelli alti.

Lo sblocco dei contratti nel pubblico impiego non può più essere rimandato mentre
in tema di istruzione, formazione e ricerca la Cgil chiede che siano garantiti adeguati finanziamenti alla scuola pubblica per il diritto allo studio, di innalzare l'obbligo scolastico a 18 anni e di garantire, nella scuola, un organico stabile.

Sulle pensioni è indispensabile la revisione della riforma Fornero per la riaffermazione dei diritti dei lavoratori e un sistema previdenziale che ripristini la flessibilità dell'età pensionabile e che consenta di andare in pensione a 62 anni senza penalizzazioni.

Un'attenzione particolare la Cgil la chiede per il Mezzogiorno con la creazione di nuovi posti di lavoro contrattualizzati per i giovani, le donne puntando sulla bonifica del territorio, sui bei culturali, sul turismo e su investimenti per le infrastrutture e una seria politica industriale.

Al presidente Crocetta anche la Cgil trapanese chiede, con forza, di rivendicare presso il governo nazionale politiche che non vedano penalizzata e tagliata fuori dai finanziamenti nazionali ed europei la Sicilia e le sue zone più interne e depresse.

Al Governatore Crocetta la Cgil chiederà, ancora una volta, di passare dalla politica degli annunci a una politica di reale coinvolgimento delle parti sociali per affrontare le gravi questioni che riguardano migliaia di disoccupati, di precari, di lavoratori e pensionati.


Non è un mistero quanto la Cgil sia critica nei confronti del governatore Crocetta e della sua giunta. Se da un lato ne apprezziamo l’opera di moralizzazione, dall’altro denunciamo quanto assente sia dalla sua azione di governo una reale programmazione che apra le porte alle riforme e allo sviluppo socioeconomico.

Un esempio su tutti è stata l'eliminazione delle province attraverso una legge che non è scaturita da un'attenta riflessione e da un piano di intervento per la gestione delle strutture e dei servisti gestiti dall'Ente. Ad oggi non sappiamo ancora quali ruoli e competenze saranno trasferiti ai costituendi consorzi tra i comuni, così come non sono chiare le sorti delle lavoratrici e dei lavoratori delle società partecipate.

Di certo è impensabile che migliaia di lavoratori delle partecipate della Sicilia e di Trapani perdano il lavoro su cui hanno costruito, investito e speso energie.
Su questo fronte proseguiremo con determinazione il confronto con il Governo regionale fermamente convinti che sia necessaria la lotta agli sprechi ma che essa non debba passare sulla testa dei lavoratori.

Al neo commissario straordinario Antonio Ingroia chiediamo attenzione e impegno a difesa del lavoro sia per i precari dell'Ente che per i dipendenti della società partecipata di multiservizi Megaservice posta in liquidazione.

Stabilizzare i precari, che per anni hanno retto gli enti pubblici, è anzitutto un dovere morale nei confronti di migliaia di lavoratrici e lavoratori, illusi da una classe politica clientelare e senza scrupoli che, garantendo un seppur precario posto di lavoro, si è assicurata fortune elettorali.

In provincia di Trapani tra Comuni, Ipab, Camera di Commercio, Iacp e Provincia Regionale sono circa 3500 i precari che da oltre 20 anni attendono invano di essere stabilizzati. Anche dal corretto funzionamento della macchina amministrativa dipende lo sviluppo, ad oggi, bloccato anche da una burocrazia troppo lenta.

Se la Sicilia, se la provincia di Trapani, vogliono puntare sullo sviluppo industriale è indispensabile una politica rivolta alle infrastrutture con un piano dei trasporti nazionale e regionale che investa il sistema portuale, aeroportuale, ferroviario e viario.

Se il nord continuerà a viaggiare ad alta velocità e il sud a bassissima velocità il divario tra il sistema produttivo ed economico tra le due aree del Paese sarà sempre più ampio.


Non basta che un territorio sia dotato di aeroporto, porti, rete ferroviaria e autostrade se poi su di essi non convergono, come accade in provincia di Trapani, finanziamenti in grado di potenziare e ammodernare il sistema trasporti.

