Un appello e un avvertimento, quelli lanciati ieri dal presidente della Regione, Rosario Crocetta. L'appello è all'insegna dell'unità per non far precipitare la Sicilia in un burrone dal quale poi sarebbe difficilissimo risalire. L'avvertimento: «Se il richiamo al senso di responsabilità non dovesse sortire alcun effetto, ne trarremo le necessarie conseguenze». Ovvero, tutti a casa.
L'appello al dialogo è rivolto a tutti, al di là delle appartenenze politiche, per attuare le grandi riforme che possono salvare la Sicilia: a cominciare dal disegno di legge sul pagamento dei debiti alle imprese private, fino alle variazioni di Bilancio, al disegno di legge sullo sviluppo, alla semplificazione amministrativa, al Testo unico delle attività produttive e al disegno di legge sui testimoni di giustizia.
«Su questi punti - ha sottolineato Crocetta - il governo è intenzionato ad andare avanti e, se tali provvedimenti non dovessero essere approvati, si rischierebbero migliaia di licenziamenti e diecine di fallimenti delle imprese. Faremo di tutto per impedire il degrado della Sicilia. Gli interessi della regione non possono essere schiacciati da quelli dei partiti e delle correnti, in una guerra infinita che non aiuta nessuno. Questo non è il momento delle divisioni, ma della grande unità. Per questo, lancio il "patto per la Sicilia", per lo sviluppo, la legalità, il lavoro, il risanamento. Un patto aperto a tutti, agli uomini di buona volontà, senza usare i classici linguaggi del politichese».
Il presidente della Regione ha poi ribadito l'avvertimento: «A chi pensa, invece, di poter proseguire bloccando il cambiamento e le riforme, dico che, qualora il clima non dovesse rasserenarsi, il governo non avrà altra scelta che porre la fiducia sui provvedimenti che presenta in Aula, traendone tutte le conclusioni possibili».
Sulla fiducia che Crocetta ha minacciato di chiedere in Aula, ha ironizzato Cracolici: «Brrr... che paura! Ma qualcuno ha spiegato a Crocetta che all'Ars non esiste l'istituto della fiducia, ma solo quello della sfiducia? ». In effetti, essendo il presidente della Regione eletto direttamente dai siciliani, non può chiedere all'Ars di avere riconfermata la fiducia. Invece, l'Assemblea può sfiduciarlo.
«Mi sono candidato presidente - ha continuato Crocetta - per portare avanti la rivoluzione, non per vivacchiare giorno per giorno, e nello spirito del massimo dialogo con tutti. Con la consapevolezza di chi vuol salvare la Sicilia, ho intenzione di continuare la mia battaglia. Ma non è permesso a nessuno di giocare con gli interessi della Sicilia, dei siciliani che non ne possono più, dei disoccupati che affollano le piazze e, adesso, anche le chiese. Se questo senso di responsabilità non dovesse prevalere, ne trarremo tutti le necessarie conseguenze».
Di sicuro, a poco più di un anno dalle elezioni regionali, a casa non vuol tornare nessuno. Anche perché dalla prossima legislatura l'Ars non avrà più novanta, ma settanta deputati. Un dettaglio che potrebbe giocare a favore di Crocetta.
Nessun timore di tornare al voto per Musumeci, presidente della commissione Antimafia: «Faccia una proposta, caro presidente, e che appaia credibile. Altrimenti, davvero è meglio tornare al voto. Nel centrodestra non ci sono paure e nessuno è attaccato alla poltrona». Il capogruppo di Forza Italia, Falcone, ha sfidato Crocetta a sostenere i due disegni di legge presentati dal suo gruppo: «Uno sul pagamento dei debiti alle imprese; l'altro sulla manovra finanziaria-bis. Accetti le nostre proposte alternative a quelle del governo».