Riprende oggi il processo con il rito abbreviato ad alcuni componenti del clan di Matteo Messina Denaro. Nell'ultima udienza il pm Paolo Guido ha chiesto quasi quarant'anni di carcere per otto imputati, finiti nell'inchiesta che ha smantellato il clan del boss. Si tratta del troncone in abbreviato che si svolge davanti al gup Cesare Vincenti. L'accusa ha chiesto 3 anni per Lea Cataldo, 5 anni e 4 mesi per Lorenzo Cimarosa (l'imprenditore che ha reso parziali ammissioni e per il quale il pm ha chiesto le attenuanti generiche), 2 anni e 4 mesi per Giovanni Faraone, 4 anni per Francesco Lupino, 2 anni e 8 mesi per Giuseppe Marino (accusato di corruzione), 5 anni per Mario Messina Denaro (accusato dell'estorsione alla casa di cura Hermes di Castelvetrano - Trapani), 3 anni per Rosario Pinto, e 10 anni e 8 mesi per Nicolò Polizzi.
Di particolare interesse la figura del cugino di Messina Denaro, Lorenzo Cimarosa, che non è diventato affatto un collaboratore di giustizia, o un pentito, ma ha reso alcune importanti dichiarazioni, e che sono comunque le prime che un parente così stretto di Messina Denaro rivela agli inquirenti. Il dichiarante ha raccontato ad esempio gli affari fatti per conto del padrino: sui lavori per il parco eolico di Mazara ci sarebbe stato un accordo con la società dell’ex presidente di Confindustria Trapani, Durante.
Dice: «Dopo l’arno resto di mio cognato Giovanni Filardo, nel 2010, si pose un problema per la prosecuzione dei lavori per il parco eolico di Vento di vino, a Mazara». Così inizia il racconto di Cimarosa davanti ai pm Paolo Guido e Marzia Sabella, il 16 dicembre: «La committente dei lavori, la Fera, si era rivolta alla Cedelt, che gestiva sul campo le opere, per chiedere la nostra estromissione». Cimarosa e Filardo avevano il controllo quasi totale dei lavori. «La Cedelt si rivolse a Nino Durante (il fratello di Davide, ndr) — accusa Cimarosa — ma quest’ultimo non avendo personale e mezzi specializzati su tali lavori, si rivolse a sua volta, sempre a noi, tramite il mio collaboratore Lo Sciuto».
Le parole di Cimarosa sono adesso una straordinaria conferma a quanto emergeva dalle intercettazioni dei carabinieri del Ros e del Reparto Operativo di Trapani: «Dopo tutto quello che è successo all’impresa Filardo, noi, per un fatto anche di bancabilità, non possiamo più procedere con loro», diceva Alberto Gatta, rappresentante della Cedelt, che rappresentava i desiderata della committente “Fera”. E proseguiva: «Il messaggio che hanno voluto dare loro è di avere a che fare con un’impresa che è tranquilla, magari che è di Confindustria e quant’altro... e ci hanno presentato a questo Durante ». Gatta parlava con Lo Sciuto, il collaboratore di Cimarosa, anche lui arrestato nel blitz di dicembre: «Quindi stiamo chiudendo con Durante e in qualche modo potreste comunque collaborare con lui, non so in che modo». I carabinieri hanno ripreso gli incontri fra Cimarosa e Lo Sciuto con Nino Durante. Ufficialmente, l’imprenditore di Santa Ninfa non ha più da anni un ruolo nella “Bitumedil” di Davide e Giuseppa Durante, ma i carabinieri l’hanno intercettato più volte all’interno del cantiere della società di famiglia.