Per questa provincia la Cgil chiede di investire sui trasporti non solo per gli spostamenti dei cittadini ma per il trasporto merci consentendo anche ai nostri prodotti di viaggiare ad alta velocità raggiungendo i mercati nazionali e internazionali.


Care compagne e cari compagni, in un territorio ad alta vocazione turistica è scandaloso che per raggiungere il capoluogo siciliano con le ferrovie si percorrano 100 chilometri in 4 ore e trenta.


Ancora oggi siamo in attesa della riapertura della tratta Trapani-Alcamo diramazione via Milo, chiusa per frane, che consentirebbe di raggiungere Palermo in due ore e 15 minuti.

Anche il trasporto pubblico locale, con i mancati contributi regionali all'Azienda siciliana trasporti, non riesce a garantire i servizi minimi, penalizzando gli studenti della provincia e i pendolari.

Per il porto di Trapani al governo regionale chiediamo di rappresentare al governo nazionale l'urgenza di un finanziamento per il dragaggio del porto di Trapani, che nella classifica dei Porti è stato inserito tra quelli di interesse nazionale.

Un porto strategico, che punta a diventare ponte di collegamento con tutti i paesi che si affacciano nel Mediterraneo, ma che, con i suoi 8 metri di fondale, non consente l'ingresso delle navi commerciali e da crociera, dotate di tecnologie moderne che impongono pescaggi più elevati. Così come è necessario procedere all'escavazione di alcuni suoi tratti per rendere operative le banchine di recente costruzione e ancora inutilizzate.

L'aeroporto di Trapani Birgi “Vincenzo Florio” rappresenta per il territorio una grande e fondamentale risorsa. Il rinnovo del contratto tra l'Airgest con la compagnia low cost irlandese Ryanair e che ha visto la determinante partecipazione in un'azione di co-marketing dei 24 comuni del territorio rappresenta per l'intera provincia una grande opportunità in termini di turismo e occupazione.

Tuttavia non si può demandare soltanto a una compagnia aerea, che senza dubbio rappresenta una grande opportunità, il compito dello sviluppo legato al comparto turistico.

Riteniamo che le Istituzioni debbano iniziare a programmare condivise politiche di sviluppo turistico in cui la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali e ambientali svolgano un ruolo prioritario. Per questo è necessaria un'inversione di tendenza delle Istituzioni che devono elaborare politiche di valorizzazione del patrimonio racchiuso in ogni singola porzione di territorio per sviluppare un'unica offerta che garantisca flussi turistici 365 giorni l'anno.

Investire sul turismo vuol dire anche creare posti di lavoro e attività che non siano condizionate dalla permanenza o meno di una compagnia aerea. Vuol dire anche attirare nuovi investitori e avere un forte potere contrattuale nei confronti di chi sull'aeroporto sembra avere l'esclusiva.

Un progetto di sviluppo del patrimonio culturale e ambientale è quanto mai indispensabile per creare occupazione.


Oggi basta vedere lo stato di abbandono dei nostri parchi archeologici, del nostro patrimonio culturale e ambientale per capire quanto pesino sullo sviluppo e sull’occupazione l'assenza di una politica regionale capace di creare sinergie, di incoraggiare investimenti, di dare occupazione.


Allora è spontaneo chiedersi se realmente la Sicilia e la provincia di Trapani sono bacini culturali e se la cultura, posta in uno stato di totale abbandono e degrado dal governo della Regione, può essere il volano dell’economia turistica.

Siamo fermamente convinti che per superare la crisi occorra anche puntare sulla valorizzazione delle tipicità dei prodotti agricoli, investendo anche sui processi di trasformazione e di ampliamento del comparto agro alimentare che caratterizzano le zone di Marsala, di Alcamo e della Valle del Belice.

L'economia provinciale è essenzialmente trainata dal settore agricolo e in particolare dalla produzione vitivinicola che assorbe complessivamente il 30,9% dell'intero sistema imprenditoriale assegnando al territorio trapanese il secondo posto in Sicilia dopo Enna e il nono in Italia per importanza del comparto.

Passare dalla fase della produzione a quella della trasformazione e commercializzazione, anche di altri prodotti dell'agroalimentare, diventa indispensabile se si vuol fare dell'agricoltura uno dei pilastri dello sviluppo.

All'innovazione deve corrispondere anche il rispetto delle regole e dei contratti oggi messi al bando, con una crescente frequenza, dal lavoro nero, grigio e dallo sfruttamento senza scrupoli della manodopera straniera.


Per questo la Cgil sostiene l'iniziativa “Un nuovo mercato del lavoro” per la ricostruzione del collocamento pubblico in Agricoltura così come la necessità di una legge per il riordino dell'importante comparto forestale in cui sono impiegati migliaia di lavoratori.

Trainante, per l'economia del trapanese, è anche il settore ittico anch'esso stroncato dalla crisi, dall'insostenibile costo di gestione determinato dal caro gasolio e da politiche europee che non hanno agevolato lo sviluppo del comparto sostenendo il lavoro e il suo indotto.

E' necessario seguire, con attenzione, le vicende legate alla produzione delle energie rinnovabili e chiederci se le mille pale eoliche disseminate nelle campagne della provincia hanno prodotto occupazione ed energia pulita o alti redditi alla criminalità e alla mafia.


In una provincia, come quella di Trapani, attuare il Piano del lavoro vuol dire anzitutto avviare una rivoluzione culturale dei meccanismi che regolano il mercato del lavoro in un sistema in troppi casi permeato dall'illegalità.

Un “sistema” questo che si frappone allo sviluppo determinando concorrenza sleale
tra le aziende e tenendo sotto scacco segmenti imprenditoriali sani a cui è preclusa la possibilità di crescita in termini aziendali, occupazionali e produttivi.
Costanti e continue sono state e sono le attività delle forze di polizia volte a scardinare il sistema di connivenze tra mafia, politica e imprenditoria.

Numerosi sono stati, in questi ultimi anni, i sequestri, per milioni di euro, di beni a imprenditori riconducibili al mafioso latitante Matteo Messina Denaro, di cui il sindacato e tutte le forze democratiche del territorio auspicano la cattura, ma siamo fermamente convinti che, se la sua cattura infliggerà un duro colpo alla mafia e al potere economico deviato, dall'altro la strada da percorrere per sconfiggere la mafia e la criminalità organizzata è ancora lunga soprattutto in un territorio e in una Regione dove le connivenze e l'illegalità sono largamente diffusi.

Dunque non basta soltanto catturare Messina Denaro per affermare la legalità. Oggi più che mai è necessario capire l’evoluzione del potere mafioso su questo territorio, scoprire chi manovra questo criminale, quali interessi protegge e per conto di chi agisce se si vogliono spezzare le catene che tengono sotto giogo l’economia di un territorio e con essa migliaia di lavoratori, di giovani, di donne.

Attorno al tema della lotta alla mafia e dell'affermazione della legalità continueranno ad articolarsi tutte le attività della Cgil in difesa del lavoro e del diritto a una occupazione stabile perché siamo fermamente convinti che legalità e sviluppo siano un binomio imprescindibile

In questi anni la Cgil, insieme all'intero gruppo dirigente e alle categorie, ha portato avanti un'attenta attività politico-sindacale volta alla costante affermazione del rispetto dei diritti e della legalità soprattutto all'interno di aziende, imprese, società partecipate e non, pubbliche amministrazioni e ipab, dove il rispetto delle fondamentali regole sancite dalla Costituzione e dai Contratti collettivi nazionali di lavoro erano venute meno.

Attuare il Piano del lavoro vuol dire anche consentire a migliaia di giovani e meno giovani, diplomati, laureati, in balia di una classe politica incapace, di attuare piani di sviluppo e di crescita, di trovare occupazione.


In un contesto in cui le realtà produttive che hanno retto il sistema economico hanno subito dei durissimi contraccolpi, difendere e riqualificare peculiari settori del lavoro vuol dire consentire alle aziende, che hanno subito un forte ridimensionamento, di tornare a essere competitive sul territorio e nel mercato globale, ma vuol dire anche superare le criticità legate alla drastica diminuzione della produzione e dei posti di lavoro e porre le basi per incentivare gli investimenti nell'industria, nell'edilizia e nel settore del turismo.

Solo 14 anni fa il settore metalmeccanico, con i Cantieri navali di Trapani e Mazara del Vallo, con l'azienda Imam dell'indotto Fiat e con aziende per la produzione di mezzi agricoli, silos e capannoni industriali stava raggiungendo importanti traguardi affermandosi nell'economia del territorio.

Oggi molte di queste aziende sono fallite, hanno chiuso o hanno ridimensionato drasticamente la forza lavoro. A Trapani il settore della cantieristica, dopo il fallimento del Cnt, è in uno stato di profonda incertezza. La ristrutturazione del bacino per cui la Regione aveva stanziato circa 7 milioni di euro non è ancora avvenuta sia per il ricorso fatto nei confronti dell'azienda aggiudicataria dell'appalto sia per i ritardi del Ministero delle Infrastrutture nell'assegnazione dell'area demaniale.


I lavoratori del cantiere navale e dell'indotto attendono da troppo tempo di essere riassunti. Noi ci batteremo con forza per la riassunzione di tutte le maestranza perché è solo attraverso le professionalità che il Cantiere potrà rappresentare un'occasione di sviluppo per il comparto.
Ma ci batteremo anche, con ancora più forza e con la stessa tenacia, per il settore dell'edilizia su cui, più di ogni altro, si è abbattuta una crisi senza precedenti.

In Sicilia, secondo i dati Istat, negli ultimi 5 anni, nell'edilizia si sono persi 70 mila posti di lavoro, le gare pubbliche sono diminuite del 60% mentre le imprese fallite sono intorno a 600 rispetto ai 475 fallimenti dello scorso anno.

Un dato che fotografa un settore in decadimento e dove Trapani si colloca tra le provincie che sta registrando un calo più drammatico.
I dati della cassa edile, riferiti al trapanese, mostrano una realtà in cui, dal 2008 al 2013, la massa salariale è diminuita di circa 50 milioni di euro. Il numero degli operai attivi da 10.877 è sceso a 5.173 così come le ore lavorative sono passate da 8.542.503 del 2008 a 2.503.792 del 2013. Drastica riduzione anche delle imprese attive che da 2.311 del 2008 sono passate, nel 2013, a 1.455.

Per uscire da questa pesantissima crisi sono indispensabili interventi che mettano al primo posto gli investimenti, i diritti e il rispetto delle regole. Occorre una burocrazia più snella per accelerare l'iter affinché siano rese subito disponibili le risorse già stanziate dando alle imprese aggiudicatarie degli appalti la possibilità di avviare i lavori.


In provincia di Trapani ci sono opere per 200 milioni di euro che potrebbero essere immediatamente cantierabili.
I finanziamenti per la gara di appalto per la bretella che collega Birgi a Mazara del Vallo sono già disponibili e l'avvio dei lavori occuperebbe 680 operai.
Anche il finanziamento di circa 40 milioni di euro per il collegamento viario esterno tra la statale 113 e la statale 119 è già disponibile ma occorre accelerare l'iter per far si che si bandisca la gara di appalto.
Fondamentale, inoltre, far ripartire i lavori al porto di Castellammare del Golfo dove ci sono ancora 7 milioni di euro di lavori da eseguire.

Per rimettere realmente in moto il settore è indispensabile puntare anche sulla necessità di recuperare i centri storici, dove oltre il 60% di alloggi sono a rischio sismico mentre il 71% del patrimonio scolastico è al di sotto degli standard di sicurezza. Occorre, inoltre, un piano di investimenti per il riassetto idrogeologico del territorio.

Non possiamo negare che nel territorio trapanese negli ultimi 10/15 anni sono state destinate dal Governo nazionale ingenti quantità di risorse pubbliche, con i Patti territoriali e con la legge 488. Risorse che sarebbero dovute servire per ammodernare gli stabilimenti industriali e creare nuova impresa nei fatti non hanno sortito l'effetto che si proponevano.

Sono state troppe le aziende, un esempio su tutti la Midial, che esaurite le risorse della 488 e le agevolazioni fiscali per i lavoratori hanno chiuso gli stabilimenti e delocalizzato all'estero la produzione. Oggi siamo davanti a una nuova opportunità per le imprese locali con il finanziamento delle Zone franche urbane.

Trapani, Erice e Castelvetrano potranno usufruire, grazie alla “no tax area” di incentivi economici per le piccole e micro imprese per abbattere il costo del lavoro e creare occupazione. Riteniamo che la Zfu possa essere un importante opportunità da portare avanti anche per altre zone del territorio. Penso ad esempio alla Valle del Belice dove dopo 46 anni non si attende solo la ricostruzione ma una politica volta allo sviluppo economico delle zone colpite dal sisma del 1968.

Imprescindibile deve essere il binomio lavoro e sicurezza: troppi incidenti sul lavoro in questa provincia, troppi lavoratori morti ai quali va il nostro pensiero mentre rafforziamo il nostro impegno a vigilare affinché la sicurezza non sia demandata a procedure burocratiche, ma a effettivi controlli nei luoghi di lavoro.

Manterremo alta l'attenzione sulle infiltrazioni della mafia anche all'interno delle imprese continuando a percorrere la strada indicata dal prefetto Fulvio Sodano, che sventando il tentativo della mafia di rimpossessarsi della Calcestruzzi ericina, confiscata al boss Vincenzo Virga, ha cercato di scardinare l'intreccio tra mafia, politica e imprenditoria.
Al prefetto Sodano va il nostro ricordo e il nostro ringraziamento per il lavoro svolto a Trapani e per avere contribuito a creare una coscienza antimafia.

Anche i settori del commercio e del terziario che avevano raggiungo livelli occupazionali soddisfacenti hanno subito una forte retrocessione con la perdita di diverse centinaia di posti di lavoro.

La crisi ha costretto troppe attività commerciali a chiudere definitivamente le saracinesche o a ridurre il personale. Ci sono ancora attività che a fatica continuano a resistere ma altre che sono state strozzate da costi di gestione insostenibili.


Oltre all'oppressione della criminalità organizzata attraverso il racket delle estorsioni che in questo territorio sembra ancora essere un argomento tabù malgrado il fenomeno sia fortemente presente come ha dimostrato recentemente la denuncia del presidente dell'associazione degli industriali Gregory Bongiorno, vittima del pizzo e a cui va il sostegno di tutta l'organizzazione sindacale.

Come non possiamo tacere sulla gestione da parte della mafia di alcune aziende strategiche per la distribuzione di prodotti alimentari.

E' il caso del gruppo 6 Gdo (supermercati Despar e 6 Store) il cui ex proprietario era, prima della confisca, il mafioso Giuseppe Grigoli, prestanome e cassiere del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Allo Stato, all'Agenzia dei Beni sequestrati e confiscati alla mafia, oggi spetta il compito di garantire l'iniziativa imprenditoriale e il mantenimento dei posti di lavoro.

Nella terra di Matteo Messina Denaro, lo Stato ha vinto un' importante battaglia ma adesso è garantendo il lavoro che si deve attuare l'operazione culturale che la mafia non da lavoro e che, investendo ingenti capitali illeciti, si frappone allo sviluppo.

Stenta a decollare, nonostante le numerose iniziative imprenditoriali nel settore alberghiero e della ristorazione, il comparto turistico. Un settore in cui il tipo di lavoro prevalente continua a essere quello del lavoro a chiamata, part-time, stagionale e sommerso. Ma come si può pensare di fare un turismo di qualità se non c'è qualità del lavoro e investimento sulla qualificazione professionale dei lavoratori.

Fare turismo non vuol dire offrire una stanza o un pasto ma entrare nella logica che il turismo richiede un grande impegno imprenditoriale e professionale che non può essere demandato all’improvvisazione o alla frantumazione dei servizi offerti.

Non possiamo parlare di sviluppo imprenditoriale e industriale senza tenere conto del fatto che oggi l'accesso al credito è precluso a coloro che desiderano fare impresa.


Un quadro in cui le banche hanno assunto un ruolo determinante passando da una gestione del credito privo di controlli, finanziando anche aziende in odor di mafia, al

restringimento degli affidamenti alle piccole aziende contribuendo, in alcuni casi, alla chiusura o alla riduzione di personale.
In questo contesto a trarne vantaggio sono gli usurai a cui, spesso, gli imprenditori in preda alla disperazione si rivolgono per ottenere prestiti.

Le scelte della Banca centrale europea non incoraggiano di certo gli istituti ad aprire le maglie del credito alle imprese e alle famiglie.

Lo sviluppo del territorio passa, soprattutto, dalla cultura attraverso politiche di sostegno allo studio.
Ai giovani va garantita, con adeguati finanziamenti e un organico stabile, una scuola pubblica di qualità in cui non vi sia la riduzione del dell'offerta formativa.
Ai docenti, oggi in balia di norme assurde, che non consentono la continuità didattica, va riconosciuto, anche sotto il profilo economico, l’alto ruolo di formatori sociali e culturali.

Anche la formazione professionale deve tornare a essere un importante strumento a servizio dei giovani per l'inserimento nel mondo del lavoro e per riqualificare coloro che un'occupazione l'hanno persa.
In questi anni la formazione professionale, come hanno dimostrato le numerose indagini della magistratura, è stata, per lo più, un bacino voti, clientele e ruberie.

Non vanno messi, però, sullo stesso piano gli Enti che hanno svolto la loro attività all'insegna dell'illegalità con quelli che, negli anni, si sono attenuti scrupolosamente alle regole e che oggi rischiano di essere smantellati per mancanza di risorse.
Alle lavoratrici e ai lavoratori della formazione professionale va garantito il posto di lavoro così come ai giovani il diritto alla formazione.

Per i giovani è necessario spendersi, lottare e costruire non solo per la valorizzazione dell'istruzione e della ricerca pubblica ma affinché l'ingresso nel mondo del lavoro non rappresenti una chimera ma diventi, in questo territorio una concreta opportunità.

Allarmante, in Sicilia, è l'alto tasso di disoccupazione dei giovani dai 18 ai 29 anni che si attesta, secondo i dati Istat, al 45,5%, più della media italiana, già scandalosa, che è del 42,2% mentre in Germania è solo del 7%.

Migliaia di giovani laureati e altamente qualificati lasciano ogni anno l'Isola per cercare lavoro altrove. In Sicilia restano, per lo più, i giovani che hanno deciso di mollare gli studi e gli “scoraggiati”, ovvero coloro che hanno finito le scuole superiori e non cercano lavoro perché sono certi di non trovarne uno.
Tutto ciò non fa altro che impoverire la nostra provincia sia dal punto di vista culturale che economico.


Oggi l’azione del sindacato deve essere ancora più forte e incisiva non soltanto nei luoghi di lavoro, ma anche a sostegno di chi un lavoro lo cerca.

Siamo chiamati ad attuare un'azione mirata per le politiche di genere per contrastare la disoccupazione delle giovani donne che in Sicilia raggiunge la cifra record del 51%.

Nella sfera della tutela dei diritti dei lavoratori particolare importanza assumono migliaia di immigrati presenti nella nostra provincia, sottopagati nelle campagne, sfruttati nella pastorizia, usati senza scrupoli nell’edilizia.

Non possiamo tollerare il loro sfruttamento, come non possiamo sollevare la nostra emozione e la nostra attenzione soltanto quando migliaia di loro, in fuga verso l’Europa, muoiono, così come è accaduto, qualche mese fa, a largo di Lampedusa, nella ricerca della democrazia e di una vita dignitosa.

Essi rappresentano una realtà forte e operosa in grado di contribuire a costruire lo sviluppo del nostro Paese. Per questo al Governo Renzi chiediamo con forza l'abolizione della legge Bossi-Fini dotando il Paese di una legge organica in materia di asilo in cui si rende indispensabile un piano per la costruzione di un efficace sistema di accoglienza, anche attraverso l’impegno dell'Unione europea, che non può esimersi dalla responsabilità di sostenere una delle più importanti frontiere europee nel Mediterraneo.

Al Presidente del consiglio chiediamo di farsi da tramite con l' Europa per l' istituzione di corridoi umanitari per i profughi che fuggono dalle guerre e per contrastare la tratta degli esseri umani, anche attraverso forme efficaci di collaborazione con i Paesi di origine e di transito di migranti e profughi e colpendo duramente i trafficanti.

La Cgil chiede all'Europa che si affronti seriamente e fattivamente la questione immigrazione proponendo politiche di accoglienza e di integrazione che vedano partecipi tutti gli stati membri, non demandando alla sola Italia e, in particolare, alla Sicilia la responsabilità di una questione umanitaria che coinvolge eticamente e moralmente l'intera Europa.

Se alla Cgil spetta il compito di individuare nuovi percorsi occupazionali, aprendo con la Regione un fronte serrato di confronto e di lotta per il territorio trapanese, un impegno costante e determinante deve essere rivolto alle fasce più deboli della popolazione per cui chiediamo servizi, assistenza e politiche di equità sociale.

I pensionati a basso reddito e gli anziani non autosufficienti del territorio stanno subendo la riduzione della rete dei servizi dovuti ai continui tagli dei trasferimenti alle Regioni e agli Enti locali.

E' solo grazie agli accordi sottoscritti dalle organizzazioni dei pensionati con i Comuni del territorio che è stato possibile assicurare alcuni servizi essenziali in materia di assistenza domiciliare, trasporto, telesoccorso, abolizione o riduzione delle tariffe locali per le famiglie a basso reddito e l'apertura di centri culturali e sociali per anziani.

Con i Comuni capofila dei distretti socio sanitari sarà indispensabile continuare a sostenere le politiche sindacali in favore delle fasce più deboli come l'importante servizio di assistenza domiciliare per disabili psichici e il piano per il potenziamento degli asili nido e per il rafforzamento dei servizi di Assistenza domiciliare integrata.

Seguendo la strada tracciata dal “Piano nazionale del lavoro” la Cgil di Trapani intende elaborare specifiche strategie di sviluppo per il territorio trapanese da proporre alle Istituzioni anche insieme alla Cisl e alla Uil.


E' necessario, per andare avanti, chiudere la difficile fase che ha visto i sindacati confederali divisi su importanti questioni che riguardano il mondo del lavoro.

In questi ultimi anni parti importanti di conquiste sindacali per i lavoratori, i giovani e i pensionati, sono andate perdute per l'attuazione di politiche che hanno cancellato diritti acquisiti ma anche per un fronte sindacale spaccato.

Una spaccatura che in provincia di Trapani ha assunto una connotazione diversa mantenendo, quando è stato possibile, rapporti unitari nell'esclusivo interesse delle lavoratrici e dei lavoratori nella risoluzione delle vertenze.
Mantenere salda l'identità della Cgil nell'unitarietà delle vertenze intraprese con gli altri sindacati confederali continuerà, però, a essere il punto fermo su cui ruoterà tutta la nostra azione politico-sindacale.

L'accordo sulla rappresentanza, sottoscritto il 10 gennaio tra Cgil, Cisl e Uil confederali e Confindustria, mette fine ad anni di divisioni.
Governo e imprenditori non saranno nelle condizioni di scegliere il sindacato con cui sottoscrivere gli accordi ma a essere coinvolti saranno per diritto le organizzazioni sindacali più rappresentative. Ai lavoratori con l'accordo viene data la possibilità di decidere sul proprio contratto o sugli accordi che saranno proposti attraverso referendum.

Serve dunque un sindacato ancora più dinamico, capace di muovere la coscienza sociale, capace di innescare nuovi processi di rivendicazione e di lotta, in grado di dare risposte concrete alle aspirazioni di migliaia di giovani.

Per difendere gli interessi delle lavoratrici, dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati è imprescindibile ripartire dal territorio.

La Cgil di Trapani conta 22 Camere del lavoro su 24 Comuni.
Per un maggiore e capillare radicamento della Cgil è indispensabile continuare a garantire non solo ai nostri iscritti ma a tutti i cittadini il rispetto dei diritti collettivi

nei luoghi di lavoro tramite le categorie ma anche le tutele individuali con i servizi offerti dal Patronato Inca, dalla società dei servizi fiscali Caaf Cgil, dall'Ufficio vertenze, dall'Auser, dalla Federconsumatori e dal Sunia.

La nostra Confederazione e le nostre strutture assurgono al ruolo di protagonisti nella difesa dei diritti sociali attraverso la tutela individuale.
Per questo è indispensabile far conoscere, tramite il patronato Inca, ai lavoratori di tutto il territorio i servizi di informazione e consulenza andando nei luoghi di lavoro con l'intento di incrementare il numero degli iscritti.

Un servizio di consulenza alle categorie è quanto si propone di offrire l'Inca per affrontare in maniera specifica i problemi che coinvolgono i loro iscritti.

Sui servizi fiscali, erogati dalla società di servizi Caaf, uno studio della Cgil regionale evidenzia che solo il 50% degli iscritti utilizza il Caaf.
Un dato che ci deve far riflettere per cercare, in sinergia con le categorie, di individuare percorsi che facciano si che la maggior parte degli iscritti utilizzino i nostri servizi intercettando, al contempo, nuovi di bacini di utenza.

Garantire presenza sul territorio significa soprattutto investire sulle risorse umane qualificando sempre di più il personale e garantire, a coloro che individuano nella Cgil un punto di riferimento, la presenza costante delle categorie nelle sedi periferiche.

In quest'ottica è necessario che, nei prossimi mesi, ogni Camera del lavoro presente sul territorio si doti di un gruppo dirigente che elabori politiche mirate alle peculiari esigenze di ogni singola porzione di territorio così come sarà importate puntare sul volontariato e sulla disponibilità dei delegati all'interno delle aziende a partecipare alla vita attiva della Cgil.

Un'analisi sull'assetto organizzativo è necessaria farla per i quattro centri medi: Alcamo, Castelvetrano, Marsala e Mazara del Vallo, che svolgono un ruolo di particolare importanza nel veicolare le linee politico-sindacali della Cgil in tutto il territorio.

Se fino a oggi i segretari dei centri medi sono stati indicati per nomina sarebbe opportuno che la Cgil superasse questa modalità sostituendola con un'elezione che, dia agli iscritti la possibilità di scegliere democraticamente il proprio segretario.

 

Care compagne e cari compagni, l'impegno che ho assunto e la fiducia che mi è stata da voi data, indicandomi come segretario generale della Camera del Lavoro di Trapani, è per me un'importate gratificazione ma, nel contempo, so di essere stato chiamato a svolgere un ruolo gravoso e delicato in una fase così complessa per la vita della nostra organizzazione e per la grave situazione economica e occupazionale che
attraversa il mondo del lavoro in tutti i suoi settori, determinando un processo di involuzione dell'intera provincia, non solo sul piano economico ma sociale e culturale.

In questi mesi ho cercato insieme alle compagne e ai compagni della segreteria e del gruppo dirigente di imprimere un'accelerazione rispetto a questioni non più rinviabili.
Il coinvolgimento e la disponibilità di tutti voi nelle scelte che attengono la vita organizzativa e politica della Cgil è stato di grande aiuto, oltre che un importante sostegno, per meglio individuare le strade da percorrere.

Un particolare ringraziamento voglio rivolgerlo ai componenti della segreteria che, in questi mesi di intenso lavoro, mi hanno supportato elaborando percorsi per superare alcune criticità.

Ringrazio la Commissione di garanzia che con esperienza e senso dell' organizzazione ha saputo dirimere qualsiasi controversia per il buon andamento del congresso.

Ai segretari riconfermarti e ai nuovi eletti, ai gruppi dirigenti di tutte le categorie, alle lavoratrici e ai lavoratori della Cgil va l'augurio di un buon e proficuo lavoro.

Grazie.